Tutti a discutere delle quote e intanto il prezzo del latte precipita. Dopo aver toccato e superato quota 40 centesimi al litro, nel marzo del 2008, oggi è sceso a quota 34 centesimi. E la tendenza è ancora al ribasso. Appena un anno fa l'Europa era assetata di latte, il prezzo era in tensione e gli allevatori chiedevano più quote per poter rispondere a questa maggiore richiesta del mercato. Oggi accade il contrario, e il peggio, forse, deve ancora arrivare. Basta guardare alle quotazioni del latte in Francia (30 centesimi al litro) e in Germania (28 centesimi il litro), che sono i nostri principali fornitori. Per non parlare di quanto vale un litro di latte in Polonia o negli altri Paesi dell'Est, da poco entrati nella Ue. Qui le quotazioni superano di poco i 20 centesimi. Mentre in Italia, come riportano gli studi del Crpa di Reggio Emilia, produrre un litro di latte destinato alla trasformazione in Parmigiano Reggiano costa anche 50 centesimi e più. Costa un po' meno, “solo” 39 centesimi di euro, produrre latte destinato al consumo alimentare. Cifre che risalgono al 2008 e che semmai sono persino cresciute. Ma si ferma a 34 centesimi al litro il prezzo pagato agli allevatori con il nuovo accordo che Lactalis (che riunisce i marchi Galbani, Invernizzi e Cademartori) ha sottoscritto sino al prossimo giugno. Sino a ieri quello stesso latte veniva pagato 38,5 centesimi.
Verso la nuova campagna
Con il primo aprile scadranno altri accordi su base regionale e c'è da scommetterci che in molti casi si scenderà anche sotto i 34 euro. Con il risultato che gli allevatori si troveranno a produrre senza alcun margine di reddito. Un problema, questo del prezzo, più importante dell'aumento delle quote latte che tante energie politiche sta assorbendo in questi giorni. E quel che è peggio, la tendenza è ancora al ribasso. Basta dare un'occhiata agli andamenti del mercato internazionale per rendersene conto. Da una parte, come mette in evidenza un'analisi proposta da Clal, si profila una tendenza all'aumento mondiale della produzione di latte, con prezzi in flessione. A questo scenario si contrappone un aumento dei consumi di formaggi conseguente al migliorato tenore di vita specie nei paesi ad economia emergente. Facile allora prevedere un aumento della produzione casearia sia per rispondere alla maggiore domanda, sia per valorizzare il latte in un mercato a prezzi altrimenti in flessione.
Allevamenti italiani sul baratro
Questo lo scenario internazionale, ma che accadrà al latte italiano? E ancora, che ne sarà del prezzo dopo l'abbandono del regime delle quote? Stando alle stime della Commissione europea, la produzione di latte aumenterà nel 2014 solo dell'1,6%, ma il prezzo del latte avrà una flessione del 5,3%. E dopo il 2014 la produzione potrebbe ancora aumentare e i prezzi scendere. Se oggi fanno “paura” i 28 centesimi litro del latte proveniente dalla Baviera, per non parlare del latte polacco, che supera di poco i 20 centesimi di euro, domani come si potrà affrontare il mercato? Quante delle 40mila stalle che in Italia sono sopravvissute alle multe e alla burocrazia avranno ancora le mungitrici in attività? E quante invece saranno costrette a chiudere? Già negli ultimi venti anni si sono perse per strada 150mila aziende da latte. Quelle rimaste rappresentano un patrimonio da tutelare e senza le quali si dovrebbe dire addio anche ai formaggi della nostra tradizione casearia. A iniziare dai grandi 'Grana'. Impensabile, imperdonabile, ma non impossibile. Tanto più che aumenterà nel mondo, stando alle previsioni, la produzione di formaggi e dunque anche la competizione internazionale si farà su questo fronte ancora più agguerrita. E si dovrà essere pronti ad affrontarla. Come? Le stalle, quelle rimaste, migliorando efficienza e comprimendo costi. Le industrie casearie e i consorzi di tutela dei nostri formaggi affinando le strategie di sviluppo sui mercati esteri. Investendo danari, lavorando insieme e smettendo di farsi un'inutile concorrenza fra loro. C'è chi spera che i sostegni della Ue, con gli interventi sul mercato, le restituzioni all'export e gli ammassi, possano ancora una volta ridare fiato al mercato. O che le quote non vengano tolte e i prezzi del latte tornino a salire. Ma se così non fosse? Meglio rimboccarsi le maniche e prepararsi ad un futuro non facile, che inizierà presto, già dalla prossima campagna lattiero-casearia. Che è già avviata.