La produzione mondiale degli agrumi è pari a 94.793.000 tonnellate di cui 19.905.000 t sono prodotti nei paesi che si affacciano sul mediterraneo. Rispetto al secondo valore l’Italia con una produzione di 3.536.000 t rappresenta il 19% ponendosi come seconda forza solo dopo la Spagna (7.036.000 t ed il 38%). Se si prendono i singoli prodotti, le arance con 10.882.000 t rappresentano la cultivar di maggiore importante, seguiti dal gruppo dei piccoli frutti con 5.443.000 t, limoni con 2.991.000 t e pompelmi con 578.000 t (dati Clam-Comité de Liaison pour l'Agrumiculture Méditerranéenne).
Per quanto riguarda la campagna agrumicola del 2007-2008 Clam (Comité de Liaison pour l'Agrumiculture Méditerranéenne), la produzione complessiva dell’area mediterranea èsarà di circa 17.858.000 t con un calo rispetto all’anno precedente di 2.000.000 t dovuti a vari fattori tra i quali quello climatico. I limoni avranno un calo di 689.000 t, le arance di 702.000 t e i piccoli frutti di 724.000 t. Sempre secondo le previsioni sembra che solo i pompelmi potranno avere un leggero aumento attestato in 61.000 t. Di tutti questi agrumi il 43% andrà al consumo interno, il 34% all’esportazione mentre il 19% all’industria.
 
Destinazioni commerciali
Prevalentemente i prodotti del bacino mediterraneo sono destinati al consumo fresco e solo una parte di essi (circa il 19%) è destinata all’industria di trasformazione per la produzione di succhi, essenze ed altri derivati. Una buona parte dell’intero valore è destinata anche all’esportazione con un valore di circa il 34% con i Paesi maggiori beneficiari rappresentati da Germania, Francia e Regno Unito. Una piccola parte è sicuramente destinata ai Paesi dell’Europa allargata anche se non ancora rappresenta un aspetto rilevante (dati Clam-Comité de Liaison pour l'Agrumiculture Méditerranéenne).
 
Offerta Varietale in italia
Per quanto riguarda il panorama varietale nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, c’è una notevole differenza tra le varie specie. Nelle arance non sembra esserci un gran dinamismo come nel caso del limone. Diverso discorso per i piccoli frutti in cui sembra esserci gran dinamismo.
 
In Italia le principali cultivar d’arancio sono rappresentate da quella pigmentate, a differenza di tutti gli altri Paesi, tra cui spiccano le diverse tipologie di varietà Tarocco (a partire dal nucellare che si raccoglie ad inizio dicembre fino al Meli che si raccoglie a fine aprile) sia più tradizionali che più innovative che presentano il frutto più colorato sia esternamente che internamente (ad es. Tarocco rosso). Molto interessanti rimangono anche le cultivar Moro e Sanguinello anche se negli ultimi anni sono on progressivo calo. Le cultivar rosse sono sicuramente più adatte alla destinazione industriale assieme alle bionde per le loro caratteristiche intrinseche. Molto importanti, soprattutto per il consumo fresco sono le arance appartenenti al gruppo Navel che è aperto da Navelina e New Hall, seguita da Washington Navel per poi proseguire con Navelate e Lanelate. In quest’ultimo periodo bisogna anche considerare Valencia che è di tipologia bionda e non ombelicata ma che presenta una duplice attitudine. Da ricordare anche due bionde di pregio come Ovale e Belladonna.
Per quanto riguarda i limoni non è presente fondamentalmente un’attitudine specifica come nel caso precedente ed inoltre appartengono principalmente all’eterogeneo gruppo dei femminello.
Per quanto riguarda i piccoli frutti un grosso calo è dato dal Satsuma a discapito degli ibridi a maturazione tardiva con la varietà Fortune che rappresenta la principale. Per quanto riguarda il pompelmo la principale varietà fino a poco tempo fa coltivata era la classica Mash (polpa chiara) oggi sempre più sostituita da Star Ruby (polpa rosa).
 
Conclusioni
L’Italia ed i Paesi che si affacciano sul bacino Mediterraneo occupano ancora un ruolo di rilievo nell’agrumicoltura mondiale. E' però vero che questa importanza è destinata a calare: le cause si possono attribuire all’incremento produttivo che i Paesi extra europei stanno avendo (ad esempio la Cina che oggi produce il 15% dell’intero valore mondiale), alla maggiore facilità di trasporti e alla crescita della quota destinata all’industria.
Molti disagi sono legati alla contrazione del calendario di vendite, visto che il prodotto proveniente dall’emisfero Sud che confluisce sui nostri mercati è in crescita e sta diventando un competitor per l'Italia.
Per quanto riguarda il trasformato, grossi quantitativi arrivano dai Paesi a Sud dell’Equatore che, avendo un valore più basso, fanno sempre più gola alle industrie che puntano ad abbassare i costi di produzione. Un altro aspetto da valutare è rappresentato dalla Cina che, soprattutto nei confronti dell’Italia (i costi più alti al mondo), ha costi di produzione molto più bassi. 
Per migliorare la situazione, le aziende italiane hanno iniziato a ricercare nuovi mercati, come ad esempio i Paesi dell’Europa orientale, Giappone, Stati Uniti e Canada. Una sfida che non può essere combattuta attraverso i prezzi (come si è visto a volte difficilmente competitivi) ma attraverso la qualità.
 
A cura di Lorenzo Cricca