I soldi della Puglia

La Puglia può vantarsi di essere annoverata fra le regioni con le maggiori disponibilità economiche legate ai Psr (Piani sviluppo rurale) del 2014-2020. Per contro è anche agli ultimi posti nella capacità di spesa di queste risorse.
Così, dei complessivi 1,6 miliardi di euro a disposizione sono stati utilizzati sino ad oggi solo 578 milioni. E si profila il rischio che i soldi non spesi debbano essere restituiti a Bruxelles.
E’ quanto denuncia la “Gazzetta del Mezzogiorno” del 2 novembre, puntando il dito contro ritardi e inefficienze che ora si chiede siano risolti.
Fra i settori che più soffrono di questa situazione c’è quello dei giovani e del settore oleario.
Cooperative e frantoi, si spiega nell’articolo, non hanno potuto utilizzare i 40 milioni di euro per le strutture di stoccaggio, che avrebbero potuto dare un aiuto alla stagnazione di mercato.
 

Pomodoro superstar

Annata record per il pomodoro da industria che chiuderà questo anno produttivo con una produzione di 5,26 milioni di tonnellate, il 7,6% in più rispetto all’anno precedente.
Sono queste le rilevazioni di Anicav (Associazione nazionale industriali delle conserve alimentari vegetali), riportate da “Il Sole 24 Ore” del 3 novembre.
Con questi numeri e con una superficie destinata a questa coltura di quasi 66mila ettari, l’Italia consolida la sua leadership nel comparto.
A fianco di queste note positive si collocano tuttavia alcune zone d’ombra. L’emergenza sanitaria ha comportato un netto calo delle vendite nel canale della ristorazione collettiva, mentre gli stock di magazzino delle confezioni per le famiglie sono stati praticamente azzerati.
Segnalato inoltre un calo delle rese, a fronte però di un innalzamento degli standard qualitativi e un maggiore impiego di pomodoro fresco.
In aumento poi il canale delle esportazioni, che hanno segnato un più 5,4% in volume e un più 12% in valore.
 

Troppi cinghiali

Due milioni di cinghiali, tanti ne indicano le stime sulla consistenza di questi selvatici. Con molti problemi per gli agricoltori, alle prese con campi e coltivazioni danneggiate.
Problemi ai quali si aggiungono i pericoli per la circolazione stradale, con incidenti che avvengono con sempre maggiore frequenza e con conseguenze anche tragiche.
L’abbattimento con le attività venatorie si è dimostrato non sufficiente a contenere il problema e dal Piemonte arriva una proposta risolutiva: la sterilizzazione degli animali.
Del progetto si parla su “La Stampa” del 4 novembre, che ne illustra le modalità. Si farebbe ricorso ad alcuni farmaci, da somministrare insieme agli alimenti, in grado di indurre una lunga sterilità, comunque reversibile.
Ma non tutti sembrano essere d’accordo, compresi i cacciatori.
 

Il cinghiale “untore”

La peste suina africana fa sempre più paura. I focolai si moltiplicano e molti paesi europei, come la vicina Germania, sono già alle prese con questo temibile virus dei suini.
A favorirne la diffusione sono i cinghiali, il cui numero è in continuo aumento e le cui scorrerie sono sempre più frequenti, creando allarme oltre ai danni.
Ora dalla ministra per le Politiche agricole, Teresa Bellanova, arriva la conferma, riportata da “Italia Oggi” del 5 novembre, che si sta predisponendo un decreto per un piano nazionale di gestione e controllo delle popolazioni di cinghiali.
A quanto afferma Bellanova, non si pensa a nuove forme di contenimento, ma a una applicazione più efficiente delle norme esistenti.
Il tutto con la consapevolezza che l’ingresso della malattia negli allevamenti italiani sarebbe ingestibile e con danni incalcolabili.
 

Allevamenti inconsueti

Di nuove formule di allevamento si è sempre parlato diffusamente, come lumache, bachi da seta, lombrichi e via elencando. Ma per ora nessuno, o davvero pochi, si erano cimentati nell’allevamento di farfalle, non solo a scopo ornamentale, ma anche a fini ambientali e di utilità.
Ad avere questa originale idea due giovani biologici che nella campagna trevigiana hanno dato vita a questo inconsueto allevamento del quale si parla diffusamente su “Il Gazzettino” del 6 novembre.
Dopo anni di esperimenti, si legge, i due allevatori di farfalle sono riusciti a mettere a punto tecniche efficienti per la riproduzione delle farfalle, dall’uovo al bruco, sino allo sfarfallamento.
Ma la loro attività non si ferma lì. Grazie al sostegno dei Psr, stanno ora studiando biomolecole contro alcuni parassiti delle api.
Poi accarezzano l’idea di allevare insetti a fini alimentari, ma i vincoli da superare sono ancora molti e il progetto è fermo nei cassetti, in attesa di tempi migliori.
 

Una legge per il florovivaismo

Si avvicina per il florovivaismo l’approvazione del Testo unico del settore. La proposta di legge sulla promozione e valorizzazione del settore e sulle regole della produzione è stata approvata dalla Camera per passare poi alla valutazione del Senato.
Ne dà notizia “Italia Oggi” del 7 novembre, anticipando che la normativa in discussione prevede specifici finanziamenti per la promozione e per la ricerca di nuova varietà.
Altri sostegni arriveranno dai programmi di sviluppo regionali, dando priorità alle organizzazioni dei produttori.
Ulteriore capitolo preso in esame è quello della formazione e innovazione, passando anche attraverso le scuole dell’obbligo.
Per l’esercizio della attività si vorrebbe infine definire i requisiti da soddisfare da parte degli operatori.
A livello nazionale, inoltre, sarà predisposto un tavolo tecnico di settore, con il compito di monitorare e coordinare le attività, senza dimenticare gli aspetti ecologici.
 

I numeri non dicono tutto

Se si guardano solo i numeri, l’agricoltura italiana gode di una salute invidiabile e certo migliore di tanti altri paesi europei.
Il valore della produzione di un ettaro di terra in Italia supera i 2500 euro, il doppio che in Francia e Spagna.
Anche se poi bisogna fare i conti con la disponibilità di terre agricole utilizzabili e il conto finale ci vede al terzo posto con 58,5 miliardi (tanto vale il sistema agroalimentare), dietro a Francia (78 miliardi) e Germania (61 miliardi).
Sono i numeri emersi dalla recente analisi del settore presentata al "Forum delle economie", promosso da un istituto di credito e alcune organizzazioni del settore, delle quali riferisce in dettaglio “Il Messaggero” dell’8 novembre.
Bene anche i nostri numeri dell’export, cresciuti fra gennaio e luglio del 2,5%, ma altri hanno fatto assai meglio di noi.
Visto così, solo con i numeri, il settore agroalimentare sembra vivere una stagione d’oro. La verità però è diversa. Anche il comparto agroalimentare sta soffrendo a causa di uno scenario di mercato dominato dall’incertezza.
In qualche caso, come per il vino, accusando pesanti perdite soprattutto sul fronte dell’export.
L’articolo si conclude ricordando che il settore non può rimanere ai margini dell’interesse politico, mentre occorre prestare attenzione alle migliaia di piccole aziende che hanno importanza sia per l’economia sia per la tutela dell’ambiente.
"Di cosa parlano i giornali quando scrivono di agricoltura?"
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