"Quello che mi dà fiducia è la rigenerazione della filiera bieticolo saccarifera, partendo dall'impresa agricola. Attraverso i club della bietola effettivamente portiamo la nuova bieticoltura nelle aziende".
E' un bicchiere mezzo pieno quello che Claudio Gallerani, il presidente di Coprob (Cooperativa produttori bieticoli), vede con la fine delle quote zucchero. La liberalizzazione del settore si avrà dal prossimo 1° ottobre. L'Italia, con l'addio alle quote, potrebbe incrementare la produzione del 15%, secondo il presidente di Coprob.

In Italia - stima difatti Unionzucchero - le superfici seminate a barbabietola dovrebbero raggiungere i 39mila ettari, con un'accelerazione del 15-16% rispetto al 2016. Un aumento dovuto al ritorno all'operatività di tre zuccherifici: Minerbio (Bologna), Pontelongo (Padova) e San Quirico (Parma). 
A livello europeo, secondo i dati sempre di Unionzucchero, è prevista una crescita della superficie seminata del 17%, da 1,41 a 1,69 milioni di ettari. E la produzione potrebbe arrivare a 18,5 milioni di tonnellate (1 milione in più rispetto all'anno scorso). 
"Ci aspettiamo una competizione maggiore - annuncia Gallerani -. In Europa ci sono grandi big dell'industria saccarifera e sia i tedeschi che i francesi punteranno a produrre il massimo".

L'Italia che cosa deve fare, presidente Gallerani?
"Noi ci dobbiamo difendere. Dopo la riforma del 2006-2007 abbiamo investito 175 milioni di euro nelle fabbriche, aumentando la capacità produttiva del 30%. Inoltre, abbiamo scommesso su una forte rigenerazione della filiera agricola, puntando a produrre il massimo. C'è dunque la possibilità di raggiungere un +15%, superando le 10 tonnellate di zucchero per ettaro. La crescita ci vede comunque impegnati già da una decina d'anni, dal 2006".

Quanto è diffusa l'agricoltura di precisione nella bieticoltura?
"Va di pari passo con la cerealicoltura. Dove nelle aziende agricole arrivano le nuove macchine, chiaramente i distributori di mezzi chimici sono gli stessi sia per i cereali che per le barbabietole. L'ultimo passo è attrezzare le macchine da raccolta. Coprob ha dato un impulso molto forte, perché la direzione dell'agricoltura di precisione ce la impone la competitività sul mercato. Dobbiamo correre verso gli strumenti di precision farming e misurare tutto, dagli elementi nutrizionali a quelli relativi alla protezione. A partire dalla prossima raccolta faremo prove con la sensoristica nuova, in modo da cominciare a fare parametri di confronto".

Dove va il futuro della bieticoltura?
"Va nella stessa direzione della cerealicoltura, dove qualità e impatto ambientale saranno le variabili dell'agricoltura 4.0: fertilizzazione, genetica, sensori e informatica si connetteranno alle buone pratiche agronomiche".

Si sta lavorando su una generazione nuova di prodotti?
"Sì, confermo. Stiamo testando nei campi prova una nuova genetica, insieme a una nuova linea di diserbo. Sarà un passaggio epocale, perché sostituiremo l'attuale diserbante selettivo, utilizzato da diversi anni, con molecole a minore impatto ambientale. Questo consentirà meno passaggi in campo più sostenibilità. Ma il comparto deve affrontare un altro cambiamento rilevante".

E sarebbe?
"Il nodo del clima. In questo frangente ricerca e sviluppo saranno fondamentali, soprattutto per contrastare la cercospora, che con le temperature più calde si sviluppa con maggiore facilità e porta al disseccamento fogliare. Gli agricoltori stanno soffrendo i cambiamenti climatici anche in Francia e Germania".

Quanti ettari controlla Coprob?
"Circa 20mila in Emilia Romagna: siamo saturi, difficile pensare di aumentare. Potremmo avere gli spazi per incremetare le superfici in Veneto. Ma la vera battaglia, come dicevo, è rendere più produttiva la bieticoltura. E i risultati dei campi sperimentali evidenziano aumenti produttivi anche del 40-50% negli ultimi tre anni".

L'Italia sconta la mancanza di impianti di lavorazione, a nostro parere. E' effettivamente così?
"Come Coprob abbiamo pensato di concentrarci sul core business saccarifero, anche se non possiamo dimenticare l'alleanza stretta con Enel per la conversione dell'impianto di Finale Emilia e il percorso finalizzato alla produzione di biogas a Stellato. Dei nostri impianti ci rimane Porto viro da riconvertire per la produzione di bioenergie. Allo stesso tempo pensiamo a come sviluppare la filiera dello zucchero, partendo appunto dagli agricoltori, che sono la nostra forza.
Oggi i nostri due impianti di Minerbio e Pontelongo possono produrre fino a 350mila tonnellate di zucchero e stiamo ragionando insieme a Ferrero, Barilla, Coca Cola e all'industria alimentare di valorizzare sempre più le produzioni made in Italy. Dopo Expo è cambiata molto la sensibilità sul valore del made in Italy e anche gli ingredienti hanno la loro importanza"
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Insomma, non è spaventato dalla liberalizzazione del mercato dello zucchero?
"Sono ottimista".