Da quanto emerge dai primi dati elaborati dal Sinab, il Sistema di informazione nazionale sull'agricoltura biologica e forniti al Mipaaf dagli organismi di controllo al 31 dicembre 2010, il numero di operatori biologici a livello nazionale - 47.663 - è in calo dell'1,7% sul 2009
Mentre, per quanto riguarda gli ettari di superficie coltivata, in conversione o interamente convertita, siamo a quota 1milione e 113mila con un incremento strutturale dello 0,6% circa.

Come per gli anni passati, ad avere il maggior numero di aziende sono Sicilia e Calabria; leader della trasformazione sono, invece, Emilia Romagna, Veneto e Lombardia.
Tra le produzioni agricole vincono cereali, foraggio e pascoli subito seguiti dall'olivicoltura.
In crescita le produzioni animali con un consistente aumento strutturale del numero di capi per quasi tutti gli allevamenti.

"Il calo degli operatori rilevato dal Sinab” commenta Paolo Carnemolla, presidente di Federbio, “definisce un trend che nel 2011 sarà ancora più evidente e che conferma il sostanziale fallimento della gran parte dei piani di sviluppo rurale regionali, non coordinati e non coerenti con una politica nazionale di sostegno per il biologico italiano. Ciò” prosegue, “nonostante l'ingente quantità di risorse spese fino ad oggi con il piano d'azione nazionale di settore e le indicazioni emerse con gli stati generali del biologico".

Al ministro Federbio chiede un significativo cambio di passo, a cominciare da un rilancio del piano d'azione nazionale di settore e da una ripresa effettiva di ruolo del Ministero nella semplificazione burocratica e nel coordinamento del sistema di controllo e certificazione.

I produttori bio italiani sono l’avanguardia di un settore che cerca una nuova centralità nella società” ha spiegato Andrea Ferrante, presidente Aiab durante il convegno '20 anni di biologico europeo' tenutosi lo scorso 22 luglio. “Abbiamo un ruolo nel quotidiano di milioni di italiani di tutte le classi sociali che scelgono il biologico; è un grande traguardo” ha proseguito, “ma occorre fare di più per crescere e raggiungere la quota del 30% delle superfici coltivate e del 20% dei consumi totali che ci siamo dati per il 2020; una sfida concreta che il settore del bio non teme ma per la quale occorrono politiche agricole lungimiranti”.

Per raggiungere l'obiettivo, secondo Teresa De Matthaeis dirigente dell'Ufficio Agricoltura biologica del Mipaaf, occorre schiacciare i tasti dell'informatizzazione e del rafforzamento della filiera; scommettendo aggiunge Ferrante, sui giovani, donne in particolare che, spiega, “in base ad una recente indagine sono risultati essere i proprietari tipo di un'azienda biologica”.

Il biologico sta consolidando la propria posizione nel sistema agroalimentare del paese. La domanda cresce a ritmi vertiginosi e dal lato dell'offerta vi è una risposta egregia” è stato il commento del ministro Romano.
A confermare il trend positivo del comparto, sottolinea ancora Romano, “le rilevazioni Ismea relative al mercato del biologico nel primo quadrimestre di quest'anno che registrano una crescita strutturale dell'11,5%. Un dato” prosegue, “che non si riscontra in altre filiere dell'agroalimentare”.

Le rilevazioni Ismea, sottolineano anche una distribuzione più equilibrata rispetto al 2010 del valore lungo la filiera con un andamento dei prezzi all’origine meno inflattivo, eccezion fatta per l’ortofrutta. Inoltre Ismea evidenzia come la filiera corta, canale alternativo sempre più utilizzato sia dai produttori che dai consumatori, consenta di abbattere il prezzo finale a vantaggio di entrambe le parti.

L'ultima generale conferma del clima di fiducia che vive il settore arriva dai dati Istat del Censimento generale dell'agricoltura. “Nel 2000 l'agricoltura biologica rappresentava il 7,9% della Sau totale” commenta Romano, “nel 2010 rappresenta l' 8,6%. Analogamente, le aziende biologiche sono passate da un 2,1% sul totale nel 2000, ad un 2,6% nel 2010. Numeri che” conclude il Ministro, “in un generale contesto di crisi, offrono uno spaccato molto positivo”.