Per lungo tempo il diserbo di pre emergenza del frumento è stato il principale, se non l'unico, trattamento erbicida che veniva fatto in Italia. Verso la fine degli anni Ottanta tuttavia, per ragioni agronomiche e di carattere ambientale, i trattamenti di post emergenza si sono imposti come lo standard.
Oggi tuttavia le molecole su cui queste strategie di diserbo si fondano (gli inibitori dell'ACCasi e dell'ALS) stanno cedendo e molte specie hanno sviluppato delle resistenze, singole e talvolta multiple. Ecco allora che il diserbo di pre emergenza sta tornando con prepotenza come strategia di contenimento delle infestanti, da abbinare spesso, anche, ad un secondo trattamento di post-emergenza per un controllo completo della flora spontanea.
Con l'aiuto di Aldo Ferrero, dell'Università degli studi di Torino (Disafa), ripercorreremo l'evoluzione della strategia erbicida nel frumento e successivamente quali sono i timing e i prodotti più adatti ad una gestione delle infestanti resistenti con trattamenti di pre e post-emergenza.
Dai trattamenti di pre emergenza al post. E ritorno
"Fino agli anni Ottanta la strategia di diserbo in Italia si fondava quasi esclusivamente sui trattamenti di pre-emergenza", spiega Aldo Ferrero. "Per questo tipo di intervento valeva il detto 'Se si può seminare si può anche diserbare'. Era comodo trattare il campo dopo averlo seminato, quando il terreno è umido e favorisce l'emergenza delle infestanti. L'agricoltore si toglieva il pensiero e non era vincolato all'andamento climatico e alla praticabilità del campo per effettuare le operazioni di diserbo primaverili”.
Il diserbo di pre emergenza è stato poi lentamente abbandonato per fare posto a molecole maggiormente sostenibili dal punto di vista ambientale. I diserbanti di pre emergenza sono infatti per loro natura residuali e dunque persistono nell'ambiente per un tempo più o meno lungo dopo il trattamento (il chlorsulfuron anche fino a due anni). Questa condizione ha portato il decisore pubblico ad ostacolarne l'impiego in favore di molecole più sostenibili.
A questo elemento si è aggiunto il fatto che gli agricoltori si trovavano a dover affrontare infestazioni di avena selvatica e loietto che difficilmente si riuscivano a controllare con il solo diserbo di pre emergenza. L'arrivo sul mercato di prodotti molto performanti, come gli inibitori dell'ACCasi (enzima Acetil-CoA carbossilasi) e dell'ALS (enzima Aceto-Lattato sintetasi), hanno dato il colpo di grazia al diserbo di pre emergenza. Almeno fino agli ultimi anni.
L'impiego quasi esclusivo di diserbanti di post-emergenza basati su inibitori dell'ACCasi e dell'ALS, la monosuccessione spinta e l'impiego non sempre corretto delle giuste dosi d'etichetta, hanno infatti selezionato varietà di infestanti resistenti agli erbicidi.
I dati del Gire (Gruppo italiano resistenza erbicidi) parlano chiaro: in Italia ci sono diverse specie infestanti del frumento che hanno sviluppato resistenze singole (Avena spp., Alopecurus myosuroides, Phalaris spp. e Sinapis spp.) e multiple (Lolium spp. e Papaver rhoeas).
A queste si deve aggiungere la flora di sostituzione, quelle specie cioè che a causa della loro naturale minore sensibilità agli erbicidi di post-emergenza si sono diffuse progressivamente nei nostri campi. Tra le specie più comuni ricordiamo Fumaria officinalis, Veronica spp. e Viola arvensis.
Il diserbo di pre emergenza
Per controllare le popolazioni resistenti di alcune infestanti e la flora di sostituzione gli agricoltori si stanno muovendo sempre più verso trattamenti di pre emergenza, da effettuarsi subito dopo la semina. La scelta del prodotto da impiegare deve essere fatta tenendo conto prima di tutto delle specie infestanti presenti in campo e per questo è di fondamentale importanza fare dei sopralluoghi.
Sono attualmente disponibili per questo tipo di applicazione prodotti a base delle sostanze attive chlorsulfuron, clortoluron, diflufenican, pendimetalin e triallate. Grazie a questi erbicidi è possibile contenere infestanti a foglia larga quali Papaver rhoeas, Veronica spp, Stellaria media, Viola arvensis, Capsella bursa-pastoris, crucifere come Sinapis arvensis, Rapistrum rugosum, Raphanus raphanistrum e graminacee quali Alopecurus myosuroides, Avena spp., Bromus spp., Lolium spp., Phalaris spp. e Poa spp.
Tutti questi prodotti, ad eccezione del triallate, possono essere impiegati anche in post-emergenza precoce, fino allo stadio di 2°-3° foglia. Solitamente i prodotti in commercio uniscono l'azione di due o più sostanze attive per avere un maggiore spettro di controllo. Su Fitogest è possibile sapere quali prodotti sono autorizzati.
Ecco dunque le sostanze attive oggi disponibili:
- Chlorsulfuron. E' un erbicida caratterizzato sia da una azione di contatto che da un'attività residuale con assorbimento attraverso l'apparato radicale. In alcuni ambienti secchi del Sud Italia può rimanere in ambiente anche due anni. Sono due i prodotti commerciali che lo contengono, ma il loro utilizzo è consentito fino al 30 giugno 2021. E' attivo contro dicotiledoni e graminacee.
- Clortoluron. Agisce sia per assorbimento fogliare che radicale e il suo effetto si manifesta con una stentata crescita delle malerbe, a cui seguono fenomeni di clorosi e di totale necrosi. Persiste nel terreno per due-quattro mesi. E' attivo contro dicotiledoni e graminacee.
- Diflufenican. È un erbicida dicotiledonicida ad ampio spettro dotato di una azione secondaria nei confronti di alcune graminacee. Il prodotto deve essere applicato nei primi centimetri di terreno e quando le plantule delle infestanti in fase di emergenza li attraversano, vengono devitalizzate per contatto e per successivo assorbimento.
- Pendimetalin. E' un prodotto ad azione sistemica efficace contro monocotiledoni e dicotiledoni. Il prodotto inibisce la germinazione dei semi e controlla le infestanti anche allo stato di plantula, a condizione che le graminacee non abbiano superato lo stadio di 1-1,5 foglie e le dicotiledoni lo stadio di 2-3 foglie vere.
- Prosulfocarb. Sostanza erbicida efficace contro infestanti difficili, come Galium, Lolium e Papaver. Viene assorbita dalle radici e dall'apice vegetativo delle infestanti in germinazione. La sua azione si manifesta a livello del meristema apicale, determinando un arresto della crescita e, in seguito, la morte dei tessuti.
- Triallate. È un graminicida ad azione residuale appartenente alla famiglia chimica dei tiocarbammati. Ad oggi c'è un solo prodotto registrato.
L'importanza del timing
Va da sé che i trattamenti di pre emergenza vengono eseguiti in una finestra di tempo molto ampia che varia a seconda dell'epoca di semina, a sua volta legata all'andamento climatico. "Lo scorso anno le piogge autunnali hanno spinto le semine molto avanti, qualcuno perfino in gennaio. Il che rende meno adeguato l'impiego dei prodotti di pre-emergenza", sottolinea Ferrero.
I trattamenti precoci tuttavia non riescono a contenere le malerbe fino all'accestimento del frumento. Ad esempio alcuni papaveri oppure il Galium hanno un'emergenza tardiva e sfuggono al controllo degli erbicidi residuali. Lo stesso vale per le perennanti come Cirsium, Convolvulus, Calystegia, Cynodon, Agropyron, ecc...
In queste condizioni potrebbe rendersi necessario un secondo intervento, questa volta di post-emergenza. "In questo senso si prediligono prodotti con un'ampia finestra temporale di utilizzo, in modo che possano essere impiegati in fase avanzata e possano controllare il maggio numero di infestanti" e soprattutto quelle resistenti, sottolinea Ferrero. "Bisogna, in genere, intervenire a partire dalla 2°-3° foglia della coltura, ma più comunemente ci si sposta fin allo stadio di inizio levata o levata piena, a seconda del prodotto".
A livello generale, nel caso dei trattamenti di post-emergenza, bisognerebbe intervenire su colture in buono stato vegetativo, con umidità relativa superiore al 60% e temperature medie superiori a 5°C nei tre-quattro giorni precedenti e successivi al trattamento (15-20°C per gli erbicidi ormonici).
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