Fra gli agenti mutageni possono ricadere diverse sostanze chimiche come alcuni solventi presenti in diversi mastici e vernici, ma anche particolari prodotti di combustione della sostanza organica e degli idrocarburi. Mutageni possono infine risultare anche diversi fattori fisici, come per esempio le radiazioni, incluse quelle UV dei raggi solari.
Fra i casi più semplici di mutazione indotta vi è quella di trasformare una base azotata in un'altra. Il Dna è infatti strutturato su una precisa sequenza di basi azotate, ovvero adenina, guaina, timida e citosina. Le prime due sono anche dette basi "puriniche", le seconde due "pirimidiniche" in funzione della loro diversa struttura molecolare. Alle due basi pirimidiniche sopra riportate si aggiunge però anche l'uracile, ovvero la base che sostituisce la timina nei filamenti di Rna, cioè la molecola adibita al trasporto al di fuori del nucleo cellulare delle informazioni genetiche conservate nel Dna dei cromosomi.
Il Dna è strutturato in guisa di doppia elica, ricordando la forma di una scala a pioli. Ogni "piolo" è costituito dall'unione di una base purinica con una pirimidinica. Il legame è obbligato: l'adenina può legarsi solo con la timina, mentre la citosina può legarsi solo con la guanina
(Fonte foto: Norman-Blue Fotolia)
Una mutazione abbastanza semplice, per esempio, è quella causata dalla idrossilammina, sostanza capace di trasformare la citosina in uracile per deamminazione. Un gruppo amminico (NH2) viene cioè sostituito con un gruppo ossidrilico (OH). Ciò cambia completamente la struttura e la funzionalità della molecola.
L'adenina a sua volta può trasformarsi in guanina se fatta reagire con acido nitroso. L'ossido di etilene è invece in grado di sostituire gli atomi di idrogeno con gruppi metilici o etilici, i quali impediscono che le molecole mutate possano legarsi alle corrispettive basi pirimidiniche con cui normalmente si abbinano nel Dna. Il risultato è un'alterazione della funzionalità del gene in cui è avvenuta la mutazione.
I test di Ames
Per valutare il potenziale mutageno delle sostanze rappresentano una vera pietra miliare i cosiddetti "Test di Ames" sulla genotossicità, messi a punto da Bruce Ames nel 1973. Tali prove di laboratorio sono da sempre la base per la valutazione di eventuali effetti mutageni a livello cellulare. Le mutazioni potrebbero infatti essere precorritrici di tumori o di altre anomalie che traggono la propria origine da modifiche del Dna di un organismo.A loro vantaggio, v'è da dire che questi test sono effettuati in vitro su colture cellulari e non necessitano quindi il sacrificio di animali vivi. A loro svantaggio vi è però il fatto che essi evidenziano effetti su colture cellulari "indifese" perché scollegate dal resto dell'organismo. Rendono cioè un'indicazione di massima, non un verdetto definitivo. Una sostanza rivelatasi mutagena in un test su cellule in vitro, magari a dosi elevate, potrebbe benissimo risultare innocua se assunta a basse dosi dall'organismo vivente preso nella sua interezza.
Bruce Ames è tutt'oggi considerato uno dei padri della tossicologia moderna e a lui fanno riferimento molte delle ricerche svolte negli ultimi 40 anni. Per sviluppare la propria ricerca Ames comprese che per prima cosa andavano create le condizioni perché un agente potenzialmente mutageno potesse entrare nelle cellule sottoposte a test. Insieme ai colleghi Frank Lee e William Durston si concentrò su alcune colture di specifici ceppi di Salmonella typhimurium, l'agente patogeno causa di gastroenteriti classificate come "salmonellosi".
Tale batterio può essere infatti utile per rilevare vari tipi di mutageni. Unico problema, le sue membrane cellulari sono protette da uno strato di lipopolisaccaridi che fungono da barriera contro la penetrazione delle sostanze attive da testare. Ames e colleghi trovarono quindi il modo di indurre una mutazione preliminare nelle loro colture cellulari di Salmonella, in modo che fosse inibita la produzione di tale strato protettivo. Ciò permise loro di sensibilizzare le cellule agli agenti mutageni.
Oltre Bruce Ames
I test di mutagenesi sono oggi svolti abitualmente su cellule germinali per essere poi inseriti nei dossier registrativi necessari a ottenere l'autorizzazione al commercio di un agrofarmaco. In funzione dei risultati di tali test, labili oppure a diverso grado di solidità, in etichetta dell'agrofarmaco si possono quindi trovare le frasi di rischio H341 (Sospettato di provocare alterazioni genetiche) oppure H340 (Può provocare alterazioni genetiche). In sostanza, ricevono la H340 i prodotti che sono risultati in Categoria 1A e 1B per la mutagenesi, mentre le H341 sono relative alle molecole poste in Categoria 2.La Categoria 1 si divide a sua volta in "A" e "B". La 1A racchiude le sostanze di cui è accertata la capacità di produrre mutazioni ereditarie nelle cellule germinali. La 1B abbraccia invece le sostanze da considerare capaci di causare tali mutazioni ereditarie. Una differenza significativa, analoga a quella che sussiste fra Gruppo 1 della Iarc (sicuramente cancerogeni) e 2A (probabili cancerogeni).
In Categoria 2 per la mutagenesi vengono invece censite le sostanze per le quali esistono prove sufficienti per ritenere verosimile che l'esposizione dell'uomo ad esse possa provocare alterazioni genetiche ereditarie. Una classificazione, questa, basata solo su studi di laboratorio su modello animale. Un po' quello che accade fra Cangerogeni in gruppo 2B della Iarc, ovvero i possibili cancerogeni.
Agrofarmaci e mutagenesi
Effettuando una specifica ricerca in banca dati Fitogest.com, è possibile evincere come su 1.993 formulati censiti attualmente in Italia non ve ne sia alcuno che riporti la frase H340, mentre ve ne siano solo due che riportano la frase H341, ovvero quelli a base di tiofanate metile.In sostanza, non risulta in commercio alcun agrofarmaco ritenuto in grado di provocare alterazioni genetiche, mentre vi è solo lo 0,1% (uno su mille) che presenta la H341, ovvero si "sospetta" ma non se ne hanno le prove. A dimostrazione di quanto fatue siano le accuse ai "pesticidi" di causare danni al Dna di persone e animali.
Accuse reiterate purtroppo in diverse aree sensibili, come per esempio la Val d'Adige in occasione di incontri sedicenti scientifici con l'atterrita popolazione locale.
Di certo, parlando di agrofarmaci, vi è spesso una differenza abissale fra ciò che un'etichetta commerciale riporta, con vari pittogrammi e frasi H, e quello che quel prodotto rappresenta in termini di rischi oggettivi per l'uomo e per l'ambiente. Per esempio, un prodotto bollato come mutageno a seguito dei test in vitro potrebbe avere un profilo fisico-chimico e una modalità di applicazione in campo tale per cui non arriverà mai all'uomo, oppure ci arriverà in dosi molto inferiori a quelle cui le cellule sono state esposte in laboratorio, senza peraltro la protezione del resto dell'organismo.
In conclusione, è sempre bene diffidare di quei test svolti in vitro con obiettivi fin troppo chiari, ovvero dimostrare oggi la genotossicità di una molecola da demonizzare, oppure santificare domani qualche estratto naturale cui si attribuiscono effetti miracolosi sui tumori. Esiti che perdono ogni senso logico quando traslati al di fuori delle capsule Petri in cui quei test sono stati furbescamente svolti.
Perché con i test in vitro un ricercatore, se spregiudicato, può dimostrare tutto e il contrario di tutto, a seconda della convenienza o dell'orientamento ideologico.
Riferimenti:
1) ) Bruce N. Ames, Frank D. Lee, and William E. Durston (1973). "An improved bacterial test system for the detection and classification of mutagens and carcinogens". Proc Natl Acad Sci U S A 70 (3): 782-786
Perché la tossicologia, in fondo, è più semplice da comprendere di quanto sembri.