La razione alimentare in 'salita' libera a causa dell'impennata dei prezzi di mais, cereali e soia, il costo dell'energia e della manodopera aumentato, il mercato che non riesce a smaltire le tensioni, l'epidemia di vescicolare che ha provocato danni agli allevatori e all’intera filiera (compreso l'export) per milioni di euro. La suinicoltura morde il freno. Anzi, più verosimilmente, sta attraversando la più grave crisi degli ultimi 30 anni. Non soltanto a livello italiano, dove a fare da comprimari agli allevatori, tradizionalmente l’anello debole della catena agroalimentare, da diversi mesi si sono aggiunte anche le industrie d macellazione. L'impasse ha senza dubbio confini europei, complice anche il super-euro nei confronti del dollaro, che ha ridotto i flussi di carne suina verso mercati tradizionalmente di sbocco dell'Ue, come ad esempio Giappone, Stati Uniti e Russia.
Veronafiere - Fieragricola ha rivolto alcune domande al professor Kees de Roest, responsabile economico del Centro ricerche produzioni animali (Crpa) di Reggio Emilia, uno dei poli scientifici più importanti nell’ambito della ricerca economica applicata in zootecnia. Contemporaneamente, l’Ufficio studi di Fieragricola intende presentare sinteticamente alcuni esempi di 'allevamento alternativo'. Strade diverse o comunque soluzioni non comuni intraprese dai produttori italiani. Allevamenti che non vogliono assurgere a paradigmi inviolabili o a modelli economici infallibili, ma costituiscono semplicemente scelte imprenditoriali che in qualche modo possono quanto meno ridurre le perdite economiche delle aziende agro zootecniche.
Gli allevatori lamentano che i costi di produzioni sono aumentati. Qual è il trend che si prevede nel 2008? 'Allevare suini costava, nel 2006, 1,29 euro al chilogrammo', ha riferito il professor  Kees de Roest, 'Lo scorso anno, invece, la spesa media aziendale, calcolata dal Crpa su una stalla campione di 300 scrofe, è salita a 1,40. Per il 2008, complici i costi della razione alimentare, che non diminuiranno, le spese di manodopera, dell'energia e della gestione aziendale, prevediamo che si arriverà a spendere ancora di più. Presumibilmente si arriverà a superare 1,45 euro per chilogrammo di carne prodotta'.
Il calcolo si basa su un allevamento a ciclo chiuso di 300 scrofe. Aumentando le dimensioni aziendali è possibile fare economia di scala? 'Certamente. I costi di produzione inevitabilmente diminuiscono se si potenzia il numero dei capi allevati. In Italia ci sono allevamenti anche con 7-800 scrofe a ciclo chiuso, che hanno costi di gestione inferiori rispetto alle 300 scrofe sulle quali abbiamo calcolato i bilanci di spesa'.
Nei giorni scorsi gli allevatori si sono riuniti e hanno indicato alcune strade per provare a interrompere la spirale di crisi che sta avvolgendo la suinicoltura. Le possibili soluzioni vanno dalla diminuzione del numero di suini per il circuito dei prosciutti Dop (Parma e San Daniele), la produzione di suini leggeri (135 chilogrammi contro i 160 chilogrammi di media dei suini pesanti), l'esportazione di carne fresca, la valorizzazione del Consorzio del Gran suino padano. Come sono giudicati tali proposte? 'Senza dubbio va ridotta l’offerta per il circuito dei prosciutti tutelati. Lo abbiamo visto anche negli anni scorsi. Quando nel 2006 è diminuito il numero di cosce trasformate in prosciutti Dop, il prezzo ha avuto una ripresa nel giro di pochi mesi. Le dinamiche delle quotazioni, nel caso dei suini, sono piuttosto rapide. I benefici si avrebbero nel giro di poche settimane o pochi mesi. Non bisogna comunque sottovalutare gli aspetti più strettamente collegati con il management aziendale. Gli allevatori dovranno così puntare ad accrescere il numero di suini svezzati per scrofa e cercare di raggiungere standard di efficienza che in altri Paesi europei, come Olanda e Danimarca, leader nella suinicoltura, sono ormai acquisiti'.
Guardando i numeri, se gli allevatori riusciranno a passare dagli attuali 20,5 suinetti svezzati ai 23-24, ciò si tradurrebbe concretamente in un recupero di 15 centesimi per chilogrammo di carne prodotta. Facendo sempre l'esempio di una struttura di 300 scrofe, il costo di produzione passerebbe così da 1,40 euro a 1,25. 'Ma si potrebbe anche migliorare l’efficienza della razione alimentare, contemporaneamente, guadagnando altri margini utili nel conto economico aziendale'.
Si intravede una ripresa per la suinicoltura? 'Certamente. Un’inversione di tendenza un po’ più marcata e consolidata nel tempo è attesa per il 2009-2010, per effetto di una diminuzione dell’offerta in tutta Europa. Un altro fattore che potrebbe migliorare la situazione si avrà non appena si verificherà un’inversione di rotta del mini-dollaro, che in questi mesi ha invece penalizzato le esportazioni verso Stati Uniti, Russia e Giappone, provocando una saturazione dei mercati comunitari'.