Lanciato sul tavolo mondiale dal presidente Usa Barack Obama il concetto di 'Green Economy', o 'economia verde' per chi non ama gli inglesismi, sancisce ufficialmente la fine della New Economy per insegnarci a coniugare la creazione di nuove opportunità di mercato alla sostenibilità ambientale delle produzioni. Di questo s'è parlato nel corso dell'assemblea annuale di Confagricoltura Lombardia che si è tenuta nei giorni scorsi a Cremona.
In questa nova era del verde, diventa importante non sottovalutare il consiglio del professor Aldo Bonomi direttore dell'Istituto di ricerca AAster (Associazione Agenti per lo Sviluppo del Territorio) che suggerisce al mondo agricolo di porre l'attenzione su qualche particolare apparentemente insignificante.
“Rappresentate” afferma Bonomi facendo riferimento al mondo dell'imprenditoria agricola, “una categoria produttiva numerosa, dotata”, con tutte le riserve dettate dalla crisi contingente che però coinvolge tutti i settori, “di una buona stabilità d'impresa. Eppure,” prosegue il docente “recitate il ruolo di Cenerentola. Siete cioè bravi a fare rappresentanza ma non rappresentazione. Uno dei settori che durante la crisi ha tenuto di più è stata l'agricoltura. La green economy, ad esempio, rappresenta senza dubbio una responsabilità per il comparto agricolo ma più di tutto” spiega l'esperto, “una vera opportunità. E' necessario però comprenderla nella sua reale forma di processo capitalistico e non limitarla al concetto di processo ecologico. Ecco” prosegue il docente “che l'economia verde diventa strategica, non si può fare green economy senza il territorio e senza l'agricoltura”. L'invito è dunque a consapevolizzare il ruolo che il comparto agricolo, se si pone al centro di un processo di portata mondiale, può giocare.
Sul come fare per conquistare la leadership ed assumere il comando nello sviluppo della nuova economia verde, Bonomi suggerisce di abbandonare la tradizionale visione dell'agricoltura marginale che vede l'attività agricola come integrazione del reddito, per entrare in un'ottica di servizio, di qualità, di valorizzazione e di sviluppo delle attività produttive finalizzata alla diversificazione.
Ma quale diversificazione risponde più che mai ad un mondo assetato di energia che sta letteralmente raschiando il fondo del barile dei combustibili fossili se non la generazione di energia rinnovabile e pulita? Proprio qui sta dunque la centralità del sistema agricolo, capace di cogliere più di altri settori nuove opportunità di business all'interno di un concetto di economia che valorizza, in termini di valore monetario, l'impatto ambientale delle produzioni e manifesta un forte bisogno di fonti energetiche alternative.
Platea gremita all'assemblea di Cremona
Sono già molte comunque, le aziende italiane che stanno virando verso la differenziazione delle produzioni spinte anche da direttive comunitarie (la 2009/28 – meglio conosciuta come “20-20-20”) e leggi nazionali (legge 99/2009 e decreto del 2 marzo 2010 relativo alla tracciabilità delle biomasse).
Per il biogas e le biomasse la normativa nazionale prevede oggi una tariffa omnicomprensiva fissata a 0,28 euro per Kw ora e un coefficiente moltiplicativo dei certificati verdi pari a 1,8 per gli impianti di potenza superiore a 1 MW confermando, inoltre, la cumulabilità degli incentivi con altri finanziamenti pubblici per gli impianti di proprietà delle aziende agricole se non si supera il tetto massimo fissato al 40% del costo dell'investimento.
Un monito, condivisibile in toto, arriva da Francesco Bettoni, presidente di Confagricoltura Lombardia, che ricorda come tutti i discorsi sia di multifunzionalità che di produzione agroenergetica, siano da considerarsi connessi e non alternativi all'attività agricola che deve rimanere l'attività capostipite del comparto.
Anche il ruolo che l'agricoltura svolge nella salvaguardia dell'ambiente possiede un perfetto incastro con le linee guida della green economy dove l'ambiente non è più una risorsa da sfruttare ma diventa un'opportunità da gestire in un rapporto paritario con l'uomo.
L'agricoltura e la zootecnia possono, in questo caso, recitare una parte da protagoniste nella preservazione della biodiversità, ad esempio, oppure come già detto nelle produzioni sostenibili a tutela delle generazioni future e del paesaggio.
L'orientamento verde, che non significa la fine dell'era industriale, diventa non più solo una scelta ma assume i connotati di opportunità e soprattutto diviene oggi un sentiero obbligato da imboccare a tutti i livelli e nel quale il comparto agricolo può rappresentare una guida direzionale.
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Fonte: Agronotizie