Oltre la metà dell'olio “italiano” venduto nei supermercati nazionali è spremuto da olive di cui non si conosce la provenienza che, grazie al provvedimento, dovrà essere indicata in etichetta per fare finalmente chiarezza e consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto consapevoli. E’ quanto è emerso nel corso della conferenza stampa promossa da Coldiretti, Slow Food e Unaprol per presentare il decreto sull’indicazione obbligatoria d'origine nell’etichettatura dell’olio vergine ed extravergine di oliva del Mipaaf che rappresenta un passo in avanti nella battaglia per la trasparenza dell’informazione iniziata con la legge 204 del 3 agosto 2004, ottenuta con il sostegno di un milione di firme raccolte da Coldiretti e che obbliga ad indicare la provenienza dei prodotti agricoli in tutti gli alimenti. Il decreto del Mipaaf prevede che “al fine di assicurare la rintracciabilità dell’olio di oliva vergine ed extravergine” nonché di prevenire frodi nella commercializzazione, è obbligatorio riportare nell’etichettatura l’indicazione della zona geografica di coltivazione delle olive e ubicazione del frantoio nel quale è estratto l’olio”. “L’indicazione della zona geografica di coltivazione delle olive deve riportare la regione o lo Stato membro dell’Unione europea o il Paese terzo dove è stata effettuata la coltivazione. In caso di olive non coltivate in un unico Stato membro o Paese terzo, nell’etichetta deve essere indicata la percentuale di olive coltivate nei diversi Stati”. In caso di inadempienza sono previste sanzioni amministrative per un importo fino a 9500 Euro per ogni singola infrazione. L’entrata in vigore è fissata entro 90 giorni dalla pubblicazione del decreto che è stato trasmesso alla Commissione europea per le necessarie verifiche, e comunque in tempo utile per garantire la trasparenza dell’informazione in etichetta per il prossimo raccolto di olive Made in Italy.