Lo sviluppo non corre sul filo, ma è senza cavi: secondo l'esperto Patrice Annequin sono infatti i cellulari la chiave di svolta per i Paesi africani, sudamericani e asiatici che stanno lottando per emergere.
In un saggio pubblicato su Ict Update, il bollettino del Centro tecnico per la cooperazione agricola e rurale, Annequin, specialista in marketing di IFDC, un'organizzazione internazionale no profit che si occupa di combattere la fame nel mondo, prende in esame i pro e i contro del recente trend che vede i cellulari protagonisti nelle zone rurali del Terzo mondo.
Il primo vantaggi è lampante: i cellulari permettono di contattare chiunque, praticamente ovunque nel mondo, aumentando così il 'raggio d'azione' del coltivatore e migliorando la gestione dei sui affari. Quando un coltivatore di manioca chiama un amico o un parente che vive nella grande città per informarsi del prezzo di vendita della manioca quel mattino al mercato della città, prima di sobbarcarsi il viaggio dalle campagne alla città stessa, quel coltivatore sta sostanzialmente facendo una ricerca di mercato, e agirà di conseguenza.
Ma l'accesso al Market information system (Mis) è solo il primo passo: i coltivatori devono sapere anche come trarre vantaggio da questa informazione, e necessitano prima di tutti di un migliore accesso ai trasporti e di infrastrutture adeguate per vendere la propria merce. Ricevere un Sms con il prezzo di una certa commodity non basta: non gli dice, infatti, dove trovare un trasporto per raggiungere la città, quanto costerà, di che tipologia saranno i clienti e come negoziare un prezzo finale equo. L'informazione sul prezzo, in altre parole, è solo un tassello del puzzle.
Inoltre le informazioni sui prezzi non possono che essere generiche, tarate su un livello di qualità 'medio': il coltivatore non sa che prezzo chiedere o aspettarsi se propone un prodotto di qualità maggiore o minore rispetto a quello standard. Non è oltretutto possibile che i Mis forniscano tutte le informazioni per ogni commodity prodotta dall'agricoltore, che in ogni caso terrà conto di numerosi fonti (insostituibili dalla tecnologia) per decidere se, quanto e come vendere: oltre che dall'informazione di mercato ricevuta sul cellulare, verrà inevitabilmente influenzato dal comportamento e dal consiglio di chi gli sta intorno (commercianti, buyers, ma anche amici, parenti…)
Annequin sottolinea inoltre che le informazioni di mercato riguardano per ora solo poche persone, visto che nelle zone rurali del Terzo mondo la maggior parte dei coltivatori riesce a malapena a sfamare se stessi e la propria famiglia con ciò che produce e non ha un vero surplus da vendere.
La conclusione dell'esperto è che queste tecnologie possono funzionare, almeno per ora, solo nell'industria dei fair trade o del biologico.
A questo proposito Annequin porta l'esempio della Dunavant, una società che opera nel settore del cotone, che ha sviluppato sistemi per tracciare e monitorare le produzioni. Questi sistemi informano i coltivatori su quando e come piantare, che tipo di semi usare, come proteggere i raccolti, quando raccogliere e infine quando giungerà il pagamento e il camion che raccoglierà il cotone. Il tutto giunge direttamente al cellulare del coltivatore, e, secondo la compagnia, il costo di sviluppo di questo sistema è stato ripagato da una maggiore efficienza (e quindi maggior guadagno) lungo la catena produttiva.
L'uso di cellulari e smartphones, nota infine Annequin, è destinato a diventare sempre più diffuso tra gli abitanti delle zone rurale di Africa, Caraibi e Paesi del Pacifico, man mano che si sviluppano app nella loro lingua, i prezzi della tecnologia scendono e le connessioni si ampliano: la loro diffusione non potrà che andare a vantaggio dei coltivatori.