Nelle conferenze internazionali si ricorre spesso all’ausilio dei traduttori simultanei. Persone esperte di una o più lingue, capaci di convertire istantaneamente la parole dei relatori stranieri in idiomi differenti. Senza di essi, molte prolusioni scientifiche resterebbero per lo più incompresibili, facendo cadere nel vuoto i contenuti delle presentazioni stesse. Qualcosa di simile accade anche nel suolo, ove a ricoprire il ruolo dei “traduttori” sono le micorrize, associazioni simbiotiche che si instaurano tra l’apparato radicale delle colture e alcuni genere-specie di funghi presenti nel terreno.
 
Esattamente come il traduttore simultaneo viene pagato per i propri servigi, anche le micorrize vengono ricompensate dalle piante per il loro lavoro. Le colture trasferiscono infatti al fungo delle preziose sostanze nutritive da loro elaborate tramite i processi fotosintetici, assenti nei funghi. In cambio, le micorrize assorbono efficacemente gli elementi minerali dal suolo e li trasferiscono velocemente alle radici.
 
L’Uomo, però, cerca da sempre di estrarne maggiori vantaggi dai propri campi. E così le micorrize sono divenute nel tempo un mezzo tecnico impiegabile al fine di innalzare le produzioni agricole proprio attraverso le sinergie virtuose che caratterizzano la loro simbiosi con le piante coltivate. Le micorrize potenziano infatti lo sviluppo radicale e amplificano l’assorbimento dei nutrienti, specialmente di quegli ioni presenti a basse concentrazioni nella soluzione circolante. Pure di estremo interesse la possibilità di mobilizzare alcune forme di nutrienti poco assimiliabili, come per esempio fosforo e microelementi. E considerando ciò che accade al mondo del fosforo, ciò non può che essere visto come un aspetto altamente positivo. Molto vi è però ancora da scoprire sulle micorrize, specialmente su come ottimizzarne l’insediamento e l’iterazione con le radici. Tutti fronti di ricerca per il futuro.