La frenata del vino

A partire dal prossimo anno il vino italiano potrebbe ingranare la retromarcia e avviarsi verso un periodo di recessione.

Gli incassi del vigneto Italia, per la prima volta dai tempi del metanolo del 1986, sono previsti in forte calo.

Lo scrive Luciano Ferraro sulle pagine del Corriere della Sera del 7 novembre dedicate all'economia, prendendo spunto dalle analisi dell'Osservatorio del vino dell'Unione italiana vini, che sarà presentato al forum internazionale W2W di Verona.

 

Colpa della riduzione dei consumi e del contemporaneo aumento dei costi e fra poco tempo neppure le bollicine italiane potranno continuare la loro corsa che prosegue da tempo.

L'unico rimedio è quello di ridurre la produzione di almeno 3 milioni di ettolitri, in particolare nella fascia bassa, quella dei vini comuni.

Le previsioni dell'Osservatorio sono sconfortanti in quanto nel 2023 sono attese riduzioni per tutte le tipologie di imprese.

Il rischio, conclude l'articolo, è quello di trovarsi con un surplus di prodotto invenduto.

Non resta che aumentare gradualmente i listini, percorso irto di ostacoli in un settore dove gli speculatori giocano spesso al ribasso.


Emergenza fertilizzanti

Negli ultimi due anni i costi per l'importazione dei fertilizzanti sono triplicati, cosa che nel caso dell'Italia comporta una spesa extra di oltre 800 milioni.

Il problema, è legato a stretto filo con la crisi del gas e con la guerra in Ucraina, come spiega Il Sole 24 Ore dell'8 novembre citando le stime di Grain e dell'Institute for Agriculture and Trade Policy (Iatp).

In Europa i produttori di fertilizzanti azotati, che richiedono l'impiego del gas, hanno fermato il 70% della capacità degli impianti a causa dei costi divenuti insostenibili.

 

Contemporaneamente si sono assottigliate le forniture dalla Russia, uno dei maggiori esportatori mondiali.

Un problema che minaccia a livello mondiale di ridurre le rese agricole e di infiammare ulteriormente i prezzi dei generi alimentari.

Per superare il problema si suggerisce di ridurre il consumo di fertilizzanti, evitando sprechi e ricorrendo maggiormente ai concimi naturali e alle pratiche agroecologiche. Una strategia che potrebbe tuttavia rivelarsi fallimentare.


Eima, il digitale in primo piano

È un corposo speciale quello che Il Resto del Carlino del 9 novembre dedica all'Eima, l'esposizione internazionale delle macchine agricole in calendario nel quartiere fieristico bolognese dal 9 al 13 novembre.

Ampio lo spazio che il salone bolognese ha dedicato alle innovazioni e in particolare alle tecnologie digitali.

L'innovazione nel campo della meccanica agricola svolge infatti un ruolo chiave nel migliorare l'efficienza dei processi produttivi del primario, ma anche per garantire la salubrità e la qualità delle produzioni agricole.

 

Non a caso il censimento dell'agricoltura italiana ha evidenziato che tra il 2018 e 2020 le oltre 250mila innovazioni introdotte hanno interessato prevalentemente i mezzi meccanici di base, dalle seminatrici sino alle attrezzature per la lavorazione del terreno e per i sistemi di irrigazione.

La maggiore introduzione di tecnologie digitali ha poi favorito lo sviluppo di un'agricoltura di precisione che ha aumentato significativamente la qualità delle produzioni e contemporaneamente la sostenibilità ambientale.

Prossimo passo è quello della robotizzazione, macchine in grado di operare in maniera autonoma e di auto-apprendere, adattando il comportamento ai cambiamenti ambientali.

Una rivoluzione tecnologica alla quale il salone bolognese ha dedicato gli spazi specialistici intitolati Eima digital.

 

Clima e genomica

Per fronteggiare i cambiamenti climatici l'agricoltura dispone di sole due armi, un'informazione climatica accurata e la ricerca di varietà che resistano al cambiamento.

Ne scrive Alberto Magnani sulle pagine de Il Sole 24 Ore in edicola il 10 novembre, prendendo spunto dalle considerazioni espresse da Matteo dell'Acqua, della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa.

In particolare gli strumenti della genomica possono essere la chiave per dischiudere il potenziale delle risorse genetiche tradizionali e identificare i fattori che possono poi essere trasferiti in nuove varietà per migliorare caratteristiche di sostenibilità e di produttività.

 

Si cita a questo proposito la proliferazione di Ug99, una ruggine del grano riscontrata in Uganda alla fine del secolo scorso e poi arginata con strumenti genetici specifici, come quelli scoperti in varietà di grano etiopi.

L'incrocio fra dati genomici, prosegue l'articolo, e informazioni climatiche può dare vita a strumenti sempre più raffinati per la produzione di varietà che rispondano a bisogni specifici, a partire dalla capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.


Agricoltura e ambiente

Complice lo svolgimento in Egitto del Cop27, sigla che sta a indicare la "Conferenza delle Parti", il tema dei cambiamenti climatici e della tutela dell'ambiente è rimbalzato su molti giornali in edicola questa settimana.

Fra questi anche il Corriere della Sera dell'11 novembre che ospita la lettera a firma del presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti.

Commentando un precedente articolo di Maurizio Martina, pubblicato sempre dal Corriere della Sera, Giansanti ricorda come spesso l'agricoltura sia ingiustamente sul banco degli accusati quando si parla di ambiente.

Purtroppo si tende ancora a contrapporre la sostenibilità ambientale con quella economica, mettendo a rischio il potenziale produttivo delle aziende.

 

Tenuto conto del difficile periodo storico che si sta attraversando, le attuali politiche agricole rischiano di essere insufficienti per rispondere alle sfide che ci attendono.

Nel prossimo decennio si chiede alla produzione agricola globale di aumentare del 28%, il che equivale al il triplo di quanto avvenuto nei 10 anni precedenti, mantenendo al contempo il controllo delle emissioni.

Bisogna ripensare, conclude Giansanti, il modello agricolo puntando ad un aumento di produttività e competitività nel rispetto delle risorse naturali e combattendo gli effetti del cambiamento climatico.

Per farlo è necessario mettere in campo vere politiche economiche pensate per la crescita dell'agricoltura e del Paese, nella consapevolezza che in assenza di un'agricoltura solida, competitiva e sostenibile non potrà esserci una vera svolta climatica.


Firma geochimica per l'olio

E' possibile stabilire quale sia il terreno sul quale una pianta è stata coltivata? Nel caso degli ulivi, o meglio delle olive e dell'olio che da esse si ricava, la risposta è sì.

Merito delle ricerche messe a punto da Enea nel Centro Ricerche di Frascati dove è stato messo a punto un sistema per identificare la firma geochimica del suolo trasferita alle olive.

Facile immaginare i riflessi pratici di questa ricerca, che consentirà di scoprire eventuali frodi ai danni delle produzioni a marchio di origine.

Il punto su queste ricerche lo fa Davide Madeddu sulle pagine de Il Sole 24 Ore del 12 novembre, confermando che esiste la possibilità di distinguere i campioni di olive e di foglie per area di produzione, in base alle differenti caratteristiche del suolo.

 

Claudia Zoani, ricercatrice della Divisione Biotecnologie e Agroindustria, ricorda tuttavia che sono necessari ulteriori studi per valutare quali caratteristiche del terreno possono influenzare la presenza dei vari elementi nelle olive e verificare l'eventuale influenza di fertilizzanti o di agrofarmaci.

Oltre a stabilire la provenienza delle olive, questa tecnologia potrebbe anche fornire indicazioni sullo stato di "salute" del suolo, evidenziando eventuali fattori di inquinamento.

 

Attenti a quella carne (artificiale)

Nulla a che vedere con le imitazioni della carne a base di prodotti vegetali, quella che sta per arrivare sui mercati è carne artificiale, prodotta in laboratorio.

L'obiettivo di chi la produce è quello di sostituire i prodotti naturali con quelli artificiali.

Lo scrive Attilio Barbieri su Libero del 13 novembre e nel mirino degli investitori non c'è solo la carne realizzata in bioreattori, ma anche il latte ottenuto con la fermentazione di proteine animali o il miele di sintesi che non ha visto né api né alveari.

 

Per fare breccia nell'opinione pubblica e per ottenere credibilità a livello politico la lobby degli alimenti artificiali utilizza la leva ambientale.

Il risultato, assai pericoloso, potrebbe essere quello dell'abbandono delle campagne con pesanti conseguenze sull'ambiente e sulla tutela del territorio.

Per di più non si tiene conto che la filiera zootecnica italiana può già vantare di essere "carbon neutral".

Inoltre, conclude l'articolo, non sono ancora conosciute le conseguenze che il consumo di questi alimenti artificiali potrebbe avere sulla salute e nemmeno sono note le possibili ripercussioni sull'ambiente.


"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
Ogni lunedì uno sguardo agli argomenti affrontati da quotidiani e periodici sui temi dell'agroalimentare e dell'agricoltura, letti e commentati nell'Edicola di AgroNotizie.

Nel rispetto del Diritto d'Autore, a partire dal 23 novembre 2020 non è più presente il link all'articolo recensito.

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