Questa riforma della Pac, così come sta uscendo dalle proposte della Commissione, proprio non piace. E non piace soprattutto agli allevatori di bovini da carne. Troppi tagli, troppo “verde” (nel senso di greening), troppa burocrazia e poco mercato. Gli eurocrati sembrano ignorare che il mondo chiede più carne mentre l'Europa ne produce sempre meno e a costi via via crescenti. Ce n'è a sufficienza per mettere in allarme tutto il settore e i rappresentanti degli allevatori, riuniti in Francia per una importante manifestazione che si è svolta nei giorni scorsi, ha preso carta e penna per denunciare la situazione. Ne è scaturito un “manifesto” al quale hanno messo la firma l'Italia (Fabiano Barbisan, per il Consorzio l'Italia Zootecnica), la Spagna (Javier Lopez, Asoprovac), la Francia (Pierre Chevalier, Fnb) e l'Irlanda (John Brian, Ifa), siglando così un'alleanza che mette l'accento sulla necessità di cambiare rotta nel disegnare le regole che la Pac si darà dal 2014 al 2020.
Sostegni a rischio
La rotta da tenere è indicata a chiare lettere nel “manifesto” degli allevatori. Al primo posto la richiesta di diritti speciali accoppiati, speciali perché lo richiede la realtà degli allevamenti da carne dove molte sono le aziende che non hanno disponibilità di grandi superfici. E allora sarebbe penalizzante, come propone la Ue, utilizzare le superfici agricole come parametro di riferimento per i pagamenti diretti. O perlomeno si chiede di adottare meccanismi di “convergenza” che tengano conto delle peculiarità del settore e delle difficoltà generate dall'aumento dei costi di produzione. Gli allevatori chiedono poi che venga mantenuto l'attuale budget di spesa, mentre al contrario si inseguono voci di ulteriori tagli rispetto a quelli già allo studio e che per l'Italia, lo ricordiamo, prevedono un meno 18%. Un taglio che stride con il saldo negativo fra contributi italiani e risorse che da Bruxelles vengono destinate alla nostra economia. Come se non bastasse, in questi giorni prende sempre più corpo la proposta di aumentare le risorse da destinare alla ricerca. Ottima scelta se non fosse che a farne le spese sarebbe l'agricoltura, privata di un altro 6% degli aiuti a lei diretti. Al momento è solo una proposta informale emersa dal consiglio dei ministri del 24 settembre. Proposta informale, si è detto, ma lo spostamento delle risorse dall'agricoltura alla ricerca può incontrare molti sostenitori, meglio tenersi pronti.
Strumenti per il mercato
Gli aiuti comunitari sarebbero meno important se gli allevatori potessero competere sul mercato globale ad armi pari. Per questo chiedono nel manifesto che siano messi a punto migliori strumenti di gestione del mercato, del tutto scollegato dalla realtà economica e in balia della distribuzione organizzata. Su questa scia si colloca poi una più efficace organizzazione della filiera produttiva che consenta di ripartire il valore della produzione con più equilibrio. Senza dimenticare il ruolo degli accordi sui commerci internazionali e con il Mercosur, che si chiede di interrompere.
Per dare agli allevamenti più forza competitiva il manifesto lancia una pressante richiesta affinché siano riviste le modalità degli aiuti al greening, giudicato distante e inidoneo alle realtà delle imprese zootecniche. Dove invece sarebbe utile dare forza alla produzione aziendale di foraggi, che non significa fermarsi ai prati permanenti, che sembrano affascinare gli eurocrati. Poi aiuti all'innovazione delle aziende con un occhio aperto sulle energie rinnovabili.
Ridateci le etichette
Questi, in sintesi, gli argomenti sollevati dal “manifesto” al quale si è aggiunta una lettera, inviata alle massime autorità europee e firmata dai quattro presidenti delle associazioni di allevatori, per chiedere a gran voce un ripensamento sulle norme che riguardano l'etichettatura facoltativa per le carni bovine. Soppressa da una recente e discussa decisione comunitaria, l'etichettatura facoltativa è vista dagli allevatori come uno strumento di grande importanza per comunicare ai consumatori le caratteristiche dei propri allevamenti oltre a quelle della razza, dell'alimentazione e tante altre che concorrono a fare di un prodotto anonimo, come la carne, un prodotto di eccellenza. Nella lettera inviata fra gli altri anche al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, si chiede che gli articoli relativi ai sistemi di etichettatura facoltativa delle carni bovine non vengano soppressi. Perché queste etichette, è stato ricordato, contengono informazioni utili ad un confronto con la carne importata dai Paesi extraUe, dove sistemi di allevamento e norme sanitarie sono diverse dalle nostre.
Il valore di un'alleanza
Quanto questi appelli degli allevatori potranno condizionare le prossime scelte di politica agricola della Ue è difficile da prevedere. Comunque vada, gli allevatori di bovini da carne di quattro grandi Paesi hanno dimostrato la capacità di fare squadra e muoversi all'unisono senza troppo badare agli interessi di parte. Ed è questa la novità che lascia ben sperare. Checché Bruxelles decida poi di fare.