'I risultati dello studio dell'Università di Barcellona ripresi oggi da alcune riviste scientifiche dimostrano una volta di più e con autorevolezza che nel particolare contesto dell'Europa mediterranea la coesistenza fra coltivazioni Ogm in pieno campo e colture biologiche è impossibile', ha dichiarato il presidente di FederBio, l'organizzazione unitaria dell'agricoltura biologica italiana, commentando la pubblicazione su Science Daily di parte degli esiti del primo progetto europeo di ricerca sul campo relativo alla coesistenza fra colture geneticamente modificate, convenzionali e biologiche.
'Nella regione dell'Aragona dal 2004 al 2007 la coltivazione del mais biologico è calata del 75% a causa dell'impossibilità di certificare il prodotto per la contaminazione derivante dalla coltivazione in pieno campo di mais BT geneticamente modificato, che in quella regione ha raggiunto nel tempo oltre il 40% delle superficie coltivata a mais. E' inoltre evidente che i costi molto elevati da sostenere per una segregazione efficace hanno ulteriormente spinto per una scomparsa delle coltivazioni biologiche nei territori interessati', ha proseguito Carnemolla.
'Ribadiamo quindi che la nostra opposizione alle coltivazioni Ogm non ha nulla di ideologico ma è una semplice questione di sopravvivenza per un'agricoltura che non solo è per il nostro Paese e per le imprese elemento oggi importante di competitività sui mercati ma ha una insostituibile funzione ambientale e sociale. Il problema non è la ricerca e la sperimentazione delle colture Ogm, specie se condotta da strutture pubbliche con rigore e sicurezza, il tema vero sono le scelte che la politica a livello nazionale e regionale è chiamata a fare per il futuro del nostro sistema agricolo e alimentare', ha concluso il presidente di FederBio.