La proposta di Patuanelli prevede l'introduzione nel 2021 di un 30% di criteri oggettivi di riparto del fondo e il mantenimento del 70% dei parametri di spesa storica, per poi ribaltare le stesse percentuali nel 2022, ovvero un 70% di criteri oggettivi e un 30% di parametri storici. Una proposta che stride con la lettera del Regolamento (Ue) 2020/2220, che prevede l'invarianza normativa nell'assegnazione dei soldi ai territori, ma anche con le norme nazionali di riequilibrio della spesa pubblica a favore del Mezzogiorno.
Ma non solo: resta insoluto il nodo del criterio da adottare per il cofinanziamento del Feasr da parte di Stato e Regioni, già oggi più favorevole alle regioni del Nord, in quanto concepito come compensazione per la più elevata dotazione di Feasr lasciata alle regioni del Sud nella programmazione 2014-2020 con i criteri spesa storica. Un dettaglio di non poco conto che è nella disponibilità del ministero dello Sviluppo economico.
Tutte d'accordo le regioni del Centro-Nord, che a vario titolo trovano la proposta ragionevole e sensata, e che avevano chiesto il 100% di criteri oggettivi e che non riconoscono il ruolo di riequilibrio territoriale della Pac e in particolare dei Psr regionali. Di conseguenza, anzi, vedono nella proposta Patuanelli persino un vantaggio per le regioni del Sud, che comunque fruirebbero del 70% dei criteri di spesa storici, a loro più favorevoli nell'anno 2021, quello di spesa più elevata. Non posto e - di conseguenza - non affrontato il problema del riequilibrio della spesa nazionale di cofinanziamento, invocato invece dalle regioni del Sud.
Nettamente contrarie alla proposta Patuanelli le regioni del Sud, che invocano l'invarianza normativa della transizione, a norma del Regolamento (Ue) 2020/2220. E che hanno scritto ed inviato al ministro una durissima lettera ed una informativa al commissario europeo per l'Agricoltura e lo sviluppo rurale Janusz Wojciechowski, nel tentativo di bloccare la ratifica dell'accordo, che dovrebbe essere assunto con un'intesa in Conferenza Stato-Regioni da prendere a maggioranza. Nelle prossime ore le sei regioni presenteranno una richiesta di incontro urgente al ministro ed è prevista una conferenza stampa congiunta per spiegare meglio all'opinione pubblica la porta della proposta Patuanelli. Anche perché la proposta non prevede alcuna compensazione sul primo pilastro della Pac, né presente, né futura.
Caputo, la Campania perderebbe 153 milioni
"Le ipotesi di riparto delle risorse Feasr per il biennio di transizione 2021-2022 appaiono ingiustificate, nonché ulteriormente penalizzanti nei confronti del comparto agricolo della regione che rappresento, (perderebbe oltre 153 milioni di spesa pubblica in due anni) con impatti preoccupanti sulla tenuta economico-sociale dei territori. Si tratta di esiti diametralmente opposti rispetto a quelli perseguiti dalle politiche comunitarie di coesione e convergenza, dei quali il Feasr è strumento fondamentale". Lo ha scritto Nicola Caputo, assessore all'Agricoltura della Regione Campania, al ministro Patuanelli sull'ipotesi di riparto delle risorse Feasr per il periodo 2021-2022. La missiva è stata condivisa con gli altri assessori regionali all'Agricoltura del Mezzogiorno: Francesco Fanelli della Basilicata, Gianluca Gallo della Calabria, Donato Pentassuglia assessore in Puglia, Toni Scilla titolare dell'assessorato nella Regione Siciliana e Roberto Morroni della Regione Umbria.Una posizione, quella del no allo stravolgimento dei parametri attualmente in vigore, formalizzata in sede di Conferenza Stato-Regioni, al tavolo della Commissione Politiche agricole, dagli assessori all'Agricoltura di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria, che da sole rappresentano il 60% delle aree italiane interessate dal Psr.
La nota depositata dalle sei regioni contrarie
Con una nota depositata agli atti dei lavori della Commissione Politiche agricole, le sei regioni hanno bollato come incomprensibile la proposta di ripartizione dei fondi formulata dal capo di gabinetto del ministro."Essa - si obietta - parte da un presupposto definito incontestabile, cioè che vi siano dei parametri per la ripartizione dei fondi Feasr che sia possibile definire oggettivi, quasi fossero elementi di verità scientifica in grado di rendere giustizia a tutte le regioni. L'ipotesi logica da cui muove questa osservazione è che si tratti di un criterio in grado di allocare le risorse in maniera equa, essendo già stato utilizzato in altre occasioni, e cioè per l'applicazione delle risorse assegnate per il de minimis".
Tuttavia, si evidenzia, "l'aiuto de minimis è utilizzato in agricoltura, di norma, per soddisfare esigenze emergenziali, dovute spesso a calamità naturali o a epizoozie e quindi volte al risarcimento del danno. Le risorse del Feasr, al contrario, sono esclusivamente destinate a colmare il divario tra le aree più ricche ed evolute e quelle più povere e marginali, come del resto sostiene lo stesso commissario europeo all'Agricoltura Janusz Wojciechowski".
Da qui la necessità di ricercare criteri "non solo oggettivi, ma soprattutto idonei a rispondere agli obiettivi generali dello sviluppo rurale", nel rispetto della logica del criterio storico seguita dalla Ue per ripartire il Fondo nel periodo 2021-2027. Impegno tuttavia vanificato dalle decisioni del ministero, "che non lasciano emergere alcun elemento di analisi globale della totalità dei fondi Pac - primo e secondo pilastro - destinati ai territori, non tenendo conto che il Regolamento Ue 2020/2220 ha prorogato per il 2021 ed il 2022 non solo i programmi di sviluppo rurale, ma anche l'attuale regime dei pagamenti del primo pilatro della Pac".
Critiche di merito alle quali si aggiunge la censura di ordine formale: "Sarebbe opportuno capire fin da ora come il ministero dell'Economia, in caso di adozione di differente criterio di riparto, intenda cofinanziare il Feasr per la quota nazionale, dal momento che esso deve necessariamente approvare, prima di qualsiasi accordo che approdi in Conferenza Stato-Regioni, una differente copertura finanziaria da parte dello Stato che si determinerebbe a causa dello spostamento di risorse tra Psr delle regioni ex convergenza verso Psr delle Regioni ex competitività. Rilievi ignorati e superati con un voto a maggioranza, che va ad incrinare l'unità tra regioni". La minaccia delle regioni del Sud, neppure tanto velata, è che alle regioni del Centro-Nord possa essere tolto in quota di cofinanziamento nazionale quanto porterebbero a casa in quota Feasr. Questo per i principi di coesione territoriale recentemente sanciti anche dalla ultima legge di Bilancio, che prevede la perequazione degli investimenti in favore del Sud.
In coda ai lavori, a verbale è finita anche la protesta dei sei assessori regionali: "Siamo pronti a ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023, ma non accettiamo colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022, che si tradurrebbe in una forte penalizzazione per regioni svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate".
Confagricoltura Campania, pieno appoggio all'iniziativa di Caputo
"Confagricoltura Campania esprime pieno appoggio all'iniziativa politica dell'assessore all'Agricoltura della Regione Campania, Nicola Caputo, volta a fermare, d'intesa con gli altri assessori del Sud, i nuovi criteri di riparto del Feasr tra i Psr sul biennio di transizione 2021-2022 e presentati ieri dal ministro delle Politiche agricole Stefano Patuanelli alla Commissione Politiche agricole della Conferenza Stato-Regioni, perché ove realmente applicati sarebbero estremamente penalizzanti per le imprese agricole della Campania e delle altre regioni coinvolte". Così ieri pomeriggio Fabrizio Marzano, presidente di Confagricoltura Campania commenta la dura presa di posizione dell'assessore Campano Caputo, condivisa con gli omologhi delle regioni Basilicata, Calabria, Puglia, Sicilia e Umbria."La mossa dell'assessore Caputo e dei suoi colleghi - sottolinea ancora Marzano - è ampiamente condivisibile sia nel metodo che nel merito della questione, per altro assai complessa, che risponde all'elementare necessità di attenersi a quanto disposto dal vigente Regolamento Ue 2020/2220 sulla transizione in ordine al prolungamento della programmazione 2014-2020 a norme invariate".
Le ragioni del Nord, Pac non ha funzione di riequilibrio
La posizione delle 15 regioni del Nord è ben sintetizzata da quanto esprime l'assessore della Regione Veneto, Federico Caner, che non vedono nella Pac e nei Psr alcuna funzione di riequilibrio territoriale: una mina sulle future trattative ipotizzate proprio dall'assessore campano Caputo, che invece vede la possibilità di ridiscutere insieme le dotazioni di primo e secondo pilastro della Pac a partire dal 2023."La Regione del Veneto condivide pienamente l'impostazione data dal ministro Patuanelli al riparto delle risorse del Programma di sviluppo rurale per il biennio di transizione 2021-2022" afferma l'assessore all'Agricoltura della Regione Veneto Caner, ribadendo il giudizio favorevole già espresso in sede di Commissione Politiche agricole della Conferenza delle Regioni, insieme ad altri 14 colleghi, alla proposta di mediazione del ministero sul riparto dei fondi per i Psr.
"Il documento ministeriale - spiega Caner -, infatti, individua le esigenze di finanziamento del Psr nazionale e propone per il riparto dei fondi Feasr tra i Psr regionali una mediazione di assoluto buon senso tra le due posizioni emerse in seno alla Conferenza delle Regioni. Va infatti ricordato che la questione ha occupato i lavori della Commissione Politiche agricole per più di cinque mesi, nel corso dei quali quindici tra regioni e province autonome, nel tentativo di trovare un accordo complessivo, hanno formulato più ipotesi di rivisitazione dei criteri di riparto dei fondi per gli anni 2021 e 2022".
"Le sei regioni contrarie, invece, sulla base di una ardita interpretazione lessicale del termine transizione, pretenderebbero di continuare ad applicare l'accordo per il riparto tra regioni delle risorse per lo Sviluppo rurale 2014-2020 approvato dalla Conferenza dei presidenti delle Regioni e delle Province autonome il 16 gennaio 2014".
Sul criterio proposto dal ministro, Caner sostiene che esso "premia ancora le sei regioni contestatrici, in quanto il 2021 è quello che prevede una spesa pubblica complessivamente più elevata. Se si può capire che tali regioni, molto avvantaggiate dal criterio storico fondato su un regolamento comunitario già abrogato da oltre un decennio, tentino di accaparrarsi la maggior parte di risorse in gioco (oltre il 60%) essendo anche molto favorite dalla percentuale di cofinanziamento comunitaria più elevata, molto meno comprensibile è che per farlo attacchino il ministero, peraltro dopo averlo a più riprese invocato come giudice super partes, che ha formulato una proposta di riparto sensata, pienamente in linea col dettato normativo, con i precedenti accordi in seno alla Conferenza Stato-Regioni e rispondente a tutte le esigenze in campo".
"Il ministero, infatti, ha ben compreso, come hanno anche rappresentato a più riprese le 15 regioni - conclude Caner -, che il settore agricolo è quello più debole economicamente, rispetto agli altri settori, in tutto il paese e che, proprio per questo motivo, non può essere la Pac, di cui lo sviluppo rurale è uno dei pilastri, lo strumento per il riequilibrio tra i diversi territori".