Sul rincaro delle carni e sulla conseguente indagine avviata dal Garante per la sorveglianza dei prezzi, Antonio Lirosi, interviene Assocarni: 'E' necessario chiarire due elementi oggettivi e incontrovertibili', si legge in una nota dell'Associazione dell'industria della carne, 'finora non emersi sui media. In primis l'andamento dei prezzi: l'evoluzione dei prezzi della carne bovina negli ultiLi cinque anni (dal 2003 al 2007) evidenzia un incremento pari al 6% a fronte di un incremento complessivo dell'inflazione del 7,5% dello stesso periodo. La distribuzione della catena di valore lungo la filiera: in merito alla denunciata forbice esistente tra produzione primaria e consumo, i supposti rincari del 400% sono un dato del tutto improprio, utilizzato unicamente a fini demagogici'.
E' evidente comprendere l'impossibilità di comparare il valore al chilo di un animale vivo con quello di un singolo taglio. Va infatti considerato che in un bovino la carne effettivamente consumata rappresenta meno del 50% del peso originario dell'animale e che uno dei tagli pregiati quale il filetto (il cui costo al chilo è spesso preso a riferimento come indicatore del valore della carne al consumo) in un animale di 650 kg rappresenta solo 6 kg, meno quindi dell'1%.
Nella trasformazione dell'animale vivo in carne vanno inoltre considerati tutti i costi connessi alla lavorazione, allo smaltimento delle parti non edibili e al rispetto delle rigide norme igienico sanitarie. L'assoluta trasparenza nei passaggi di filiera e' dimostrata anche dal fatto che tra le aziende leader nel settore bovino in Italia alcune sono rappresentate da cooperative di allevatori che, a loro volta, rivendono il prodotto a cooperative di consumatori. Ed anche in questo caso, dove non può essere messo in discussione l'interesse ad un'equa distribuzione del valore, i numeri non cambiano, a dimostrazione che questi valori sono quelli tipici e fisiologici dell'industria della carne. L'industria italiana delle carni bovine è costituita da oltre due mila aziende, principalmente medio-piccole, che operano con marginalità ridotte al minimo e con una enorme pressione competitiva, che rappresentano il vero strumento di calmierizzazione dei prezzi. La carne, soprattutto quella bovina, è una commodity, nella stragrande maggioranza dei casi priva di qualsiasi strumento di protezione di marca o brand, le cui logiche di prezzo sono quindi imposte da un mercato internazionale sempre più globalizzato ed unico. L'Italia oggi importa oltre il 50% del proprio fabbisogno di carne bovina prevalentemente da altri Paesi comunitari e il prezzo del mercato italiano è determinato direttamente dal mercato Ue. A parere di Assocarni, il vero problema oggi, in realtà, è la crisi strutturale in cui versa la zootecnia del nostro Paese e l'attuazione di politiche agricole miopi e poco lungimiranti.
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Fonte: @nmvi Oggi