Ogni anno nel mondo vengono coltivati a frumento circa 215 milioni di ettari di terreno. Insieme al riso, alla soia e al mais il grano fornisce due terzi delle calorie che l'uomo ingerisce da prodotti agricoli. Il frumento, specialmente quello duro, è il fondamento dell'alimentazione mediterranea ed è intrinsecamente legato alla nostra cultura attraverso il pane e la pasta.

Ma a causa dell'aumento della popolazione, del cambiamento delle abitudini alimentari e dell'uso che se ne fa nell'industria, il frumento dovrà affrontare sfide epocali nei prossimi anni”, spiega Aldo Ceriotti, direttore dell'Istituto di Biologia e biotecnologia agraria al Cnr e coordinatore della conferenza “Frumento per il futuro” che si è tenuta nell'auditorium del Padiglione Italiana ad Expo 2105. La sfida è garantire cibo a sufficienza per tutti, rispettando l'equilibrio dell'ambiente. Una sfida che potremmo vincere grazie al sequenziamento del genoma.

Sono tre i fattori che mettono sotto pressione il frumento. Primo, il fatto che la popolazione mondiale sta aumentando (9 miliardi nel 2050 secondo alcune previsioni), senza che ci sia un concomitante aumento delle superfici coltivabili. Dal 1985 al 2005 la produzione agricola è aumentata del 28%, ma meno del 3% è dovuto alla messa in produzione di nuovi terreni. Una parte è dovuta all'aumento della frequenza dei raccolti (7%), mentre il grosso l'ha fatto l'aumento delle rese (18%).

La strada è dunque quella di aumentare la produttività. Anche perché il frumento deve affrontare una seconda sfida: il cambiamento delle abitudini alimentari. Il reddito delle famiglie sta crescendo in molte parti del mondo e questo comporta un aumento dei consumi, di carne in primis. Per ora l'assunzione di prodotti animali in Paesi come la Cina è ancora basso (intorno ai 40 chili annui pro-capite, contro i 120 degli statunitensi) ma sta aumentando velocemente e richiede maggiori produzioni agricole destinate agli allevamenti.

C'è infine la questione della "chimica verde". Per fare fronte all'inquinamento ambientale l'industria sta lentamente passando dall'uso di materie prime di origine fossile (petrolio in primis) a quelle di origine vegetale per produrre biocombustibili, bioplastiche, ecc. Ma il cambio di destinazione delle produzioni agricole dal settore alimentare a quello industriale deve essere accompagnato da un aumento della produzione, se non vogliamo rimanere senza cibo.

Attualmente assistiamo ad un ritmo di crescita della produttività dell'1-1,5% l'anno. Troppo poco per fare fronte ai tassi di crescita della domanda. Se si vogliono evitare carestie globali la produzione agraria dovrà raddoppiare entro il 2050. E per arrivare a questo scopo dovremo avere un ritmo di crescita medio pari al 2,4% annuo.

E' in questo spazio che si inserisce la ricerca per la segmentazione del genoma del frumento. Nel luglio del 2014 sono stati pubblicati degli articoli sulla sequenza del frumento tenereo, di gran lunga il più coltivato a livello globale (700 milioni di tonnellate l'anno). Sulla base di questa "mappatura" ora si vuole intervenire attraverso dei "miglioramenti vegetali".

Significa rendere le piante capaci di produrre spighe più grosse, con meno acqua, magari su terreni non adatti. La resa è dunque il primo focus. Ma i nuovi frumenti potrebbero anche cambiare la loro composizione: avere meno glutine, per andare in contro alle intolleranze alimentari.

Per l'Italia la sfida lanciata dalla conferenza è il sequenziamento del genoma del grano duro (40 milioni di tonnellate la produzione annua mondiale). Sfida affidata ad un gruppo di lavoro internazionale di cui fa parte il Cnr.

Per il nostro Paese è una questione di rilevanza primaria visto che la pasta si fa con questo cereale di cui siamo i secondi produttori al mondo (dietro il Canada) ma di cui importiamo quasi la metà del nostro fabbisogno.

E gli spazi commerciali per crescere ci sono. La domanda di pasta globale sta crescendo costantemente e l'Italia, nonostante sia il primo produttore al mondo (3,3 milioni di tonnellate davanti agli Usa, 2 milioni), ha ampi margini di crescita. Dalla scienza potrebbe arrivare l'aiuto necessario ad aumentare le produzioni e fare dell'Italia il player dominante in settori come il grano duro e la pasta.

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