“Il vino naturale si fa in vigna, non in cantina”, spiega ad AgroNotizie Barbara Puliero, che insieme a Paolo Rusconi hanno ideato l'evento. “Significa che il vignaiolo fa il suo lavoro per avere uve sane, ricche di sostanze e di sapore, capaci poi di diventare un ottimo vino in cantina, senza lavorazioni invasive che vanno a distorcere l'uva”.
Passando tra gli stand il panorama non può essere più vario. Sono 160 gli espositori, italiani e stranieri (molti francesi). C'è chi fa biologico, chi biodinamico, chi ancora vino tradizionale, come i nostri nonni sessant'anni fa. C'è chi si è messo a produrre vino da pochi anni e chi invece è figlio d'arte.
Due i principi cardine: rispetto del territorio e tutela della biodiversità, con la riscoperta di vitigni autoctoni caduti nel dimenticatoio. “La nostra cantina si trova a Perinaldo, nell'entroterra ligure”, racconta Marco Blancardi, dell'azienda agricola ROSmarinus. “Facciamo solo Rossese, una varietà coltivata in tre valli dell'Imperiese che ha visto negli anni ridursi la superficie coltivata”.
Le motivazioni che spingono i vignaioli a passare al biologico sono la volontà di rispettare il territorio e il consumatore. “Mio padre lo diceva sempre, ciò che metti in vigna poi lo ritrovi in bottiglia”, ricorda Mila Vuolo, vignaiola campana che dopo una carriera in Telecom come informatica ha dedicato alla terra la seconda parte della sua vita.
Ma il biologico viene anche scelto per rispondere ad una richiesta del mercato. Rispetto ad un modello di produzione che punta su grandi volumi e qualità bassa, dove a volte non conviene neppure vinificare, il biologico permette margini di guadagno più ampi. E i dati di mercato lo dimostrano.
Secondo l'ultimo rapporto del Sinab, riferiti all'annata 2013, la superficie destinata al biologico conta quasi 68 mila ettari, il 18,5% in più sull’anno precedente. Una espansione in controtendenza rispetto alla contrazione generale delle superfici, che negli ultimi 15 anni sono calate di 140 mila ettari.
Un aspetto non secondario è la distribuzione, visto che la maggior parte dei vignaioli coltiva 2-3 ettari. “Per il nostro importatore negli Usa i numeri che facciamo sono marginali”, racconta Anna Conti, che a Maggiora, vicino a Novara, produce con le due sorelle il Boca. “Però sono bottiglie speciali, che non si trovano da altre parti”.
Per gli espositori è questa la vera ricchezza dell'Italia, una viticoltura fatta da vignaioli attenti al prodotto, che coltivano appezzamenti ridotti e imbottigliano piccoli gioielli. Un modello lontano dall'agroindustria e dai suoi scandali. Anche se poi, parlando coi i vignaioli, si scopre che c'è chi vorrebbe una maggiore selezione degli espositori, perché qualcuno che prende delle scorciatoie, anche qui, c'è.