L'intelligenza artificiale sta lentamente entrando nella vita di tutti i giorni. Sempre più spesso, quando abbiamo bisogno di avere delle informazioni in maniera veloce, ci rivolgiamo a ChatGPT o a Gemini. Le immagini le produciamo con Dall-E, mentre parliamo con gli assistenti virtuali nativi dei nostri smartphone o con i chatbot delle aziende, esperienza sempre meno frustrante.

 

Anche in agricoltura l'intelligenza artificiale ha le potenzialità di modificare il modo in cui gli agricoltori lavorano in campo e di questo si è parlato durante il World Agri-Tech Innovation Summit 2024 di San Francisco, di cui AgroNotizie® è mediapartner. Due giorni di incontri e discussioni che hanno visto salire sul palco i rappresentanti delle maggiori aziende e dei maggiori enti di ricerca attivi nel settore.

 

Come ricordato da Elliot Grant, ceo di Mineral (la società di Alphabet, alias Google, dedicata al mondo agro), quando si parla di intelligenza artificiale bisogna prima di tutto distinguere due grandi applicazioni. I Llm, Large Language Model, che hanno il compito di interagire in maniera naturale con l'agricoltore, supportandolo nel prendere decisione o nel reperire informazioni. E il machine/deep learning, usato invece per analizzare i dati, al fine di categorizzarli, trovare relazioni ed estrarre informazioni di valore.

 

Matt Hancher di Google ha illustrato il potenziale di Google per la gestione dei dati georeferenziati

Matt Hancher di Google ha illustrato il potenziale di Google per la gestione dei dati georeferenziati

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)

 

Come discusso da Elizabeth Fastiggi (AWS), Jeremy Williams (Bayer), Feroz Sheikh (Syngenta) e dallo stesso Grant, le sfide da affrontare non sono poche.

 

Prima di tutto c'è il tema della qualità dei dati. Creare dei modelli che si basano sui dati reperibili online porta al disastro, in quanto si tratta di dati di scarsa qualità. Le grandi aziende non agro, come Microsoft, Google, AWS, eccetera, che hanno grandi competenze nel campo IT ma scarse in quello agronomico, sono dunque alla ricerca di dataset di valore, che sono spesso appannaggio di centri di ricerca e di aziende dell'agribusiness.

 

C'è poi il tema della divisione in silos. Oggi molti dei dati che compongono la conoscenza nel settore agricolo sono divisi in compartimenti stagni, non interoperabili. I costruttori di macchine hanno i loro dati, così come chi sviluppa Decision Support System (Dss) o software gestionali. La sfida è integrare tutti questi dati e renderli disponili agli algoritmi di analisi, in modo da estrarre valore per l'agricoltore e soprattutto fornire una interfaccia unica a cui si può rivolgere qualunque domanda, da un piano di concimazione alla manutenzione predittiva del trattore, fino all'analisi del conto economico aziendale.

 

A suscitare qualche perplessità c'è poi il fenomeno "black box". Gli algoritmi di intelligenza artificiale operano secondo logiche che non sono pienamente comprensibili dall'essere umano. Dunque, i risultati a cui arrivano, che spesso risultano essere veritieri, sono ottenuti tramite processi non conoscibili. E questo aspetto lascia perplessi molti operatori. Difficile infatti sostenere davanti all'agricoltore la bontà di certe indicazioni, senza poterne spiegare i motivi.

 

Eric Horvitz, chief Scientific Officer di Microsoft, ha illustrato il potenziale dell'intelligenza artificiale a favore della ricerca scientifica

Eric Horvitz, chief Scientific Officer di Microsoft, ha illustrato il potenziale dell'intelligenza artificiale a favore della ricerca scientifica

(Fonte foto: Tommaso Cinquemani - AgroNotizie®)

 

Per altri un problema aggiuntivo è rappresentato dai bias che potrebbero nascondersi all'interno dei dataset dati in pasto agli algoritmi. Si tratta tuttavia di un problema di qualità del dato e di come viene generato. Se il dato è corrotto all'origine, il risultato non può che essere distorto. Ergo, anche nel caso dell'intelligenza artificiale occorre valutare attentamente l'origine e la qualità dei dati.

 

Infine, un elemento che lascia perplessi molti dei relatori che si sono alternati sul palco del World Agri-Tech riguarda l'adozione. Oggi ci sono un sacco di tecnologie ben rodate, a prezzi accessibili e con interfacce smart che però non vengono adottate. Il motivo? Per molti il tema è di carattere culturale. Gli agricoltori, spesso in età avanzata, sono poco propensi ad adottare tecnologie di cui non percepiscono l'utilità, che ritengono inutilmente costose e complesse da utilizzare.

 

C'è da chiedersi quale sarà l'accoglienza quando arriverà il primo modello pensato per risolvere i problemi burocratici legati alla Politica Agricola Comune (Pac), ai Complementi Regionali per lo Sviluppo Rurale (Csr), alle dichiarazioni all'Agenzia delle Entrate e così via. Insomma, quando l'intelligenza artificiale sarà in grado di districare il groviglio di norme che vincolano gli agricoltori e di cui gli agricoltori sanno poco. Allora sarà ancora percepita come inutile?

 

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