A volte basta solo incontrarsi e parlare, confrontarsi, e molte incomprensioni cadono come muri di carta velina. Per esempio, sull’affair Xylella, l’agente patogeno del disseccamento degli ulivi nel Salento, si è infatti detto tutto e il contrario di tutto, animando polemiche e accuse reciproche fra il mondo scientifico-normativo e quello dei media. Ora però s’intravede la pace fra i suddetti contendenti.
 
Riassumendo il nodo della disputa, da un lato vi sono tecnici e scienziati che lamentano da tempo un forte sensazionalismo da parte della stampa generalista, accusata di propalare notizie fuorvianti e talvolta di reinventarsi di sana pianta ciò che le era stato debitamente comunicato. Dall’altro si schiera invece proprio la stampa, per lo meno quella non di settore, la quale lamenta il fenomeno opposto, ovvero la poca chiarezza nella comunicazione da parte del suddetto comparto tecnico. Poi per forza che un giornalista non può fare correttamente il proprio lavoro se le fonti sono insoddisfacenti o contraddittorie. Men che meno possono farlo i titolisti, i quali devono poi arrampicarsi sui vetri per trovare ogni santo giorno titoli a effetto per attrarre i lettori. Ognuno ha infatti i suoi problemi: i tecnici devono arginare la Xylella, i giornalisti e i titolisti devono far leggere i propri articoli.
 
Su queste contrapposte posizioni si è incentrata buona parte della tavola rotonda tenutasi il 10 dicembre a Bari, in occasione del 27° Forum di medicina vegetale organizzato da Arptra, l’associazione dei tecnici pugliesi.
 
A difendere le posizioni della scienza Donato Boscia e Anna Percoco, il primo dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante, afferente al Cnr di Bari. La seconda dell’Osservatorio fitosanitario pugliese. A portare invece il punto di vista della stampa generalista Lino Patruno, direttore del master di giornalismo presso l’Università di Bari. La stampa specializzata di settore ha invece visto schierati Antonio Boschetti, direttore de L’Informatore Agrario, Lorenzo Tosi, Terra e Vita, e Donatello Sandroni, scrittore e giornalista.
Nel mezzo, Franco Valentini e Marco Ferrazzoli, rispettivamente del Ciheam e Capo ufficio stampa del Cnr, i quali hanno analizzato i trend dominanti sul tema Xylella dal punto di vista della comunicazione istituzionale.
 
In effetti, l’acceso dibattito scientifico che ha caratterizzato il problema nelle sue prime fasi non ha contribuito a fornire una fotografia univoca e lapidaria della situazione. Ciò ha dato fiato all’idea che tutto potesse essere vero e al contempo falso. Come pure che la scienza, in fondo, nemmeno lei ci capisce un’acca di morie degli ulivi, brancolando nel buio e abbattendo perciò a casaccio alberi senza nemmeno sapere se ciò servirà ad arginare l’epidemia.
 
Nella scienza è però normale che si discuta, anche animatamente, quando il quadro non sia sufficientemente chiaro. Teorie di un tipo si fronteggiano con altre di segno opposto, dando purtroppo l’impressione che la scienza sia divisa e non sappia bene nemmeno lei cosa fare. Poi però le teorie perdenti cedono il passo a quelle vincenti, fino a che la versione finale resta una e solo una. Magari non perorata dal 100% degli scienziati, ma questa è una situazione che accomuna ogni tema scientifico, dagli Ogm ai cambiamenti climatici. Due temi ove il 90% degli scienziati si è espresso chiaramente, pur restando comunque minoranze che la cantano diversamente.
Guai però a pensare che un’opinione valga l’altra. La scienza, infatti, non è democratica e uno non vale uno, come ormai si suole dire.
Solo i dati comandano, infatti, e quando un’opinione sbagliata incontra i dati giusti è l’opinione che deve cedere il passo.
Perché, ribadiamolo, le opinioni sono opinioni e restano legittime solo finché una prova contraria non le confuti. Dopodiché non sono più legittime: sono sbagliate e continuare a perorarle è segno o di stupidità o di disonestà.
 
Ora sulla Xylella si è arrivati proprio a questa situazione. Le cause sono ormai chiare, come pure chiare sono le azioni da compiere, per quanto tristi e contestate. 
 
A complicare il quadro sono però sopraggiunti temi che con la tecnica hanno ben poco a che vedere, come le infrazioni aperte dalla Ue a carico dell’Italia (sì ci sono, no non ci sono, anzi sì: ci sono), oppure i ricorsi al Tar e ai tribunali, con sequestri di computer e accuse “untorie” proprio nei confronti di chi si sbatteva per trovare soluzioni. Un pasticciaccio brutto che non fa certo onore al Bel Paese, mostrandolo agli occhi stranieri per quello che è: una gazzarra “minestronica” dai garbugli politici e mediatici inestricabili e incomprensibili.
 
Nel mezzo, ça va sans dire, si sono infilati i mille ciarlatani che di solito sguazzano in tali situazioni, offrendo miracoli tanto esoterici quanto costosi. E devono anche essere molto bravi a comunicare, i suddetti ciarlatani, perché spesso sono stati proprio loro a godere di spazi privilegiati su molti organi di stampa, i quali, forse, non si devono esser sentiti chiamati in causa dal punto di vista della verifica scientifica delle fonti. Loro, del resto, devono dare la notizia per quel che è, mica possono perdere tempo a verificare se della banale acqua, accreditata però di poteri occulti, possa aver fatto risorgere sul serio piante date per morte. Che diamine, in certe redazioni ci sono magari solo tre o quattro giornalisti, spesso pure sottopagati, che un giorno devono consegnare un pezzo accattivante sulla salute, un altro sulla politica e un altro ancora sulla Xylella. Chiedere accuratezza nella verifica delle fonti pare quindi superare le umane possibilità.
 
E così, via discorrendo, gli attriti fra tecnici e media si sono acuiti sempre più. Ciò fino a questa tavola rotonda. Le parole di Patruno, infatti, aprono ora nuovi orizzonti, nuovi spiragli di pace e di collaborazione fra scienza, tecnica, giornalismo di settore e stampa generalista. La voglia di pubblicare notizie chiare, nette, veritiere, è infatti emersa prepotentemente dalle parole del Direttore.
Un richiamo forte e nitido al mondo tecnico che quelle informazioni detiene, ma che evidentemente non è stato capace sinora di comunicarle correttamente a chi poi doveva divulgarle.
 
Ora non resta quindi che abbassare i ponti levatoi che hanno finora diviso i due schieramenti, facendo sì che la sete di verità palesata della stampa generalista venga estinta dalla fornitura puntuale di comunicazioni tecniche precise, inequivocabili e insindacabili.
Con grande sollievo anche dei titolisti, il cui lavoro sarebbe forse un po’ più agevole rispetto al passato.
 
A volte, come si vede, la soluzione è lì, a un palmo di naso. Basta parlarsi, comunicare. E così agendo, magari, di titoli raccapriccianti, di articoli farlocchi, di allarmismi ingiustificati, di travisamenti delle dichiarazioni altrui e di spazi donati al ciarlatano di turno, finalmente, non se ne dovrà leggere più.

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