Meno di una tazzina di caffè. Tanto vale un chilo di pollo sui mercati all'origine, e si va da un minimo di 85 centesimi registrato da Ismea (istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare) sulla piazza di Forlì il 4 febbraio per i polli leggeri, a un massimo di Macerata, dove il 12 febbraio un pollo di taglia pesante era pagato 1,02 euro.

In entrambi i casi con vistosi cali rispetto alla settimana precedente. Male anche la situazione delle galline, dove i prezzi oscillano fra i 31 centesimi al chilo (Treviso, 12 febbraio) e i 34 centesimi (Perugia, 5 febbraio). Ma più del calo di queste ultime settimane, preoccupa la distanza dai prezzi dello scorso anno.
Stando alle rilevazioni di Ismea, nello stesso periodo del 2018 i prezzi all'origine dei polli erano di oltre il 22% più alti.

Una caduta che accomuna, pur con valori differenti, tutti i comparti avicoli, dalle anatre ai tacchini.
E non va meglio nemmeno per le uova, anch'esse alle prese con una sensibile flessione rispetto allo scorso anno (meno 12,2%).
 

Prezzi medi settimanali all'origine per prodotto (fonte Ismea)

 

Allevamenti in affanno

Una situazione che si riflette sui margini degli allevamenti, come evidenziano i dati sull'andamento mercato avicolo elaborati dal Centro di ricerche economiche sulle filiere sostenibili dell'Università Cattolica (Crefis).

Già nel mese di gennaio, si legge nella periodica newsletter diffusa in questi giorni, i prezzi di tutti i prodotti avicoli sono nettamente calati, posizionandosi molto al di sotto dell'anno precedente. Un calo che coinvolge sia i mercati all'origine, sia quelli delle carni avicole, comprese le preparazioni porzionate.
 

Prezzi degli avicunicoli (variazione percentuale gennaio 2019/dicembre 2018 – fonte Crefis)


Più penalizzati i polli

Le noti più dolenti riguardano il segmento dei polli di taglia leggera allevati a terra.
Per loro si è interrotto il trend di mercato che in questo periodo dell'anno prevede un leggero recupero delle quotazioni.

Il calo dei prezzi inverte questa tendenza e si colloca a livelli più bassi non solo del 2018, ma anche del 2017.
Stessa situazione per le carni, con i polli a busto che quotano al di sotto dei prezzi realizzati nello stesso periodo di due anni fa.


La situazione in Italia...

Una crisi che sembra riguardare solo il mercato italiano, tenuto conto che nei paesi Ue a maggiore vocazione avicola i prezzi di mercato si stanno mantenendo in linea con quelli dello scorso anno.

Perché, allora, in Italia il settore avicolo è entrato in sofferenza?
Una possibile risposta viene dall'andamento della produzione, che registra un aumento delle macellazioni.

I dati più recenti si fermano a ottobre 2018 e indicano un aumento sensibile rispetto al mese precedente (+9,8%).
Ma il dato tendenziale, ovvero il confronto con l'anno precedente, si ferma a un più modesto incremento dello 0,6%.
Davvero poco per scatenare questa "tempesta" sui mercati avicoli.
 

... e nella Ue

Più importanti i numeri che si riscontrano nell'andamento delle macellazioni negli altri paesi.
In Polonia, principale produttore europeo di carni avicole, si è registrato fra gennaio e ottobre 2018 un aumento di oltre il 9% delle macellazioni, con un picco significativo proprio in ottobre.

Aumenti significativi poi in Francia (oltre il 6%) e in Spagna (+0,5%).
A fronte di questa situazione il saldo commerciale del settore avicolo italiano, pur restando in terreno positivo, si è contratto.

Le esportazioni sono calate di circa il 7% in volume. Al contempo sono aumentate le importazioni, cresciute di quasi il 4% su base annua.
 

Commercio avicolo estero dell'Italia (variazione percentuale gennaio-ottobre 2018/gennaio-ottobre 2017 - fonte Crefis)
 

Le cause della crisi

La maggiore presenza di carni avicole sui mercati europei ha cercato nuovi sbocchi, trovando spazio anche in Italia.

Al contempo ha rappresentato un ostacolo alle nostre esportazioni, che hanno dovuto fare i conti con un'aumentata concorrenza.
Il risultato si è tradotto in una maggiore disponibilità interna di carni avicole, a fronte di un consumo che sembra aver esaurito la spinta alla crescita.
Con questi "ingredienti" la caduta dei prezzi era inevitabile.

Un'inversione di rotta dovrà passare da un rallentamento della produzione interna, difficile da proporre, o da una spinta sull'export.
Non sarà semplice, ma il settore avicolo ha una maturità sufficiente per fare squadra e interrompere la caduta dei prezzi, innescando un recupero delle quotazioni.
Il difficile è farlo in tempi rapidi.
 
Compito difficile quello delle previsioni di mercato.
Un aiuto può venire dall'esame delle tendenze in atto. Ma occorre conoscere i "numeri della carne" e in tempi di mercati globali lo sguardo deve allargarsi a livello internazionale.
Le fonti non mancano e AgroNotizie le raccoglie per dare ai lettori gli strumenti per orientarsi.