Il tema del benessere animale negli allevamenti intensivi è spesso al centro delle attenzioni.
Più d'uno i motivi di natura etica, salutistica ed economica.

Al benessere sono interessati i consumatori, che ovviamente si dicono favorevoli al rispetto degli animali (non potrebbe essere diversamente), ma poi non sempre disposti a spendere di più per acquistare carne, latte o uova prodotti da animali "felici".
Al benessere degli animali sono poi interessati gli allevatori, i primi a sapere che un animale ben tenuto e rispettato è un animale che produce di più e meglio.

Certo, osservare tutte le norme (a volte astruse...) costa di più, ma sono soldi ben investiti.
Se ne ha conferma in ogni campo della zootecnia, dalla produzione di latte e carne bovina, a quella di uova o carne di suino, pecora e coniglio, sino alle imprese di acquacoltura.
 

Castrazione, perché

Sin qui tutto facile, o quasi. Ma ci sono alcuni settori dove assicurare il benessere degli animali non è così semplice, a dispetto di ogni sforzo.
Emblematico il caso della castrazione dei suini.
Vediamo perché.

Si tratta di una pratica antica quanto l'allevamento del suino, motivata dalla necessità di evitare la comparsa nelle carni di odori e sapori sgradevoli, inevitabili nei maschi quando raggiungono la maturità sessuale.

Tutta colpa degli ormoni maschili, come androsterone e di alcune sostanze, in particolare lo scatolo. Quest'ultimo si forma dalla  degradazione del triptofano, un aminoacido, e produce un odore nauseabondo la cui presenza renderebbe impossibile il consumo della carne e in particolare del prosciutto.
Con l'asportazione chirurgica delle gonadi il problema ovviamente non si presenta e per di più si riduce l'aggressività degli animali, a sua volta motivo di traumi e patologie.


Le norme sul benessere

In tutta Europa, e di più in Italia per la sua lunga tradizione nella produzione di insaccati e salumi, dove sono necessari animali adulti e pesanti, la castrazione è divenuta da tempo pratica comune.

Verrebbe da chiedersi, allora, se nello scrivere le norme sul benessere animale il settore suinicolo sia stato dimenticato. Al contrario questo è stato uno dei primi comparti dei quali si è occupato il legislatore, quando nel 1974 scriveva le norme sulla protezione alla macellazione.

Poi si è andati avanti e oltre venti anni fa fu firmato ad Amsterdam il protocollo sulla protezione e benessere degli animali, ribadito e aggiornato nel trattato di Lisbona nel 2007.

In Italia è in vigore la direttiva 2008/120/CE, recepita con il decreto legislativo 122 del luglio 2011, con il quale si stabiliscono le "norme minime per la protezione dei suini confinati in azienda per l'allevamento e l'ingrasso".
 

Le eccezioni

Nel decreto si parla di tutto, dalle misure da rispettare per le superfici libere a disposizione di ogni suino, sino alle dimensioni dei travetti dei pavimenti.

Ad un allegato del decreto è poi affidato il compito di "vietare tutte le operazioni che...possono provocare un danno o la perdita di una parte sensibile del corpo".
Però con delle eccezioni e fra queste la castrazione, insieme al mozzamento della coda e la riduzione degli incisivi, queste ultime due eccezioni pensate per ridurre i casi di cannibalismo, altrimenti frequenti.


Impegno europeo

Benché ammesso dal legislatore europeo e da quello italiano, la castrazione dei suinetti resta un atto cruento, che stride con l'obiettivo di garantire agli animali una condizione di benessere.

Un problema del quale il mondo suinicolo è ben consapevole. Non a caso già nel 2010 è stato siglato a Bruxelles da tutti gli operatori del settore, dalle organizzazioni animaliste sino alle rappresentanze degli allevatori, la "Dichiarazione europea sulle alternative alla castrazione chirurgica dei suini".

Non una norma in senso stretto, ma un accordo su base volontaria con il quale ci si impegnava ad abbandonare la castrazione chirurgica.
Da sostituire con altri metodi efficaci per eliminare il problema degli odori nelle carni degli animali adulti. In otto anni, si sono detti probabilmente quanti hanno firmato questa dichiarazione, la ricerca scientifica avrebbe messo a punto i mezzi e le risposte per dire addio al bisturi.
 

Le risposte della scienza

Il primo gennaio 2018 è arrivato, ma non le risposte della scienza, e ancora non ha trovato una valida alternativa alla castrazione.

Non che siano mancati i tentativi. Si è partiti avendo come primo obiettivo la riduzione del dolore, possibile con anestetici e analgesici, singolarmente o in abbinamento fra loro.
I risultati non sono entusiasmanti.
I suinetti devono essere manipolati prima dell'intervento subendo uno stress che i ricercatori dicono non dissimile da quello provocato con l'intervento chirurgico.
Per di più la somministrazione del farmaco è essa stessa motivo di dolore.

L'analgesia e similmente l'anestesia non riducono il dolore in post intervento. Inoltre la sola analgesia non consente di escludere il dolore operatorio.

Non ci si è arresi e si sono cercate altre soluzioni, fra queste l'immunocastrazione, termine con il quale si definisce la somministrazione di una sorta di vaccino che ritarda la comparsa della maturità sessuale.
Richiede però due interventi (doppio stress per l'animale) e fino alla seconda somministrazione non si ha riduzione dell'aggressività.

Non va infine trascurato qualche rischio per l'operatore, che in caso di iniezione accidentale rischia la sterilità. Al momento anche questa via pare difficilmente praticabile.


La via genetica

Ci sono altre possibilità ancora da tentare, come il sessaggio del seme e la selezione genetica.
Con la prima pratica si potrebbero ottenere nidiate di sole femmine.
Anche per loro, da adulte, non è esclusa la trasmissione alle carni di odori e sapori sgraditi. Una tecnica inoltre cara da realizzare e ancora non completamente sviluppata in campo suino.

Così come non si è ancora arrivati attraverso la selezione genetica alla produzione di linee dove negli adulti non si abbiano odori indesiderati. L'obiettivo è forse raggiungibile, ma in tempi lunghi.


Benessere e tipicità

Che eliminare la castrazione fosse impresa difficile già lo si sapeva nel 2010, quando si è firmata la dichiarazione che ne sanciva lo stop con l'arrivo del 2018.
In quello stesso documento si prevede infatti una deroga per le produzioni tradizionali a marchio di origine, come Dop e Igp, per le quali la castrazione è inevitabile per raggiungere gli standard previsti dai disciplinari di produzione.

Ipotizzare che si debba rinunciare a prodotti dell'eccellenza agroalimentare come il prosciutto di Parma o di San Daniele, e tanti altri se ne potrebbero citare, è impensabile.
Ciò nondimeno tutti i protagonisti di questa filiera produttiva, dagli allevatori ai consumatori, premono affinché le ricerche proseguano per mettere d'accordo benessere degli animali e valorizzazione delle produzioni tipiche.
Difficile, ma non impossibile.