“I risultati produttivi di una stagione, come quella del 2007, che potremmo definire da dimenticare per il settore del miele, a causa delle esasperate condizioni climatiche hanno fatto registrare un calo produttivo del 30% e l’azzeramento della produzione di alcune tipologie particolare. Tali condizioni impongono una riflessione sul futuro di un settore che interessa 75 mila apicoltori, anche alla luce dei rapporti esistenti tra produzione e distribuzione e la concorrenza dei prodotti importati”. Con queste parole, il presidente di Fedagri - Confcooperative, Paolo Bruni ha aperto i lavori dell’incontro su “Tracciabilità, strumento di mercato della filiera apistica”, in cui sono state presentate le Linee Guida di un progetto triennale oggi a disposizione di tutti gli operatori del settore. “C’è molto da fare - ha aggiunto Bruni - per accrescere la capacità delle cooperative apistiche di incidere sul mercato". Se analizziamo la catena del valore, prendendo ad esempio il miele d’acacia italiano, nel periodo fine 2006 inizio 2007 il prezzo pagato al produttore è stato di circa 3,00 €/Kg. La cooperativa di riferimento del produttore ha ricavato dal prodotto confezionato circa € 5,50 / Kg, nella successiva vendita al supermercato o al grossista che rifornisce il dettaglio. Il consumatore ha pagato il chilo di miele confezionato da € 6,50 a € 8,00 sullo scaffale della distribuzione organizzata. Risulta evidente che un margine significativo da € 1,00 a € 2,50 / Kg. è appannaggio esclusivo della distribuzione organizzata che resta il vero soggetto forte della filiera, a fronte di un prezzo pagato al produttore che copre a stento il costo di produzione. Esiste un forte gap di competitività della nostra offerta quando, sullo stesso scaffale, spesso anche a marchio accreditato, viene immesso miele di importazione acquistato al prezzo di € 1,60 / Kg”.