Venerdì 10 giugno si è tenuta l’assemblea dei soci Anas, Associazione nazionale allevatori suini che oltre ad approvare i bilanci consuntivo 2010 e preventivo 2011 è stata un’importante occasione per un confronto sullo stato della suinicoltura italiana. 

Il presidente Cristini ha ricordato che la sfavorevole congiuntura dovuta soprattutto all’impennata delle materie prime per mangimi a partire dalla metà del 2010 ha fatto da detonatore ad una situazione critica già da alcuni anni.  

La sofferenza del settore primario sta determinando una significativa contrazione del numero di allevamenti e del patrimonio costituito dalle scrofe allevate. 

Il bilancio degli scambi con l’estero, nonostante le buone prestazioni delle esportazioni di carni lavorate, è peggiorato ed ha ridotto ulteriormente la quota di autoapprovvigionamento. 

Per quanto riguarda le cosce, destinate ai prosciutti crudi e cotti, l’autoapprovvigionamento ha raggiunto nel 2010 appena il 32%. E’ un dato impressionante che fa riflettere circa la tenuta di un sistema produttivo, che ha nel prosciutto il prodotto simbolo e che dovrebbe fare maggiore leva su una produzione “qualitativamente differenziata” al 100% italiana. Secondo quanto emerso dall’assemblea serve un rilancio delle produzioni di qualità, sostenuto da un governo “quali-quantitativo” dell’offerta, ed è opportuno avviare la diversificazione produttiva del così detto “suino intermedio” per offrire nuovi sbocchi di mercato ad una parte degli allevamenti che intendono operare al di fuori dei tradizionali circuiti Dop. 

Cristini ha, inoltre, messo in evidenza i progressi compiuti nell’attività di miglioramento genetico delle razze suine e l’impegno di Anas per rafforzare la diffusione dei risultati, attraverso la distribuzione agli allevamenti italiani dei riproduttori “selezionati a marchio GEN.I” necessari per migliorare l’efficienza in allevamento e la qualità del prodotto

Il messaggio finale dell’assemblea Anas è, che di fronte alla gravità della crisi che sta mettendo in serio pericolo la sopravvivenza economica di numerosi allevatori, la suinicoltura italiana ha ancora in serbo energie e potenzialità per affrontare la sfida di un mercato sempre più globale che tende ad erodere la marginalità dell’allevamento. La rigenerazione di diversi segmenti del mercato e la trasparente valorizzazione delle peculiarità “italiane” sono la via maestra per il rilancio di un settore che ha generato, a prezzi franco allevamento, una produzione di 2.459 milioni di euro, pari al 16,5% dell’intera zootecnia.