Verso la 'health check' della Pac. Con quali scenari si prepara l'agricoltura italiana ad affrontare il controllo?
Il 'controllo dello stato di salute' della Pac non può determinare, in questa delicatissima congiuntura, cambiamenti radicali come quelli proposti dalla Commissione. Al settore agricolo europeo serve invece (per lo meno sino al 2013, fine del periodo di programmazione finanziaria dell'Ue) stabilità delle norme, delle condizioni di mercato e degli strumenti di sostegno. Il tutto per continuare a garantire l'approvvigionamento di derrate alimentari di qualità, nonché la gestione del territorio e del paesaggio, a beneficio dei cittadini e del Paese.

Quali mercati potranno confermare le tendenze di crescita registrate nel 2007 e quali mercati potrebbero fare i conti con un rallentamento?
Nel complesso, l'ultima annata non è stata negativa, forse la svolta è iniziata ma non si può dire superata la fase negativa che caratterizza la nostra agricoltura da alcuni anni. In questo senso, gli aumenti per alcune materie prime sono positivi ma vanno considerati per quello che sono: si è trattato di un semplice recupero mentre i costi aumentano anche più rapidamente dei prezzi. Infine, va verificato quanto essi possano considerarsi duraturi. Invece, occorre intervenire e subito sui comparti in difficoltà; a partire dalla zootecnia da carne bovina e suina; quest'ultima, in particolare, vive una difficile crisi che sta diventando strutturale. Quello che mi preoccupa sono i costi di produzione (compresi il costo del lavoro e gli oneri più o meno 'occulti' della burocrazia ecc.) che non fanno quadrare i conti alle imprese, non facilitano la competizione sui mercati internazionali e portano ad una diminuzione dei redditi come sottolineano le statistiche europee.

Zootecnia italiana in difficoltà. Pesante crisi per il settore suinicolo, progressiva crescita delle importazioni di carne bovina dall'estero: come uscirne e quali prospettive potrebbero profilarsi all'orizzonte con l'applicazione della Direttiva nitrati?
Una profonda ed attenta riorganizzazione della filiera suinicola si rende necessaria ed urgente alla luce delle forti fluttuazioni che il comparto sta affrontando sia a livello europeo che in particolare a livello nazionale. Una necessità improcrastinabile in quanto è evidente che il settore da solo non riesce a superare una crisi che, associata ad una riduzione delle capacità produttive, per l’applicazione della direttiva nitrati, ed ai fortissimi aumenti registrati nelle quotazioni dei mangimi, che incidono per il 75% sui costi di produzione, mette il settore a rischio di sopravvivenza. Condizioni di difficoltà produttiva che indeboliscono anche il settore della carne bovina che, paradossalmente, soffre anche in presenza di una domanda che rimane costante. In questo contesto, appaiono incomprensibili i vincoli posti a livello comunitario che finiscono col favorire le importazioni di carni provenienti da Paesi che hanno difficoltà a garantire standard minimi di sicurezza.

Dal 1° aprile prossimo l'Unione europea aumenterà in misura lineare del 2% le quote latte. Quali riflessi sul comparto lattiero caseario? Quanto è concreta l'ipotesi dell'abolizione del sistema delle quote latte a partire dal 2015? Cosa potrebbe accadere in Italia e in Europa con il libero mercato?
Intanto occorre attendere la decisione politica definitiva; anche considerando che alcuni grandi Paesi si sono già opposti alla proposta della Commissione europea. In ogni caso, l'effetto di un aumento dei quantitativi di riferimento per il nostro Paese è stato stimato: un incremento anche minimo, secondo l'Ismea, farebbe aumentare l'importazione di latte del 34% da altri Paesi europei, a fronte di un incremento solo marginale delle esportazioni. I prezzi alla stalla diminuirebbero, ma non è detto che i consumatori ne avrebbero benefici. La previsione della fine del regime delle quote, non può comunque non prevedere una compensazione per gli allevatori che in questi anni hanno investito per acquisire nuovi quantitativi di riferimento.

Il 2007 è stato caratterizzato per l'esplosione dei listini dei cereali. Quali sono le previsioni per il biennio 2008-2009 e quali le soluzioni da adottare per contenere i costi alimentari delle aziende zootecniche?
Tutti gli analisti prevedono tensioni internazionali sui prezzi anche se, a medio-lungo termine, le previsioni Ocse/Fao , l'offerta dovrebbe risultare più in linea rispetto alle esigenze della domanda e far tornare a flettere i prezzi. A breve, nel nostro Paese potrebbe aumentare la domanda di cereali e non è escluso il rischio di vedere aumentate le importazioni e quindi il grado di dipendenza dall'estero. Per evitare questo rischio occorrerebbe una politica nazionale di rilancio delle grandi produzioni con interventi a favore della dimensione competitiva. A livello europeo, d'altro canto, non bisognerebbe rinunciare definitivamente agli strumenti di gestione dei mercati; come invece Bruxelles sembra intenzionata a fare con la 'verifica dello stato di salute'.

Il sistema delle produzioni Dop/Igp e dei marchi europei di qualità sono una strada ancora efficace per valorizzare il prodotto agricolo italiano? Con quali risultati di  mercato in Italia ed all'estero? E' positivo il saldo fra costi e ricavi sul fronte dei Dop/Igp? I 'farmer market': opportunità concreta o presunta per gli imprenditori agricoli italiani?
Le denominazioni di origine sono importanti e sottolineano il collegamento con il territorio e le tradizioni in una stimolante interazione prodotti-territori-cultura-turismo. L'importante è capire che Dop ed Igp non esauriscono il nostro patrimonio agroalimentare. Sono la punta di una qualità standardizzata diffusa in misura ben più ampia. All'estero, come in Italia, questi prodotti 'ad indicazione geografica' possono ben fare da traino a tutto il Made in Italy. Ovviamente, l'ho sempre detto, a patto che siano riconosciuti e tutelati a livello mondiale. Ed il bilancio costi/benefici lo farà, come sempre il mercato. Per quanto riguarda i 'farmer market' sono un'opportunità (nella logica del prodotto locale) per una parte delle imprese, così come lo sono gli spacci aziendali. Ma non si può pensare che la 'filiera corta' (dal produttore al consumatore) sia una risposta a tutti i problemi; è un discorso parziale che non ha nulla a che fare con  il rapporto con la Gdo, i mercati all'ingrosso, l'export.

In che misura le bioenergie troveranno spazio all'interno dell’azienda agricola? Quale sarà il futuro delle energie rinnovabili e quali potrebbero essere le più indicate nello scenario agricolo e zootecnico italiano?
Le novità introdotte dal collegato alla finanziaria 2008 e dalla stessa finanziaria sicuramente daranno nuova linfa allo sviluppo delle bioenergie nelle aziende agricole; la maggiore durata degli incentivi (CV) ed un maggior valore degli stessi, l'estensione del conto energia agli impianti alimentati da fonti rinnovabili, il riconoscimento di una specificità alla produzione di energia da biomasse e biogas da intese di filiera o filiera corta, attireranno sicuramente nuovi importanti investimenti. Lo stesso contratto di filiera sulle agroenergie approvato recentemente dal Cipe (investimenti per 36 milioni di euro) è una dimostrazione dell'interesse che c’è da parte degli imprenditori agricoli. L'attenzione delle aziende agricole, in alcune aree del Paese, è anche diretta al fotovoltaico, che sta vivendo un momento di grande espansione.

L'innovazione in agricoltura è strettamente collegata al progresso della meccanizzazione. E' giusto integrare il contoterzismo nel contesto agricolo, anche sotto il profilo giuridico, o i tempi e i ruoli non permettono tale confluenza?
Alla luce delle modifiche introdotte dalla Pac e dei nuovi scenari legati alla concorrenza internazionale, una sempre maggiore cooperazione tra imprese agricole e agromeccaniche, capace anche di favorire l'introduzione dell’innovazione tecnologica nel settore, è sempre più necessaria. La competitività futura delle aziende agricole e la loro stessa crescita economica sarà favorita dalla presenza di un settore agromeccanico vitale. Tali esigenze sono state riconosciute dalla legge d'orientamento che per la prima volta ha riconosciuto il ruolo svolto dall'impresa agromeccanica. Sicuramente in futuro, al fine di migliorare le sinergie nel settore agricolo, occorrerà approfondire ulteriormente la materia. In tale contesto come organizzazione siamo disponibili ad analizzare tutte quelle proposte che vanno in questa direzione e che siano capaci anche di contenere i costi delle lavorazioni agricole effettuate dalle aziende agromeccaniche, compresi quelli legati al settore previdenziale. Interventi che devono comunque inserirsi nell’attuale quadro giuridico.

Dialogo di filiera: è un passaggio imprescindibile per la crescita? Quali settori sono penalizzati per una non sempre efficace interconnessione fra agricoltura e agroindustria?
I rapporti di filiera 'alla pari' tra le varie componenti sono fondamentali. Ma non ci si può fermare al semplice dialogare; occorre saldare le relazioni e tradurle in impegni concreti di mutuo vantaggio. Cosa che magari avrebbe giovato in occasione dei fenomeni dei rincari degli ultimi mesi. Una carenza di rapporti tra i vari soggetti non può che condizionare tutti i settori, senza distinzione; soprattutto in uno scenario caratterizzato da maggiore instabilità di mercato e volatilità dei prezzi.

Quali punti dovrà privilegiare la Pac del futuro? Quali saranno i potenziali concorrenti di mercato dell'agricoltura italiana?
Innanzi tutto sarà necessario che il nostro governo si impegni, a livello europeo, per mantenere una politica agricola comune efficace, anche al di là della scadenza del 2013. Sarebbe paradossale ridimensionarne gli strumenti e le risorse: quanto siano strategiche le produzioni agricole lo hanno dimostrato anche le recenti vicende dei rincari delle materie prime. La globalizzazione e le frontiere, inesorabilmente più vicine, aumentano il rischio di avere concorrenti temibili, su tutti i fronti. Ma se si riuscirà ad avere, anche per il futuro, un quadro di regole come quello che ha consentito sinora di gestire i mercati, di mantenere i redditi degli agricoltori equi e stabili, di garantire ai consumatori alimenti di qualità e di tutelare l'ambiente e il paesaggio, forse allora dimostreremo che abbiamo meno da temere dall'agricoltura degli altri; e che teniamo di più alla nostra.

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