Fra i frutti estivi più famosi non possiamo non pensare all'anguria o cocomero (Citrullus lanatus).

 

Nel panorama varietale di questa cucurbitacea spiccano delle varietà commerciali altamente redditizie: Sugar baby, Crimson Sweet, Asahi Miyako, Charleston Gray e Jubilee.

 

In Italia le tipologie predilette sono Crimson Sweet, Jubilee e Crimson Sweet cultivar 'Dumara'; mentre la tipologia Charleston Gray è poco diffusa. Invece il mercato estero predilige di più le tipologie Sugar baby e Asahi Miyako.

 

Queste tipologie commerciali vengono utilizzate anche come materiale di base nei programmi di miglioramento genetico per costituire nuove varietà con caratteristiche interessanti di cui parleremo a breve.

 

Queste novità varietali consentono all'orticoltore di rimanere competitivo sul mercato e al passo con i gusti dei consumatori, ottenendo contemporaneamente una buona resa economica.

 

Piccole, senza semi e colorate: le cultivar che vivacizzano il settore

All'interno delle tipologie citate in precedenza, Sugar baby, Crimson Sweet, Asahi Miyako, Charleston Gray e Jubilee si sono affermate cultivar con caratteri agronomici attraenti per i consumatori:

  • apirenia, cioè angurie senza semi;
  • nanismo, cioè angurie in cui il frutto (detto anche pepoide) arriva a pesare massimo 2-3 chili;
  • scorza, cioè con colori diversi dal verde chiaro standard.

Vediamo nel dettaglio per che cosa si contraddistinguono rispetto alle varietà più classiche.

Apirenia: da svantaggio naturale a carta vincente

Le cultivar apirene o seedless stanno diventando sempre più diffuse rispetto alle tradizionali angurie con semi per via del loro maggiore valore economico e per le preferenze dei consumatori.

 

Le tipologie commerciali di partenza più utilizzate per ottenere queste cultivar apirene sono Crimson Sweet, Sugar baby e Asahi Miyako perché possiedono i requisiti agronomici e commerciali più interessanti.

 

Per esempio le cultivar Belinda F1, Maxima F1 e Denise F1 sono seedless selezionate a partire dalla tipologia Crimson sweet. Oppure la cultivar Kira F1 è una seedless selezionata dalla tipologia Sugar Baby (fonte: Cora seeds).

 

Ma come fanno queste cultivar ad essere senza semi?

 

Esse sono ibridi triplodi (3n), cioè piante che contengono all'interno del proprio Dna tre volte la serie completa di cromosomi tipico della specie, invece che due volte come le normali varietà diploidi (2n), che infatti presentano i semi all'interno della polpa.

 

Gli ibridi sono un incrocio genetico tra due piante di razze, varietà, specie o generi diversi. Gli ibridi mostrano, rispetto ai parentali da cui derivano, delle caratteristiche agronomiche più performanti come, per esempio, un'alta produttività.

Leggi anche: Agrumi senza semi: l'apirenia che aiuta il mercato

C'è però un ma: anche se vengono classificate come "senza semi" in realtà all'interno della polpa si possono trovare semi appena abbozzati, teneri e di colore bianco, solitamente edibili.
Oppure si possono formare semi duri e di colore scuro, soprattutto nei primi frutti formati o quando si verificano stress ambientali come basse temperature nelle prime fasi di crescita e/o nella fase di allegagione, squilibri nutrizionali, carenze o eccessi idrici durante l'ingrossamento dei frutti. La presenza di semi neri nella polpa di queste cultivar è vista come un difetto in termini di commerciabilità.

 

Vediamo più nel dettaglio le caratteristiche principali che contraddistinguono queste varietà.

 

Caratteristiche agronomiche

I semi delle cultivar apirene sono contraddistinti da una bassa germinabilità e un basso vigore germinativo. Queste caratteristiche portano la semente ad avere grandi esigenze termiche durante la fase di germinazione, difatti le temperature devono rimanere costanti sui 28-30 gradi affinché la plantula e la radichetta non subiscano danni.

 

Inoltre, sempre durante la fase di germinazione i semi sono molto suscettibili agli eccessi di umidità. Per evitare eccessive perdite l'orticoltore deve fare affidamento al trapianto delle giovani piantine, sia in pieno campo che in ambiente controllato.

 

Per gli ibridi triploidi di anguria il trapianto è la tecnica agronomica migliore per evitare grosse perdite a causa della suscettibilità delle piantine in fase di germinazione (Foto di archivio)

Per gli ibridi triploidi di anguria il trapianto è la tecnica agronomica migliore per evitare grosse perdite a causa della suscettibilità delle piantine in fase di germinazione (Foto di archivio)

(Fonte foto: © Caterina_Pak - Adobe Stock)

 

A livello vegetativo gli ibridi triploidi sono più vigorosi rispetto alle varietà diploidi tradizionali ma producono pepoidi tendenzialmente più piccoli e con pezzature spesso non uniformi. Per ottenere e mantenere delle buone pezzature commerciali, perciò, è buona norma che l'orticoltore utilizzi una densità di impianto più bassa.

 

Sono più sensibili alla fisiopatia del "cuore cavo", cioè una spaccatura che si forma all'interno della polpa, e che viene favorita da eccessi e squilibri idrici, dall'ingrossamento dei frutti e/o da un'impollinazione insufficiente.

 

Infine, il costo della semente ibrida è più elevato rispetto alle varietà diploidi tradizionali.

 

Qualità dei frutti

Gli ibridi apireni producono pepoidi resistenti alla sovramaturazione rendendoli più idonei ad essere conservati per periodi più lunghi, fino a 30 giorni. Inoltre grazie alla loro corteccia più spessa è più facile trasportarli e si evitano danni.

 

Sono caratterizzati da un elevato grado Brix, generalmente uguale o superiore a 11, con polpa soda, croccante e di colore rosso vivo.

 

All'estero sono state selezionate angurie apirene con polpa di diversi colori come rosa intenso e giallo, che vengono molto apprezzate in altri paesi come la Cina.

 

Caratteristiche biologiche

La crescita iniziale degli ibridi è molto più lenta, di contro però possiedono una maggior tolleranza alle principali avversità biotiche. Il ciclo colturale quindi si allunga ma si abbassa la possibilità per le piantine di incorrere in stress biotici importanti, e quindi in perdite economiche per l'orticoltore.

 

Il polline prodotto dal fiore maschile in questi ibridi è incompatibile con il fiore femminile della stessa pianta, e questo fenomeno viene chiamato autosterilità.
Senza impollinazione però la formazione dei frutti sarebbe molto limitata, quindi per risolvere questa problematica l'orticoltore deve affiancare alle cultivar apirene delle cultivar tradizionali con semi che fungano da donatori di polline per avere una produzione sicura e stabile.

 

L'orticoltore si trova così ad acquistare due tipi di sementi, il che si traduce in maggiori costi di produzione. Tuttavia la ricerca sta lavorando su soluzioni alternative ma, visto che gli studi sull'impollinazione degli ibridi triploidi sono ancora pochi, la strada è ancora lunga.

 

Le angurie apirene inoltre si possono ottenere con altri metodi, come per esempio il trattamento del polline donatore con raggi X.

 

Questa metodologia è stata studiata come alternativa al classico incrocio per fare fronte a diverse problematiche, fra cui i lunghi tempi di coltivazione delle angurie triploidi.

 

È stato studiato l'effetto del polline trattato con raggi X su varietà tradizionali e sono state osservate le popolazioni figlie ottenute. I risultati hanno messo in luce che non ci sono differenze di germinabilità fra i semi ottenuti con polline trattato e non trattato; inoltre la progenie ottenuta dall'incrocio con polline irradiato ha mostrato delle mutazioni interessanti per il carattere dell'apirenia.

 

Anguria mini e nanismo, quando una mutazione diviene vantaggiosa

In questo caso si intende la produzione di un pepoide, cioè di un frutto, di piccole dimensioni. Con un peso che varia dal 1,5 chili ad un massimo di 3 chili rispetto alle cultivar non nane che di solito pesano fra i 10 e i 20 chili, con record anche di 90 chili.

 

Esempi di piccole angurie sono varietà come Belinda F1 (Cora seeds), Coralzinho Rz F1 o Congruita Rz F1 (Rijk Zwaan), alcune di queste sono anche apirene.

 

La taglia "mini" dei frutti è causata dal nanismo, un fenomeno che si scatena quando la pianta cresce in condizioni ambientali sfavorevoli oppure quando avvengono mutazioni spontanee all'interno del genoma. Ma l'utilizzo di questo fenomeno in orticoltura determina una serie di vantaggi: una più alta resa produttiva, perché il sesto d'impianto risulta più fitto, una maggiore resistenza dei frutti al trasporto e alle manipolazioni e un minore costo della manodopera in campo.

 

Ma da che cosa è causato il nanismo?

 

La piccola taglia, nelle piante, è controllata da molteplici famiglie geniche.

 

Una pubblicazione ha evidenziato in una di queste famiglie geniche la presenza di un gene recessivo, denominato Cla015407, in alcune linee nane di anguria e il suo ruolo nell'espressione di questo carattere.

 

Per gene recessivo si intende un carattere ereditario che in genere rimane latente, di conseguenza la progenie non lo manifesta sul fenotipo, cioè esternamente. Il carattere latente tende a manifestarsi esternamente solamente quando il gene che lo trasmette si trova nel patrimonio genetico di entrambi i genitori al momento dell'incrocio.

 

I risultati di questo studio hanno indicato Cla015407 come il gene che potrebbe essere coinvolto nella biosintesi di uno specifico ormone della crescita, ovvero della gibberellina e influenzare quindi la crescita del frutto.

 

Le gibberelline (Ga) sono una classe di ormoni responsabili della crescita e dello sviluppo delle piante. Una mutazione nella produzione di questo ormone comporta nella pianta internodi più corti, quindi un portamento cespuglioso, un numero maggiore di rami e fiori e appunto frutti più piccoli.

 

La conoscenza di questo gene e di altri geni possibilmente coinvolti nella sintesi degli ormoni della crescita (gibberelline, citochinine etc.) potrebbe consentire ai costitutori di avviare programmi di ibridazione più mirati, rendendo ancora più produttiva e/o resiliente la coltura agli stress.

 

Non la solita buccia verde...

La colorazione della buccia è uno degli obiettivi target principali del miglioramento genetico di questa cucurbitacea. Questo perché la scorza e le sue caratteristiche vengono utilizzate dal consumatore per valutare la qualità del frutto al momento dell'acquisto.

 

Nel panorama varietale i frutti hanno diverse colorazioni e striature, ma generalmente gli ibridi commerciali F1 si presentano con scorza verde chiaro, giallo, verde scuro. Inoltre, la buccia può essere striata, o uniforme (quindi senza striature) o maculata.

 

Per esempio, l'anguria "Perla Nera", recentemente introdotta sul mercato, ha la buccia di colore verde scuro uniforme; che in contrasto con il colore rosso vivo della polpa la rende esteticamente attraente per il consumatore.

 

Le caratteristiche della scorza sono tra i caratteri target più importanti per i consumatori. Gli studi sulla ereditabilità genetica sono quindi iniziati a partire dagli anni '30, sviluppando diversi modelli per capire l'ereditabilità del colore della scorza in modo da rendere l'ibridazione più mirata e ottenere angurie con le caratteristiche fenotipiche desiderate.

 

Questi modelli però sono stati messi in discussione con prove sperimentali più recenti.

 

Le tipologie commerciali di anguria possiedono in genere una scorza di colore verde chiaro con striature verde scuro. Ma è possibile costituire frutti con buccia di altri colori per renderli visivamente attraenti (Foto di archivio)

Le tipologie commerciali di anguria possiedono in genere una scorza di colore verde chiaro con striature verde scuro. Ma è possibile costituire frutti con buccia di altri colori per renderli visivamente attraenti (Foto di archivio)

(Fonte foto: © flucas - Adobe Stock)

 

Infatti, è emerso che il colore verde scuro è completamente dominante rispetto al colore verde chiaro quando si fanno incroci fra cultivar con queste due colorazioni.
È stato però anche osservato che negli incroci fra varietà a buccia verde scuro e varietà a buccia grigia la dominanza del carattere a buccia scura è incompleta. Difatti si ottiene una progenie con scorza di un verde intermedio, ovvero né troppo scuro né troppo chiaro.

 

Queste considerazioni hanno fatto emergere l'ipotesi che a determinare il carattere del colore scuro non sia un singolo gene, ma più geni dominanti che interagiscono fra loro in maniera epistatica.

 

Per epistasi si intende quando in alcuni casi i geni, nonostante si trovino in zone differenti sullo stesso cromosoma, modificano la manifestazione di altri geni perché interagiscono fra loro. Il risultato? Un fenotipo nelle generazioni successive che si discosta da quello che si otterrebbe se l'espressione genica avvenisse in maniera indipendente.

 

Essendo quindi il colore un carattere piuttosto variabile è fondamentale continuare a studiarne le basi genetiche per sviluppare nuovi modelli di incrocio da utilizzare in pieno campo per costituire nuove varietà produttive a buccia scura e per soddisfare i diversi gusti dei consumatori.