Era il 29 luglio scorso quando, in un articolo pubblicato dal quotidiano francese "Le Monde" si leggeva che l'Istituto di vigilanza sanitaria Robert Koch aveva annunciato ufficialmente la fine dell'epidemia causata dal batterio Escherichia coli. L'epidemia che aveva causato, su 4.321 casi registrati in Europa, 60 morti, e che era stata particolarmente virulenta in Germania, aveva cominciato a scemare ai primi del mese.
"Solo alcuni casi di infezione sono stati denunciati nelle ultime settimane”, osservava l'Istituto. Considerata "terminata, l'epidemia rimane comunque sotto stretta sorveglianza". E in effetti, sembra che l'Europa non sia ancora fuori pericolo. In Francia e in Germania, in questi giorni, si sono registrati nuovi casi di infezione da Escherichia coli, ceppo Vtec O104, in persone che hanno soggiornato recentemente in Turchia. L’aspetto inquietante è che il ceppo batterico sotto accusa è molto simile a quello responsabile dell’epidemia scoppiata in Germania.
La notizia è stata diffusa dal ministero della Salute e dall’Istituto superiore di Sanità dove ha sede il laboratorio europeo di riferimento per l’Escherichia coli e per gli aspetti legati alla sicurezza alimentare. In Italia, sino ad ora, non si registrano casi sospetti su persone che hanno soggiornato in Turchia.
Fabrizio Piva, amministratore delegato di Ccpb Srl, commenta l'allarme destato da questo secondo focolaio: “Ritengo che il perdurare dell'infezione sia da assimilare a una problematica legata all'igiene del processo produttivo e alla presenza di ceppi ormai resistenti agli antibiotici. Il tema, come si può notare, non è tanto legato al metodo di produzione biologico come qualche mese fa qualcuno adombrava, forse un tantino interessato. Non è un problema legato all'eventuale letame o sostanza organica utilizzata nella fertilizzazione ma piuttosto all'inquinamento del processo produttivo e all'uso indiscriminato degli antibiotici”.
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Fonte: CCPB srl