Il cancro dell'actinidia rappresenta attualmente la patologia di natura batterica di maggior rilevanza (e preoccupazione) a livello mondiale per il settore della frutticoltura.

Dal 2008, quando il gruppo di fitobatteriologia del Dafne (Dipartimento di Scienze e tecnologie per l'agricoltura, le foreste, la natura e l'energia) dell'Università della Tuscia ha rilevato i primi focolai nel Lazio, la diffusione di questa fitopatia è stata inarrestabile. Ha infatti causato notevoli danni e perdite sia nelle principali aree italiane dove questa frutticola riveste notevole importanza economica (Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna, Lazio, Campania, Calabria), sia in numerose aree a livello europeo (Francia, Spagna, Portogallo, Svizzera), ed extra europeo (Turchia, Nuova Zelanda, Australia, Cile), oltre ad essere stata già segnalata e tutt'ora diffusa in Asia (Giappone, Corea del Nord e Cina).

Dopo oltre due anni di sperimentazione, nei giorni scorsisi sono svolti una serie di incontri tecnico-divulgativi in importanti aree ad actinidia (Lazio, Veneto, Emilia Romagna) per divulgare i risultati conseguiti dal gruppo di ricerca dell'Ateneo viterbese, che hanno permesso la registrazione del primo agrofarmaco, biologico, in Europa, in grado di contrastare, soprattutto durante il periodo della fioritura, il batterio fitopatogeno Pseudomonas syringae pv. actinidiae (Psa) agente causale del cancro batterico dell'actinidia.

 

L'agrofarmaco registrato (denominato Amylo-X) è costituito da un ceppo (D747) di Bacillus amyloliquefaciens.
Dai risultati conseguiti il preparato microbiologico risulta in grado di inibire, in diversi rapporti e concentrazioni, lo sviluppo e quindi la moltiplicazione di Psa, come di Pseudomonas syringae pv. syringae (PSS) e di Pseudomonas viridiflava (PV), anch'essi batteri a volte in grado di arrecare danni di rilievo, soprattutto agli organi fiorali ed alle foglie, di piante di Actinidia spp.. L'antagonista naturale non è resistente agli antibiotici e si sviluppa in presenza/miscela con il rame (metallo e minerale): un aspetto particolarmente interessante, soprattutto dal punto di vista applicativo in quanto, non necessitando per le proprie funzioni vitali di rame, B. amyloliquefaciens non lo assorbe e non ne subisce alcun effetto negativo, moltiplicandosi così senza alcun rischio e senza trasferire ad altre popolazioni batteriche eventuali resistenze al rame.

Dalle prove condotte prima in laboratorio e quindi, per due anni consecutivi in campo, in differenti areali del Lazio, in impianti di A. chinensis (kiwi a polpa gialla) e di A. deliciosa (kiwi a polpa verde) emergono differenti aspetti positivi. Sia in termini d'incidenza della malattia, sia in termini di percentuale di rami sani, sulle tesi dove venivano effettuati i trattamenti dalla rottura dei bottoni fiorali in poi con il preparato microbiologico, la malattia è risultata ridotta in misura statisticamente significativa, sui rami di uno e due anni (dall'8 al 40%).

In termini di sintomi, è stata rilevata una pressione della batteriosi sempre inferiore ai valori registrati sulle piante di controllo e al contempo, durante e al termine delle stagioni di sperimentazione, la percentuale di rami sani era sempre maggiore nelle tesi dove veniva applicato Amylo-X, rispetto ai valori registrati sulle piante impiegate nelle tesi di controllo.

 

Complessivamente, il formulato ha determinato un'ottima colonizzazione e protezione degli organi fiorali e sembra poter contrastare ulteriormente Psa anche durante la stagione vegetativa. E' importante inoltre evidenziare che non è stato registrato alcun effetto fitotossico sulle piante, né alcun effetto negativo su api e bombi.

Lo studio è in corso di pubblicazione e, inoltre, si sta ulteriormente approfondendo per verificare la capacità del formulato di proteggere gli altri organi vegetativi, in particolare mediante applicazioni sia al momento della raccolta, sia alla caduta delle foglie, come anche di proteggere il polline dalla fase di conservazione alla distribuzione in pieno campo.

E' bene chiarire che i trattamenti con il formulato microbiologico non hanno la presunzione di poter eradicare il cancro batterico dagli impianti di actinidia. La prevenzione e gli aspetti agronomico-colturali restano, infatti, fondamentali per ridurre al massimo la presenza del patogeno. La registrazione di un agrofarmaco biologico è però un valido passo in avanti per una strategia di difesa integrata nel rispetto dell'ambiente, degli agricoltori e dei consumatori e quindi a supporto dell'intero comparto.

 

 

Sopra e in alto a sinistra, evidenti sintomi da cancro batterico dell'actinidia causati da Pseudomonas syringae pv. actinidiae (Psa) a livello fogliare (sinistra) e sul tronco (destra).

 

 

Intervento a cura del professor Giorgio Mariano Balestra
Dafne - Dipartimento di Scienze e tecnologie per l’agricoltura, le foreste, la natura e l’energia 
Università della Tuscia