"I progetti e le proposte per dare valore ai salumi e alle carni suine non mancano, ma la filiera non trova l'accordo per passare alla fase attuativa di molte idee".

Sono le parole di una recente dichiarazione del presidente degli Allevatori di Suini (Anas), Thomas Ronconi.

Non c'è da stupirsi di questa annosa "incomunicabilità" che affligge il settore.

 

Quando il prezzo dei suini scende se ne avvantaggiano macellazione e trasformazione e accade l'esatto opposto quando il prezzo dei suini aumenta.

Le posizioni di allevatori e trasformatori sembrano inconciliabili.

Le due diverse anime della filiera credono di avere interessi contrapposti, ma è solo la mancanza di una visione di prospettiva.

 

L'altalena dei prezzi

La conseguenza è un continuo oscillare dei prezzi alla produzione, a volte così bassi da costringere gli allevamenti a rallentare (o persino a chiudere).

Ne deriva un calo dell'offerta e i prezzi tornano a salire, ma a quel punto sono macelli e stagionatori a tirare la cinghia e a premere affinché i prezzi tornino a scendere.

A complicare il quadro ci si mettono i mercati mondiali, in balia di mille diversi fattori, ma il risultato non cambia.

Produzione e trasformazione restano su sponde opposte, senza rendersi conto che il destino di entrambi è legato a doppio filo.

 

Situazione inedita

Complici accadimenti imprevedibili, come crisi geopolitiche e guerre o tempeste sanitarie, questo scenario che appariva immutabile sta cambiando.

Il prezzo dei suini non è mai stato così alto, ma i margini degli allevatori sono erosi dalla crescita dei costi.

Stessa cosa accade a macellatori e trasformatori, costretti a pagare cara la materia prima e a fare i conti con bollette energetiche da capogiro.

E' una delle rare volte in cui produzione e trasformazione si trovano a fronteggiare insieme la stessa crisi.

 

Il "Tavolo"

Una situazione, per quanto inedita, di reale emergenza.

Tanto da convincere tutti i protagonisti della filiera a incontrarsi al "Tavolo" convocato dal ministero dell'Agricoltura.

E per una volta tutti dalla stessa parte della barricata.

 

A leggere i resoconti dell'incontro, guidato dal sottosegretario all'Agricoltura Patrizio Giacomo La Pietra, c'è la speranza che il settore abbia imboccato una strada nuova, dove condivisione degli impegni e programmazione delle attività hanno finalmente consistenza.

 

Coesione, finalmente

Così Ruggero Lenti, presidente di Assica (Associazione Industriale delle Carni e dei Salumi) ha definito l'incontro come un soddisfacente punto di partenza, dove si è imboccata la "strada giusta per uscire in modo coeso, compatto e concreto da una palude di criticità in cui la filiera rischia di rimanere impantanata".

Le parole "coeso", "compatto" e "concreto" assumono in queso caso un significato di particolare rilievo che ci si augura non vada disperso.

 

Analogo impegno nelle dichiarazioni di Copagri, secondo la quale "Il futuro della suinicoltura nazionale è legato a doppio filo alla definizione di una vera e propria strategia che guardi al medio-lungo periodo e che punti sulla programmazione".

"Un primo passo - afferma a sua volta il vicepresidente di Cia, Gianmichele Passarini - per elaborare una strategia di lungo periodo per lo sviluppo del settore e dotarlo, quindi, di un nuovo patto di filiera necessario a rafforzare la competitività delle imprese".

 

Separati si perde 

Le premesse per un nuovo modo di operare sembrano esserci, anche se bisognerà attenderne la prova concreta sui fatti.

Le battaglie che insieme, allevatori e trasformatori, dovranno affrontare lo impongono.

Non c'è solo il mercato, con i suoi inevitabili alti e bassi, ma sfide ben più impegnative.

Che non è solo la lotta alla peste suina africana, dove la tutela dei cinghiali sembra sopravanzare quella degli allevamenti.

C'è da contrastare una campagna di denigrazione degli allevamenti e della carne che viene da lontano, sostenuta da interessi non sempre trasparenti.

Battaglie che non si vincono andando separati.