L’agricoltura a…tutta birra.

Il nuovo decreto ministeriale 212/2010 permette alle aziende produttrici la materia prima, l’orzo, di creare una malteria o un birrificio aziendale e di considerare la produzione di questa bevanda e del malto, attività agricole connesse e quindi soggette a tassazione più vantaggiosa, calcolata sulla base del reddito agrario. 

Per la produzione di birra servono varietà specifiche di orzo selezionate per il malto che sono soprattutto a semina primaverile, ma anche autunnali nelle zone temperate del Centro-Sud. Il nostro Paese è deficitario ed importatore di queste varietà, ma nulla vieta ad alcune aziende agricole di produrre dall’orzo alla birra, in un’ottica di qualità. E quello dei 'birrifici agricoli' è un fenomeno in crescita nelle campagne, ancor più grazie alle nuove disposizioni normative.

Il decreto prevede che le produzioni del malto e della birra, ma anche della grappa, del pane e degli altri prodotti di panetteria freschi e poi farina o sfarinati di legumi da granella secchi, di radici o tuberi o di frutta in guscio sono, a tutti gli effetti, attività connesse a quella agricola. 

E’ importante anche la produzione di grappa nelle aziende vitivinicole, che utilizza le vinacce delle proprie uve da vinificazione.

Va sottolineato che, per essere considerate attività connesse, i malti per la birra, le vinacce per la grappa, le farine per i pani, vanno ricavati prevalentemente (51%) da orzi, uve e cereali prodotti in azienda.

Secondo Confagricoltura si tratta di un “un provvedimento che proietta l’agricoltura in una visione nuova, che spinge le imprese settoriali ad impegnarsi in attività a valle della produzione agricola vera e propria, recuperando parte del valore aggiunto di cui non hanno mai beneficiato”.