Sostegno finanziario, ricerca applicata e accrescere la fiducia del consumatore. Questa la ricetta della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo che ha approvato una relazione di iniziativa dal titolo emblematico: “Sul futuro del settore orticolo in Europa – strategie per la crescita”, responsabile l'eurodeputata Anthea McIntyre (britannica, conservatrice).
La relazione sottolinea l'importanza di promuovere il settore orticolo europeo e renderlo in grado di competere nel mercato globale alla luce delle principali difficoltà che si trova oggi ad affrontare. La prima è di carattere generale: l'adeguamento agli effetti del cambiamento climatico. L'effetto dell'aumento delle temperature e della CO2 in Europa, sta determinando uno spostamento delle colture attuali verso nord, un fattore da non sottovalutare visto che, rispetto ai seminativi, le colture orticole sono più sensibili al mutamento delle condizioni, e la carenza idrica esercita un'influenza diretta sulla produzione.
Poi c'è la questione dei costi. I piccoli produttori meno specializzati sono in diminuzione, dal momento che la concorrenza delle importazioni e degli altri coltivatori impone un adeguamento dell'industria e l'impiego di attrezzature e metodi di produzione sempre più all'avanguardia. Dall'altra parte il consumatore si sta facendo sempre più esigente in termini di praticità nell'acquisto e nella preparazione dei cibi, ed è sempre più attento alla sicurezza e alla qualità degli alimenti.
Proprio la mancanza di fiducia nelle catene di fornitura è forse l'elemento più significativo che influenza il settore dei prodotti freschi.
Per questo il rapporto invita la Commissione europea da una parte a rafforzare il finanziamento a questo settore dell'agricoltura – che sia pur rappresentando il 18% del valore complessivo della produzione agricola dell'Ue, riceve molto poco dall'attuale Politica agricola comune viste le piccole dimensioni di questi terreni (nel 2007 oltre il 70% delle società ortofrutticole non superava i cinque ettari) – dall'altra a incentivare lo sviluppo di progressi tecnologici indispensabili a garantire che gli alimenti siano sicuri, sani, nutrienti e convenienti.
Ed è proprio sulle tecnologie che il rapporto tocca un argomento piuttosto controverso, almeno in Italia.
“Il ricorso alle modifiche genetiche per il trasferimento dei geni di interesse tra organismi diversi si è dimostrato una potente tecnica per l'introduzione nei vegetali di nuovi tratti quali la resistenza alle malattie e agli agenti di stress o maggiori proprietà nutrizionali”, si legge nelle motivazioni della relazione, che poi prosegue: “Questa tecnologia può dimostrarsi preziosa nello sviluppo di varietà vegetali orticole la cui coltura con i metodi riproduttivi tradizionali risulta difficile o richiede molto tempo”.
Insomma Ogm? Quasi.
Il testo chiede alla Commissione di “distinguere le piante transgeniche da quelle cisgeniche e di creare procedure di approvazione diverse per queste ultime, riconoscendo così che la cisgenesi è un'estensione della riproduzione vegetale e non una forma di alterazione genetica”.
Un altro punto piuttosto controverso è il riferimento ai neonicotinoidi, contenuti in alcuni prodotti fitosanitari per l'agricoltura. Il testo chiede alla Commissione europea di “riconsiderare l'attuale divieto all'uso di alcuni neonicotinoidi e valutare adeguatamente l'impatto economico e ambientale di tali vincoli prima della loro introduzione”. Si tratta della messa al bando da parte della Commissione per due anni dell'uso di tre agrofarmaci (clothianidin, imidacloprid e thiametoxam) appartenenti alla famiglia dei neonicotinoidi, sospettati di rappresentare un rischio elevato per la salute e la vita delle api.
Una cosa è sicura: il persistere di pratiche commerciali sleali nell'Ue ledono le attività orticole e riducono la fiducia dei coltivatori negli investimenti per il futuro.
Per questo, il testo ritiene che la presenza di “codici di condotta” concordati da tutti i soggetti della catena di fornitura, sostenuti da un quadro legislativo e garantiti dalla supervisione di un arbitro nazionale in ogni Stato membro apporterà notevoli miglioramenti al funzionamento della catena alimentare e del mercato interno. Infine le Organizzazioni di produttori (Op).
Ad oggi più della metà dei coltivatori Ue non appartiene a una Op, nonostante l'obiettivo della Commissione europea di raggiungere un tasso medio di associati del 60% entro il 2013, obiettivo largamente mancato.
Per questo alla Commissione viene chiesto di indicare regole pratiche più chiare in merito alla configurazione e alla gestione delle stese Op.
Il testo verrà votato in sessione plenaria del Parlamento europeo di febbraio o marzo. Pur non avendo valore legislativo, rappresenta una posizione ufficiale del Parlamento europeo.