Nei pressi di Zurigo, stando a Swissinfo.ch, stanno fervendo i lavori per la prima sperimentazione in campo di un orzo geneticamente modificato con le tecniche Crispr-Cas9.

 

La varietà è stata battezzata Golden Promise e nel suo DNA è stato disattivato il gene "CKX2" coinvolto nella formazione delle cariossidi. Una tecnica, questa, già impiegata con successo su riso da alcuni ricercatori giapponesi, i quali sono riusciti  in tal modo ad aumentarne le rese. 


Ora la medesima strada viene percorsa dai ricercatori dell'istituto agricolo svizzero Agroscope, in collaborazione con la Freie Universität Berlin, però con l'orzo. Il problema è che anche in Svizzera vi sono movimenti no-Ogm che possono rappresentare rischi di vandalismi, come accaduto in Italia con il riso sviluppato dal team di Vittoria Brambilla dell'Università di Milano. Nella scorsa primavera, infatti, un manipolo di attivisti anti-biotech è entrato nottetempo nell'area recintata e ha devastato le piante, forse (si spera) non irrimediabilmente. 


A differenza degli Italiani, però, gli Elvetici restano pur sempre dei pragmatici calvinisti e forse per tale ragione hanno previsto qualche barriera in più. Il lotto di terreno in cui è coltivato l'orzo gm è stato infatti sì recintato, ma pure elettrificato. Oltre a ciò, viene pattugliato h24 da guardie di sicurezza accompagnate da addestrati pastori belgi. Vediamo un po' se gli ecovandali ci provano anche lì, o se restano a debita distanza, osservando lo sviluppo della prova con sguardi presumibilmente biliosi ma impotenti. 


Resta il fatto, ironia a parte, che appare alquanto sconfortante che nel Terzo Millennio si debba ancora subire le scorribande mediatiche e talvolta vandaliche di minoranze che vivono forse in un'altra dimensione, probabili eredi di coloro che nei secoli scorsi terrorizzavano la popolazione contro la diffusione dell'energia elettrica o dei vaccini antivaiolosi. Una sorta di eterna zavorra al progresso scientifico dell'Umanità di cui non pare si sia in grado di liberarci. 

 

Un sito sperimentale dedicato

Il sito in cui è stata implementata la prova esiste dal 2014, a seguito della delibera del parlamento svizzero che permise di finanziarne la realizzazione. Tale decisione nacque proprio in risposta a un atto vandalico occorso nel 2008 a danno di alcune parcelle di grano Ogm che non erano state protette contro le incursioni come invece è stato fatto oggi con l'orzo. 


Stando però alle normative svizzere, anche per le varietà frutto di genome editing i ricercatori devono chiedere l'approvazione dell'Ufficio federale dell'ambiente, esattamente come accade per le colture transgeniche o comunque modificate artificialmente. Tale processo può durare sei mesi se non ci sono obiezioni, cosa che però non avviene praticamente mai. Inoltre, per realizzare il campo sperimentale sono necessarie misure di contenimento atte a garantire che non si verifichino rilasci accidentali al di fuori del campo sperimentale.


Al Governo svizzero va quindi dato atto di avere un bel coraggio, poiché non deve essere stato facile aprire all'ingegneria genetica nonostante l'opposizione di parte del Paese al cibo geneticamente modificato. Per tale ragione nel 2005 venne persino deliberata una moratoria ventennale proprio sulla coltivazione di Ogm. Una moratoria che però consentiva eccezioni per la ricerca


In vista della fine della moratoria, nel 2025, il parlamento svizzero ha quindi chiesto al governo di preparare una bozza di legge a fini consultivi, con l'obiettivo di introdurre un nuovo sistema di approvazione basato sulla valutazione dei rischi derivanti dalla coltivazione di piante sviluppate con la tecnologia Crispr-Cas9.

 

Ciò potrebbe condurre a un'esenzione per queste colture dai divieti attualmente gravanti sugli Ogm, per così dire, tradizionali. Di conseguenza, sono state consentite sperimentazioni su varietà da editing genetico, quelle che cioè non contengono geni estranei. Il tutto, cercando di estrarre un maggiore valore aggiunto per l'agricoltura, per l'ambiente e persino per i consumatori. Al momento si prevede che tale bozza di legge verrà presentata dal governo per la consultazione nella seconda metà dell'anno, forse già a settembre. 

 

Il biologico dice no

Alla consultazione partecipa anche il Research Institute of Organic Agriculture (FiBL), che ha sede in Svizzera. Trattasi di uno dei principali istituti mondiali nel settore dell'agricoltura biologica. Già dalle prime dichiarazioni trapelate, l'organizzazione si dice preoccupata per il potenziale impatto dell'editing genetico sull'agricoltura biologica e sta elaborando una propria posizione ufficiale sulla questione. 


Stando a una portavoce dell'istituto, Monika Messmer, il FiBL teme che soluzioni tecniche così rapide comportino grandi rischi, vedendovi anche la possibilità che tali nuove frontiere possano ritardare ulteriormente sistemi agricoli definiti "più sostenibili".

 

Come al solito, dal mondo Bio viene quindi vista come estranea all'agricoltura sostenibile ogni nuova soluzione genetica atta a migliorare le produzioni, riducendo al contempo gli input chimici. Cioè la quintessenza dell'agricoltura sostenibile. Un gap di approccio, quello fra bio e biotech, che si teme sia del tutto insanabile in questo secolo. 


In più, vengono sollevate anche le ormai vetuste questioni sull'etichettatura dei cibi, un filone comunicativo che ha senso nullo dal punto di vista della sicurezza alimentare (se un cibo viene approvato vuol dire che è sicuro), ma ne ha molto in chiave di comunicazione e di pressioni lobbiste: se spavento il consumatore, sarà lui a bocciare il nuovo prodotto facendomi vincere la partita senza neanche giocarla. Se poi alla base di quello spavento vi sono ragioni oggettive oppure no, non pare fatto degno di nota.

 

A Basilea la si pensa diversamente

Se nel Bio e nell'ambientalismo si rema contro, nel mondo dell'industria si guarda con favore alle nuove soluzioni genetiche. Per esempio a Basilea, sempre in Svizzera, ha sede Syngenta, dal 2017 della cinese ChemChina. Forte dell'esperienza maturata negli ultimi decenni, la Casa cino-elvetica sta lavorando anche sul fronte dell'editing genetico al fine di sviluppare nuove varietà ibride, in special modo di mais e soia.


HI-Edit è infatti il processo di proprietà Syngenta che consente ai selezionatori di modificare le colture in varie fasi della ricerca e dello sviluppo dei semi. Ciò viene ritenuto particolarmente importante anche al fine di rispondere al meglio ai cambiamenti climatici e alle crescenti pressioni dei parassiti. Il tutto in tempi molto più brevi rispetto a quelli dei metodi tradizionali. E di tempo, visto l'inasprimento sempre più veloce degli scenari climatici e fitopatologici globali, non sembra ve ne sia in abbondanza tanto da poterci permettere di sprecarne. 


Consapevole però che nessuno può far da sé, a giugno Syngenta ha annunciato che avrebbe condiviso gratuitamente con il mondo accademico i diritti sulle sue tecnologie di editing genetico e breeding, a tutto vantaggio dell'innovazione agricola e della velocità con cui questa potrebbe procedere. 

 

Si spera quindi che da Zurigo giungano presto buone nuove e che nei prossimi decenni le biotecnologie possano affermarsi come avvenuto in passato per l'energia elettrica e i vaccini. Movimenti no-vax a parte, ovviamente, i cui pattern comportamentali risultano ogni giorno sempre più sovrapponibili a quelli dei no-chimica e dei no-biotech