Tommaso Romano, presidente del Consorzio di tutela, nel suo intervento introduttivo ha tra l’altro detto: “Abbiamo un patrimonio di tradizioni da tutelare e valorizzare, che è rappresentato dalla nostra capacità di produrre questo pomodoro, ma in questa ultima fase il Consorzio di tutela ha scoperto di avere un ulteriore compito, quello di proteggere con il lavoro della ricerca la possibilità stessa di continuare a produrre il San Marzano in futuro”.
Recentemente il consiglio direttivo del Consorzio ha deliberato in questa direzione vista l'insidia delle virosi, nei confronti delle quali si ha la sola arma del miglioramento varietale, ma non certo quello dell’innovazione, poiché è necessario mantenere invariate le cultivar designate dal disciplinare: Kiros e San Marzano 2. Mentre restano maggiori gradi di libertà nella lotta ai lepidotteri, Tuta absoluta innanzitutto.
“Dopo Melinda e Val di Non, il pomodoro San Marzano è la terza denominazione di origine ortofrutticola italiana secondo il Rapporto Qualivita di Ismea – ha detto Romano - e il San Marzano ha potenzialità enormi ancora inespresse a causa delle problematiche di carattere fitosanitario: vanno aggredite con ricerca operativa mirata e collaborazione tra Consorzio, cooperative e agrotecnici, e anche sensibilizzando le più grandi aziende del comparto fitoiatrico”.
Per avere un’idea di quello che è oggi il comparto San Marzano per i produttori agricoli basta dare uno sguardo ai numeri portati in assemblea da Gianluca Iovine, direttore tecnico dell’Associazione Ariamo: “Stiamo parlando di una realtà che attualmente riguarda 220,65 ettari, con rese potenziali sulle 17.650 tonnellate e un valore della produzione percepito dagli imprenditori agricoli paria a 8,3 milioni di euro: qualcuno mi spieghi con quale coltura si possono ottenere 37mila e 600 euro a ettaro in una frazione di anno”.
Ma il territorio di produzione previsto dal disciplinare ricade su ben 41 comuni, tra Napoli, Salerno e Avellino e il potenziale produttivo del San Marzano è attestato intorno a 100mila tonnellate di prodotto fresco. Ed è la paura di non poter affrontare le fitopatie virali con l'innovazione varietale - impedita dal disciplinare di produzione - che spesso scoraggia la messa a coltura del San Marzano. Ma la ricerca sta lavorando alla soluzione.
Giuseppe Parrella del Cnr di Portici (Na) ha annunciato: “Tra quattro anni, lavorando sulla varietà Kiros sarà possibile ottenere delle linee migliorate con resistenza alle principali virosi, quali Tswv, Tmv e ToMV, mediante il metodo della selezione assistita da marcatori molecolari, una tecnica non Ogm, che esiste da oltre 70 anni e che comporterà il recupero al 99% della cultivar originaria alla quale gli incroci porteranno in dono la resistenza ai virus”.
Parrella ha anche affermato che sono già in corso le prove di questa tecnica sui pomodori sorrentini, dove il risultato della resistenza alle principali virosi è stato già testato: “Si tratterà di introdurre mediante prove in campo gradualmente la cultivar migliorata”.
Sul tappeto resta il problema di Tuta absoluta. In questo caso – come ha sottolineato nel suo intervento il vicepresidente dell’Ordine degli agronomi della provincia di Napoli Giuseppe Ceparano - “Si tratta di ottimizzare l’utilizzo dei diamidi, che possono dare migliori risultati se si lavora sui tempi di utilizzo, perché tali molecole colpiscono solo uova e larve del lepidottero, ed è necessario un protocollo d’impiego di questi prodotti condiviso e coordinato a livello territoriale. Diversamente il lavoro pure bene fatto su un campo può essere inficiato dal campo vicino non curato, che finirebbe fatalmente col fare da incubatoio per Tuta absoluta”.