Il cambiamento climatico sta emergendo come una delle principali sfide con cui il genere umano dovrà confrontarsi per molti anni a venire. Considerato l’impatto che ha sulla produzione alimentare e sull’accesso al cibo, il rischio è che potrebbe diventare una minaccia di grandi proporzioni per la sicurezza alimentare globale. Cambiamenti anomali delle temperature e delle precipitazioni, e la sempre maggiore frequenza ed intensità di siccità da una parte e di inondazioni dall’altra, sta avendo implicazioni di lungo periodo sulla capacità produttiva, se non sull’esistenza stessa, degli agro-ecosistemi del pianeta.
Questo è il messaggio centrale dell’intervento che il vice direttore generale della FAO, Alexander Müller, ha fatto ad una platea di oltre 140 esperti internazionali riuniti presso la sede dell’Agenzia per un workshop su “Pianificazione e strategie dell’adattamento”.
"Mentre si deve continuare ad agire sulle cause del cambiamento climatico, riducendo le emissioni e facendo aumentare i serbatoi di gas serra, è cruciale -ha detto Müller- intervenire anche sui suoi effetti, per trovare modi per adattarvisi e fornire risposte per rafforzare la capacità di resistenza sia degli individui che dei sistemi agricoli". L’agricoltura è infatti il settore che più risente di questi cambiamenti, e sarà sempre più vulnerabile in futuro. Specialmente a rischio sono i paesi in via di sviluppo, le cui economie dipendono in larga parte dal settore agricolo e che hanno minori risorse ed opzioni per combattere i danni provocati dal cambiamento climatico. "Il potenziale produttivo dei paesi industrializzati -ha spiegato Müller- potrebbe invece nel breve periodo perfino trarre beneficio dall’aumento di 1-3º C della temperatura media globale. Ma a latitudini più basse - specialmente in settori marginali di agricoltura di sussistenza, delle regioni semiaride e sub-umide, dove l’agricoltura pluviale è la norma - anche un aumento minimo della temperatura globale è assai probabile farà calare la produzione".