Ma come minimizzare le inevitabili perdite di sostanza secca, di valore nutrizionale, di appetibilità e, non ultimo, di digeribilità sofferte da questa preziosa categoria di foraggi, e come massimizzarne quindi la resa in latte? Questo il tema al centro della giornata organizzata dalla 2Gamma Srl di Mondovì (Cn) che si è tenuta recentemente a Marmirolo (Mn) alla presenza di una nutrita platea di allevatori. Relatore il francese Bernard Andrieu, uno dei massimi esperti a livello europeo di insilamento, che dopo aver illustrato i fenomeni fermentativi che avvengono nel tempo all'interno della massa insilata, ha evidenziato gli interventi strategici su cui è bene focalizzarsi, a partire dal momento della raccolta del vegetale fino alla chiusura del silo e alla quotidiana gestione del fronte trincea.
Bernard Andrieu durante il suo intervento alla giornata di Marmirolo
In ampia sintesi: al momento della trinciatura è opportuno sincerarsi, nel caso del silomais, dell'effettiva rottura della cariosside, dove si concentra l'amido e dunque il valore energetico di questo foraggio. All'atto pratico basta prendere una manciata di trinciato fresco, e verificare il numero di chicchi rimasti interi. La presenza di un solo chicco intero insieme ad altri rotti (e non solo aperti) è indice di una buona efficacia del rompigranella, e di una moderata perdita di amido con le feci (inferiore al 3%). Nel caso, invece, di un silomedica o di un insilato di loietto, occorre minimizzare il tempo intercorrente tra il taglio e la raccolta (due giorni al massimo, ha suggerito Andrieu): in questo intervallo di tempo, infatti, le perdite meccaniche dovute al taglio e al rastrellamento si sommano a quelle dovute alla respirazione del vegetale (Tabella 1), ed eventualmente a quelle provocate dalle precipitazioni piovose (-5% della SS, nella media). In entrambi i casi (silomais e fasciati di foraggi preappassiti) occorre fare in modo di sottoporre all'insilamento unicamente il vegetale che abbiamo coltivato e tagliato, evitando la presenza di sostanze estranee come la terra, che veicola microrganismi in grado di alterare le dinamiche fermentative.
Giuste densità
All'atto dell'insilamento è inoltre consigliabile il ricorso a inoculi costituiti da lattobacilli in grado di contenere la crescita dei lieviti, microrganismi aerobi a cui si deve perdita di valore energetico e sviluppo di colonie fungine. E sempre per quanto riguarda il silomais, l'aspetto su cui porre il massimo livello di attenzione è l'efficacia del compattamento: la scienza ci dice che per comprimere in modo ottimale il trinciato occorrono 240 chilogrammi per metro cubo di sostanza secca (circa 750 chilogrammi per metro cubo tal quale), altrimenti penetra l'ossigeno e il deterioramento galoppa. Ma per arrivare alla densità ideale con un trattore, occorre agire su strati non più spessi di 20 centimetri. Ed è tempo (e gasolio) sprecato - ha suggerito Andrieu - passare e ripassare più volte col trattore, nella speranza di compattare meglio la massa: con 20 centimetri di spessore basta un'andata e un ritorno, mentre con 50 centimetri non basterebbe un carrarmato da 50 tonnellate. Per i fasciati il target è invece di 150-180 chilogrammi per metro cubo di sostanza secca; per pressarli di più è consigliabile trinciare il foraggio preappassito.
La presenza di cariossidi intere è indice della quantità di amido che verrà persa con le feci
Chiusura ben fatta
Ma veniamo alla chiusura del silo, un momento topico per chi produce silomais. Qui contano essenzialmente tre fattori, ha sostenuto il relatore. Primo, la rapidità con cui viene chiusa la trincea, fondamentale per impedire l'intervento dei lieviti. Inutile e sbagliato passare la giornata a passare e ripassare col trattore sulla massa - ha insistito Andrieu - con il risultato di dover rimandare la chiusura all'indomani mattina. Altrettanto fondamentale è che la chiusura sia ermetica, e per questo occorre porre attenzione in particolare alla massa che si trova a contatto con le pareti della trincea, dove l'intonaco è spesso corroso e lascia passare l'ossigeno. Non meno importante, inoltre, è sincerarsi che nella copertura non ci siano soluzioni di continuo provocate dagli animali selvatici o dai gatti. Terzo fattore, la qualità del materiale plastico usato per la copertura, che deve risultare impermeabile all'ossigeno, oltre che resistente ai danni meccanici e agli agenti atmosferici (raggi UV, umidità, precipitazioni piovose e nevose).
L'impiego delle comuni coperture di plastica permeabili all'ossigeno non impedisce la crescita dei lieviti e la perdita di valore energetico
Molteplici studi dimostrano che l'impiego di un film barriera all'ossigeno di alta qualità previene la formazione del cappello e qualora venga ben posizionato è efficace nel proteggere i lati della massa dal deterioramento operato dai lieviti (-27% della SS). A tutto vantaggio dell'appetibilità della razione, ma anche della sua digeribilità e della digeribilità della fibra, e dunque delle prestazioni produttive della mandria. In questo modo il costo del foraggio viene per altro spalmato su una quantità di latte superiore. Infine la gestione del fronte trincea: posto il fatto che il prelievo con la fresa tende a lasciar passare meno ossigeno e a provocare minore surriscaldamento della massa rispetto a quello realizzato con la pinza, con un insilato ben compattato conta la velocità del prelievo: il deterioramento aerobico è infatti il prodotto della quantità d'aria presente per il tempo di esposizione all'aria.
Il deterioramento del silomais comporta non soltanto una minore appetibilità dell'unifeed, ma anche una perdita di digeribilità e di digeribilità dell'Ndf