Positive le reazioni degli agromeccanici ai primi interventi messi in campo a livello nazionale e regionali per risolvere la crisi del pomodoro da industria, settore in cui le imprese agromeccaniche intervengono massicciamente nelle diverse operazioni colturali con picchi che superano il 90% nella fase di raccolta.
"Il mancato ritiro della produzione non sarebbe drammatico solo per gli agricoltori, ma anche per gli agromeccanici - dichiara il presidente di Unima, Aproniano Tassinari – va infatti considerata la pesante incidenza delle lavorazioni che le nostre aziende effettuano in tutto il ciclo colturale. Il mancato ritiro del prodotto dall'agricoltore, nella maggior parte dei casi si tradurrebbe per l'agromeccanico nel mancato pagamento della propria opera. In considerazione del fatto che sono finiti gli aiuti comunitari accoppiati per il comparto, dunque, l'impegno preso dai trasformatori nella riunione al Mipaaf il 30 agosto a onorare i contratti relativamente al prezzo e ai quantitativi pattuiti per conferimento alle aziende e accordi come quello sottoscritto in Toscana, divengono fondamentali per mantenere in vita una delle filiere più importanti del settore primario nazionale".
"Nella nostra regione - spiega Licia Gambini, segretario della Federazione regionale imprese di meccanizzazione agricola della Toscana - la coltivazione del pomodoro da industria è una delle attività più importanti svolte dagli agromeccanici, al punto di rappresentare in media tra il 20% e il 25% del fatturato annuale delle aziende che se ne occupano, per un volume di affari che si aggira intorno ai 2 milioni di euro per la sola operazione di raccolta e una capacità occupazionale di diverse migliaia di operatori. Il pronto intervento della giunta regionale e l'accordo raggiunto significano dunque la salvezza di diverse aziende e di migliaia di posti di lavoro".
"Come associazione nazionale – conclude Aproniano Tassinari – auspichiamo vivamente che i brillanti risultati ottenuti dalle istituzioni toscane vengano replicati in tutte le aree del Paese interessate dal problema. A livello nazionale e comunitario, comunque, rimane indispensabile una regolamentazione seria dell'etichettatura. Altrettanto regolate devono essere le importazioni di derivati, come ad esempio il concentrato dalla Cina, che potranno anche essere economicamente vantaggiose, ma che spesso non danno la minima garanzia per la salute dei consumatori e sono, a mio avviso, un fenomeno osceno in un paese dagli alti livelli produttivi come l'Italia".
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Fonte: Unima