Il farro è tra i cereali più importanti nella storia italiana, già presente sulle tavole di etruschi e romani. Prima di loro erano stati gli assiri e gli egizi a farne uso nell'alimentazione quotidiana, nel 5mila a.C. e in epoche ancora precedenti. Il farro è dunque il precursore del frumento (duro e tenero), che nel corso dei secoli si rivelò più facile da coltivare e con maggiori rese e così gradualmente si diffuse fino a sostituirlo. Dopo decenni di oscurità il farro sta tornando in auge ed il trend dei consumi, in Italia come nel mondo, è in continuo aumento.  

Fare una stima esatta degli ettari coltivati a farro in Italia e della loro produzione è difficile. Possiamo indicare il dato pubblicato nel 2012 dal professor Fabio Fatichenti dell’Università di Perugia nel libro 'Biodiversità e cultura nelle certificazioni': nel 2000 erano circa 2mila gli ettari di farro (erano 5 mila nel 1929, scesi a poche centinaia all’inizio degli anni ’90) e quasi tutti nella tipologia dicocco (medio). Oggi, in base ad uno studio dell'Università di Firenze, si ipotizzano circa 4mila ettari di farro.
 

FARRO

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Questa riscoperta del farro è legata a diverse motivazioni: incremento di diete alternative e più salutistiche (rispetto a quelle tradizionali), riscoperta di cibi tipici, maggiore interesse per un'agricoltura biologica ed ecosostenibile (per cui il farro si presta bene), provvedimenti di politica agraria volti a diversificare gli indirizzi produttivi ed al recupero di aree marginali e svantaggiate, sensibilità nei riguardi della conservazione di specie agrarie a rischio di estinzione o di erosione genetica, nuove opportunità legate al recupero di tradizioni e di valori storico-culturali.

Un mix di condizioni favorevoli che hanno spinto gli agricoltori a riappropriarsi di questa coltura. L'area produttiva principale è quella dell'Italia centrale, con produzioni maggiori in Toscana, Umbria e Marche. Due sono i prodotti tipici certificati: Farro della Garfagnana IgpFarro Monteleone di Spoleto Dop. Ma anche qui si parla di piccolissimi numeri: un centinaio di produttori nel primo caso per circa 200 ettari, una trentina di aziende nel secondo caso per circa 100 ettari. Le rese restano variabili da zona a zona e da annata ad annata, passando dai 15 ai 25 quintali ad ettaro.

Il farro è la denominazione generica attribuita indifferentemente a ben tre specie diverse del genere Triticum spp. o frumento vestito. Al suo interno ricordiamo quindi il farro piccolo o Triticum monococcum, il farro medio o Triticum dicoccum (quello per antonomasia) e il farro grande o Triticum spelta. Una delle aree tradizionali e più rappresentative in Italia è la Garfagnana, area storico-geografica della provincia di Lucca in Toscana.
 
Semi di farro, cereale autunno-vernino, pronti per essere mangiati e macinati
Il farro maggiormente coltivato in Italia e il Triticum dicoccum o farro medio
(Fonte foto: © Nikilitov - Fotolia)


"Il farro è un cereale dalla tradizione millenaria - ha spiegato Sandro Pieroni, responsabile alla forestazione della Regione Toscana, durante il convegno 'Farro, ritorno al futuro' del 21 aprile 2018 presso Castelnuovo della Garfagnana (LU) -, ma proiettato verso il futuro in un ideale viaggio attraverso il tempo. E' una delle eccellenze del nostro territorio e strumento straordinario per valorizzare luoghi e cultura, e promuoverli poi dal punto di vista turistico"

L'areale produttivo della Garfagnana è oggi leader italiano. Ma non è sempre stato così, pur avendo mantenuto nel tempo una certa produttività.
"La Garfagnana nel tempo ha dovuto vivere diverse fasi: a volte positive ed a volte negative - ha spiegato Lorenzo Satti, presidente del Consorzio di tutela del farro della Garfagnana Igp durante il convegno - Ad esempio dagli anni ‘70 agli anni ‘80 si è passati da poche migliaia di metri quadrati a qualche decina di ettari di coltivazioni. Una delle scintille di questa inerzia positiva sono state le indicazioni della Regione Toscana, che la censiscono quale coltivazione a rischio di erosione genetica".

In Garfagnana il farro viene coltivato da sempre nei piccoli appezzamenti. La semina avviene, utilizzando seme vestito nei mesi di ottobre-novembre, su terreni idonei, in una fascia altimetrica che varia tra i 300 e i 1000 metri sul livello del mare. La raccolta avviene in estate, di solito nel mese di luglio. Il suo stelo può raggiungere un’altezza di 1,60 metri e il suo chicco è ricoperto dalla glume, dalle glumelle e dal pericarpo che, dopo la trebbiatura, devono essere eliminati attraverso varie fasi che costituiscono la brillatura.

Nel 1996, tramite la Comunità Montana della Garfagnana, viene ottenuto il riconoscimento europeo di Igp - Indicazione geografica protetta che sancisce il definitivo recupero di questo cereale. Grazie a questo riconoscimento la richiesta del cereale è aumenta considerevolmente. Nasce così il Consorzio Produttori di farro della Garfagnana.
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