Nel corso di un convegno organizzato a Leno dall’associazione Vip - Very Italian Pig, presieduta dall’allevatore di suini Dario Gobbi, insieme con il comune bresciano, il professor Pulina smonta alcuni pregiudizi che, di fatto, nuocciono all’immagine e alle tasche degli allevatori. Eccoli, elencati e smontati uno per uno.
La carne fa male
“Sentiamo spesso dire che gli alimenti di origine animale sono innaturali, che l’allevamento intensivo è innaturale, che i ruminanti competono con l’uomo, per cui non avremo sufficientemente da mangiare nei prossimi anni – elenca Pulina, che è anche fondatore del centro di ricerca Food Lab 2.0 - Sono affermazioni figlie dell’ecologismo contemporaneo, spinto all’eccesso, al punto che possiamo parlare di un movimento di Deep Echology, con conseguente sacralizzazione della natura. Ma sono posizioni inesatte”.Il cervello dell’uomo, in particolare, è alimentato dalle proteine e la possibilità di cacciare grossi animali è stata l’opportunità per una alimentazione corretta, anche perché, ripete il professor Pulina, “la carne fa bene”. Necessario ripeterlo a gran voce, alla luce di una crescita nella società di vegani e vegetariani, che secondo il Rapporto Eurispes 2017 rappresentano il 7,6% della popolazione italiana.
La carne provoca malattie cardiovascolari, carcinomi, obesità
“La dieta mediterranea è stata inventata negli anni Cinquanta dallo scienziato Ancel Keys: un americano, praticamente un paradosso. Tuttavia, il problema non è la carne, ma altre tendenze alimentari - stigmatizza Pulina - Da quando gli americani a metà degli anni Ottanta hanno raccomandato di mangiare light è esplosa l’obesità”. Segno che non si tratta di un problema di carne.
Meglio essere vegani
“È pericoloso anche il veganesimo, le cui carenze di vitamina B12 sono imputabili appunto alla dieta seguita”.
Gli animali inquinano
“Secondo le ricerche di Esposti e Coderoni su dati Istat – evidenzia Pulina - dal 1950 al 2011 la produzione di latte è aumentata dell’89%, mentre la riduzione di gas serra è stata del 50%, a conferma di un aumento dell’efficienza produttiva in termini di emissioni di metano e di ammoniaca”.Con emissioni inferiori di azoto e ammoniaca, l’allevamento animale degli anni Sessanta era molto meno efficiente e più impattante di quanto non sia oggi.
Meno animali, meno emissioni di gas serra
Secondo le posizioni animaliste, contrarie cioè all’allevamento e al consumo di prodotti di origine animale, riducendo le produzioni animali del 50% si ridurrebbero le emissioni degli allevamenti. “È vero, ma nella misura dell’1,5% appena, ma la sostituzione degli animali imporrebbe un incremento della produzione delle proteine vegetali, con una crescita delle emissioni di gas serra”.La posizione del nutrizionista
In difesa dell’apporto di proteine di origine animale è intervenuto Claudio Macca, medico e nutrizionista degli Spedali Civili di Brescia. “Le proteine animali sono di assoluta importanza - rassicura - I soggetti che escludono tali macronutrienti tendono a presentare carenze, anche significative e, purtroppo, devo riconoscere che cominciano a essere sempre più frequenti i soggetti malnutriti fra i giovanissimi”.Una lancia spezzata non solo per la carne o le uova, ma anche il latte. “Il latte è un prodotto ingegnerizzato, è l’alimento più complesso, interessante e strutturato che ci sia - sostiene il dottor Macca - Annovera sia le caseine, che devono intendersi come fast protein, che le siero proteine di latte, classificabili invece come slow protein. Purtroppo anche i medici non sempre danno il giusto valore a un prodotto così completo come il latte”.