Non avete mai pensato che il latte bovino fosse anche un antioidico? Qualcuno lo ha fatto ed è anche riuscito a ottenere il gradimento di tutti gli Stati Ue con la benedizione dell’Efsa, che ha appena pubblicato il risultato della valutazione della domanda della non meglio identificata ditta “Basic-Eco-Logique” per iscrivere il celebre alimento nella lista delle “sostanze di base” per via della sua attività nei confronti del mal bianco, come effetto barriera e stimolatore delle difese naturali delle piante (vite, orticole, ornamentali e soia).

Secondo la documentazione esaminata dalle autorità, trattamenti fogliari a dosi comprese tra 10 e 270 litri di latte per ettaro sarebbero in grado di prevenire e talvolta curare gli attacchi degli oidi di vite, orticole, ornamentali e soia. I trattamenti (3-6 ogni 6-12 giorni a seconda della coltura) vanno effettuati preventivamente e va rispettato un tempo di carenza di 8 giorni, più per motivi estetici/organolettici che sanitari.

Il meccanismo d’azione non è ancora stato pienamente delucidato: alcuni ricercatori attribuiscono l’efficacia alla produzione, in seguito all’azione dei raggi solari, di radicali liberi, composti che causerebbero il disseccamento delle ife fungine. Anche la lattoferrina, sostanza con comprovate attività antibatteriche, sembra abbia un ruolo importante. La tecnica sembra sia adottata da anni dagli agricoltori biologici e non solo. Indubbiamente gli alti dosaggi non favoriscono la comodità di utilizzo, oltre alla necessità di risciacquare le derrate trattate prima della loro immissione al consumo.
Tutto da verificare il conto economico: anche approvvigionandosi direttamente dal produttore e pagando il latte 30-40 centesimi al litro, il costo di questo mezzo tecnico verrebbe ad aggirarsi dai 30 sino al centinaio di euro per ettaro, una cifra tutt’altro che trascurabile.
L’utilizzo del latte bovino come sostanza di base sarà possibile una volta che sarà pubblicato sulla Gazzetta Ue il relativo regolamento di esecuzione.

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