Da alcune settimane nelle reti sociali, gira la voce che in Finlandia sia stata sviluppata una tecnologia per produrre biobenzina da biomasse residue, la quale consentirebbe l'installazione di piccoli impianti containerizzati, da installare direttamente nelle aziende agricole.
Abbiamo approfondito la notizia per rispondere alle domande di parere scientifico di alcuni nostri abituali lettori.
 

Fake news, hoax e complottismo: come debellare la piaga del XXI secolo

Come già dimostrato in altri articoli di questa colonna, il modo più efficiente di determinare se una data informazione sia vera o falsa è applicare il metodo del dubbio cartesiano, trave portante delle indagini scientifiche:
  • Accettare solo informazione che si possa dimostrare come assolutamente vera.
    Si potrebbe argomentare che affermazioni piuttosto vaghe e prive di riferimenti come "Un ricercatore finlandese minacciato dalle multinazionali del petrolio", "Fra poco in Finlandia gli agricoltori si faranno la benzina in casa con le biomasse di scarto", o "In Finlandia l'auto che va con acqua ed etanolo" hanno un forte odore da "bufale". Nonostante le leggende a volte si basino su eventi accaduti realmente, per sanare dubbi è consigliabile innanzitutto verificare quale sia l'origine dei post e tweet.
    Nel nostro caso, un primo indizio porta al giornale Biofuels Digestil quale, pur non essendo una pubblicazione tecnica o scientifica in senso stretto, è comunque un portale informativo specificamente indirizzato ai professionisti e operatori statunitensi delle bioenergie. Affinando la ricerca, arriviamo alla notizia che sembra essere l'origine delle dicerie in questione: un articolo pubblicato nell'edizione in inglese del giornale finlandese Yle, dal titolo e tenore un po' sensazionalisti: Biocarburante rivoluzionario sviluppato in segreto da Università finlandesi e svedesi.
  • Ridurre le verità che si assumono come presupposti validi, a unità più piccole.
    Se assumiamo che l'articolo in questione sia l'origine delle voci, dobbiamo dunque valutare le singole informazioni contenute in esso, cercando di capire quali possano essere vere o almeno plausibili.
    • L'articolo riporta nome e cognome dell'ipotetico inventore della "tecnologia rivoluzionaria", il professore Jyri-Pekka Mikkola. Una ricerca in Google Academico ci consente di accertare che effettivamente si tratta di un ricercatore finlandese, con decine di pubblicazioni su chimica catalitica e biocarburanti, che insegna e ricerca all'Università di Umeå, in Svezia.
    • L'ipotetico processo sarebbe una reazione catalitica fra acqua e alcol, ma non è vero che "l'alcol non è altro che zucchero, che costituisce tutte le biomasse". Tale affermazione riduttiva sembra essere piuttosto il risultato dell'interpretazione del giornalista, in quanto non consona ad un ricercatore con un curriculum come quello del professore Mikkola.
    • In un altro passaggio l'articolo parla di "fermentazione della biomassa" che darebbe come risultato "un idrocarburo ad alto numero di ottano", un gas combustibile (metano? propano? etilene?) e acqua. Esiste infatti un ceppo di Clostridium, scoperto all'Università di Tulane, negli Usa, il quale converte la cellulosa direttamente in biobutanolo, da sempre il principale candidato "ecologico" per rimpiazzare la benzina. Il batterio è però aerobico, per cui non potrebbe produrre "un gas combustibile". Tale affermazione dell'articolo sembra dunque poco plausibile, perché dal curriculum del professore Mikkola non si evince alcuna ricerca su processi fermentativi, il suo forte sembra essere la chimica catalitica. Inoltre, tecnicamente il biobutanolo non si può considerare un idrocarburo, perché la sua molecola contiene ossigeno.
    • Sul fatto che tutta la ricerca sia stata condotta in segreto e che qualcuno abbia tentato di forzare il laboratorio dell'Università per rubare la "formula segreta", possiamo solo fare ipotesi. E' qualcosa di plausibile, ma potrebbe essere anche una messa in scena per dare notorietà al progetto. Da nessuna parte abbiamo trovato dichiarazioni del diretto interessato puntando il dito contro "le multinazionali del petrolio", per cui le affermazioni che si trovano in alcuni social sarebbero semplici invenzioni complottistiche.
  • Risolvere prioritariamente i problemi più semplici.
    Ora il problema da risolvere è capire se sia fattibile, almeno teoricamente, sintetizzare un idrocarburo, ad alto numero di ottano, a partire da alcol e acqua, o se le informazioni contenute nell'articolo siano state appositamente rese confuse, per il semplice motivo di tutela di una invenzione non brevettata.
    • Da una parte, esiste abbondante bibliografia sulla disidratazione dell'etanolo in presenza di un catalizzatore, il cui risultato è l'etilene, un gas. Si veda per esempio uno dei tanti studi: Ethanol dehydration to ethylene on acid carbon catalysts.
    • Fra le pubblicazioni dello stesso Mikkola, troviamo uno studio sulla decomposizione catalitica della lignina della biomassa (nella fattispecie, biomassa di Miscanthus), secondo il quale si otterrebbero dei dimeri.
    • Supponiamo che sia vera la sintetizzazione, ottenuta da Mikkola, di un idrocarburo con un numero di ottano sufficientemente alto da poter far funzionare una vecchia auto senza marmitta catalitica; allora ciò vorrebbe dire che tale idrocarburo dovrebbe essere cicloesano, oppure isoottano, isobutano, benzene o, anche, una miscela di essi (per chi volesse "giocare", raccomandiamo il calcolatore online di numero ottano dell'Università King Abdullah dell'Arabia Saudita). Tutti gli altri idrocarburi con meno di cinque atomi di carbonio sono da scartare, perché gassosi, come pure quelli con più di otto atomi di carbonio, perché meno volatili e dunque inadatti come sostituti della benzina.
    • Poiché la benzina ad alto numero di ottano contiene miscele di idrocarburi ciclici e la lignina è formata da monomeri fenolici (anche essi molecole cicliche) allora il fantomatico processo potrebbe essere basato su una delle seguenti tre metodologie:
     1) Partendo da etanolo si ottiene etilene per reazione catalitica (due atomi di carbonio) il quale poi viene polimerizzato per formare il cicloesano (sei atomi di carbonio, disposti in una molecola ciclica).
     2) Partendo da biomasse lignocellulosiche, le quali vengono depolimerizzate - cataliticamente o termicamente - in molecole più corte (sei-otto atomi di carbonio), mantenendo però la loro struttura ciclica. I monomeri e dimeri così ottenuti verrebbero poi deossigenati (ad esempio mediante idrogenazione o forse mediante un processo catalitico) per ottenere la miscela di idrocarburi ad alto numero di ottano dichiarata dal ricercatore. Non è evidente come ciò sia possibile, ma dal curriculum del professore Mikkola pare che questa sia la sua attuale linea di ricerca.
     3) Partendo da etanolo, si ottiene butanolo per reazione di Guebert (un processo noto sin dal 1899, si veda Il progetto Valsovit, valorizzazione degli scarti vitivinicoli). Il butanolo ha un numero ottano pari a 96, simile alla benzina "verde" standard.  Rimane comunque il dubbio su come sia possibile ottenere l'etanolo direttamente dalla biomassa con un processo sufficientemente semplice da poterlo integrare in un mini-impianto containerizzato, come dichiara Mikkola.
  • Redigere una lista degli eventuali ulteriori problemi.
    In linea generale e teoricamente, dalle evidenze riscontrate possiamo affermare che sarebbe possibile ottenere una specie di benzina ad alto numero di ottano a partire da biomasse lignocellulosiche, anche se non è chiaro quale potrebbe essere il processo. Invece, possiamo scartare le affermazioni secondo le quali sarebbe già possibile ordinare i mini-impianti per farsi la biobenzina a casa, in quanto, stando alle dichiarazioni dell'inventore, il processo non è nemmeno brevettato e lo stesso articolo afferma che lo scopo dei ricercatori sarebbe vendere il know-how, ma non produrre i moduli da vendere. E' lecito, inoltre, dubitare della fattibilità dell'idea in questione, in quanto il fatto che sia teoricamente possibile ottenere biobenzina da biomasse non implica necessariamente che il bilancio energetico sia positivo, ovvero se a conti fatti sia necessario spendere più energia per sintetizzare il biocombustibile di quanta poi lo stesso biocombustibile possa rendere nel motore di un veicolo. Inoltre, non sappiamo niente sulla resa del processo per valutarne la sua fattibilità: quanti chilogrammi di biomassa sono necessari per ottenere un litro di biobenzina, e che tipo di biomassa? Infine, se i sottoprodotti del processo fossero davvero acqua e "un gas combustibile", come andrebbe valorizzato questo ultimo e con quale costo aggiuntivo?


Conclusioni

Sebbene nessuna legge fisica vieti la possibilità di ottenere biobenzina a partire da biomasse lignocellulosiche, la notizia che ci occupa sembra ricadere piuttosto nella categoria hoax (esagerazione) che in quella di fake new (bufala). Attualmente, di sicuro non ci sono mini-impianti di produzione di biobenzina in vendita e né sembrano plausibili in un futuro prossimo.

Infine, se davvero tutto il processo funzionasse in modo redditizio e se lo stesso venisse brevettato e messo a punto industrialmente, non è sicuro che i mini-impianti per produrre biobenzina vedranno mai la luce. Infatti, se i brevetti venissero acquistati da una o più aziende petrolifere, l'interesse di queste sarebbe eventualmente monopolizzare la tecnologia piuttosto che renderla accessibile a chiunque. Ma qui cadiamo nel complottismo, quindi aspettiamo di vedere come si evolveranno gli eventi.