"Sono moltissime le piante che contengono sostanze preziose per il nostro organismo", spiega ad AgroNotizie Angela Bassoli, docente di chimica organica all'Università degli Studi di Milano, che si occupa di prodotti naturali estratti da piante per applicazione agraria o alimentare. "Il gusto, nell'uomo come in tutti gli altri animali, ha la funzione primaria di capire se un cibo puó essere mangiato oppure no. Studiando proprio la relazione tra gusto e proprietà nutraceutiche delle piante abbiamo scoperto come sulle nostre montagne ci siano moltissimi vegetali che farebbero bene alla nostra dieta".
Ad esempio?
"La ruta, i lampascioni, l'erisimio e il tarassaco. Ma anche la cicoria e la radice di soncino. Tutte piante ampiamente utilizzate nel passato, che hanno anche delle caratteristiche curative, ma che sono poco utilizzate a causa del gusto".
Sono tutte piante amare...
"Proprio perché avevano dei sapori forti, soprattutto amaro, pungente o formicolante, queste piante sono state progressivamente abbandonate. Il consumatore chiede piante dal sapore non amaro e di conseguenza gli agricoltori sono stati portati ad abbandonare alcune colture".
Il sapore amaro é sempre un indizio positivo delle proprietà nutraceutiche?
"No, anche perché esistono differenti tipi di amaro. Noi abbiamo 25 recettori diversi. L'amaro é caratteristico ad esempio di alcuni alcaloidi che sono tossici, ma caratterizza anche sostanze positive, come i polifenoli, che sono potenti antiossidanti. Altre sostanze regolano il senso di sazietà o l'indice glicemico".
Il sapore amaro varia da persona a persona o é un parametro assoluto?
"La percezione dell'amaro cambia. Da un sondaggio che abbiamo effettuato risulta che molti ragazzi trovano gli spinaci amari. Questo perché hanno eliminato dalla loro dieta i cibi che amari lo sono veramente".
Anche il piccante o il formicolante sono sapori utili?
"Ci sono delle sostanze presenti in alcune piante con questi sapori che vanno ad agire sui recettori del dolore e in alcuni casi fungono da anestetizzanti. Lo studio del dolore é uno degli argomenti più importanti in cui si fa ricerca e individuare delle sostanze naturali che aiutino ad esempio chi soffre di dolori cronici potrebbe avere ricadute economiche importanti".
Come possono essere sfruttate da parte degli agricoltori queste caratteristiche delle piante?
"Con l'Università della montagna di Edolo stiamo cercando di valorizzare le filiere di queste erbe. Prima di tutto individuando quelle che contengono sostanze interessanti e poi coltivandole. Queste erbe poi devono essere lavorate per estrarre oli o preparare infusi e tinture che servono poi all'industria agroalimentare, farmaceutica e cosmetica".
Ci sono già delle realtà produttive?
"Stiamo producendo della birra artigianale agli estratti di erisimo, una pianta diffusa lungo tutto l'arco alpino che ha proprietà anti-infiammatorie e viene usata per curare il mal di gola. Nella tradizione é chiamata infatti la pianta dei cantanti. L'idea é quella di promuoverla ad eventi locali di tipo musicale".
Quali altre applicazioni sono possibili?
"Negli ultimi anni é esploso il consumo degli energy drink che contengono sostanze eccitanti di origine animale o vegetale, come la caffeina. L'interessa dell'industria a trovare altre molecole é altissimo e le erbe di montagna possono rappresentare un tesoro".
Non c'é il rischio di scontrarsi con le abitudini dei consumatori?
"Il rischio c'é, ma credo che si stia facendo largo l'idea che il cibo debba essere fonte di benessere. Ci siamo abituati a mangiare un cibo industriale in cui i sapori si sono appiattiti e l'amaro é praticamente sparito. Il comparto agroalimentare punta molto sul dolce, il salato e il grasso per attrarre i consumatori, ma questo ha portato allo sviluppo di malattie come l'ipertensione e il diabete. Tornare a sapori dimenticati puó farci solo bene".