Vale 3,3 miliardi di euro ed è uno degli assi portanti della nostra zootecnia, ma è almeno da due anni che gli allevatori di bovini da carne non riescono a far quadrare i conti delle loro aziende, Colpa dei prezzi di mercato in lenta ma costante flessione e oggi fermi a poco più di due euro per kg di peso vivo nel caso dei vitelloni, che sono la componente principale della nostra produzione di carne bovina. Molteplici le cause, dall'andamento dei mercati internazionali delle carni alla particolare “formula” dei nostri allevamenti, per la maggior parte imperniati su stalle di ingrasso dei vitelli acquistati sui mercati esteri, Francia in particolare. Il che comporta costi maggiori rispetto ad altre forme di allevamento basate sul pascolo (da noi difficilmente praticabili) e con ampia disponibilità di vitelli delle razze da carne. Il settore deve poi fare i conti con l'andamento dei consumi che dopo il recupero negli anni successivi alla crisi da Bse, oggi mostrano segni di debolezza. Da qualche tempo le preferenze vanno alle carni suine e a quelle avicole. Anche le carni di coniglio, a dispetto della crisi paventata da Anlac e della quale abbiamo riferito su Agronotizie, godono di una favorevole situazione di mercato.

 

La Cia lancia l'allarme

Questo spostamento delle preferenze del consumatore ha finito però con il penalizzare le carni di bovino ed ora è la Cia a lanciare l'allarme con una lettera all'indirizzo del ministro dell'Agricoltura, Luca Zaia. Nella lettera, a firma del residente della Cia, Giuseppe Politi, si evidenzia che “il nostro è un Paese largamente deficitario nella produzione di carne bovina, ma pochissimo è stato fatto per dare prospettive certe al futuro del settore". “Dobbiamo, tra l’altro, ricordare - scrive il presidente della Cia - che in questo momento le difficoltà sono presenti sia nei grandi allevamenti da ingrasso (prezzi dei vitelli francesi, aumento dei costi di produzione) sia negli allevamenti impegnati nella produzione vacca-vitello, importante per la qualità delle carni (razze pregiate italiane) e per il ruolo di difesa del territorio del Centro-Sud d’Italia”.

Per uscire dalle difficoltà la Cia chiede che venga data attuazione al “Piano di settore delle carni bovine” che era stato messo a punto nella precedente legislatura. A questo proposito viene chiesta la convocazione dei rappresentanti della filiera che vede impegnate, ricorda la Cia, 2.200 imprese di macellazione e che dà occupazione a 80mila addetti.

 

Il trasporto preoccupa l'Uniceb

Un vertice con i responsabili della filiera delle carni bovine potrebbe anche essere l'occasione per affrontare il problema del trasporto degli animali vivi. E' infatti all'esame del legislatore europeo una proposta per ridurre in modo significativo i tempi ammessi per il trasporto degli animali e anche le densità di carico. Se la proposta venisse accettata, sottolinea l'Uniceb (che riunisce i commercianti di bestiame) le ripercussioni per gli allevamenti italiani sarebbero assai pesanti. Meglio sarebbe, afferma Uniceb, puntare al completamento delle norme per il trasporto animale previste dal regolamento CE/1/2005 e al contempo migliorare il controllo della sua applicazione. Sarebbe anche utile un bilancio della attuale legislazione relativa al benessere degli animali trasportati. Sono queste alcune delle considerazioni con le quali Uniceb ha invitato il ministro all'Agricoltura, Luca Zaia, e il sottosegretario alla Sanità, Francesca Martini, ad intervenire per evitare l'introduzione di norme maggiormente restrittive in materia di durata di trasporto e densità di carico degli automezzi. Il risultato sarebbe un aumento dei costi per gli allevamenti che andrebbe ad aggravare una situazione già difficile.