E' emersa la chiara necessità, da parte delle aziende pastaie, di affrontare una situazione che ha in Italia caratteristiche peculiari che la rendono ancor più insostenibile: la pasta è considerata un prodotto convenienza e per questo è fortemente deprezzata. L’indice di aumento medio dell’intero paniere Istat, dal 1995 a maggio 2007 - con base 100 - è stato di 26 punti. La pasta, invece, ha registrato un aumento che, oltre ad essere al di sotto della media (solo +8,1 punti) è bassissimo rispetto a quello di altri beni affini: il riso (+21). Sul fronte del mercato frumento l’elevata produzione nazionale di grano duro (1.350.000 ettari coltivati a grano duro, con aumenti di superficie per il 2008) è insufficiente rispetto al fabbisogno interno (circa 60 milioni di quintali) e l’importazione di grano estero, che presto raggiungerà il 50% del fabbisogno interno rispetto all’attuale 30-35%, comporta l’utilizzo di materia prima di qualità inferiore. Come afferma Andalini, “Dall’incontro è emersa una chiara disorganizzazione dell’intera filiera: dall’agricoltore che è pronto a deposito, a quotazioni di frumento che variano più volte nella stessa giornata, ai molini che vendono a cadenza giornaliera e a piccole partite. Oltre all'assenza di coesione all’interno del comparto dei pastai”. “Sarà compito di UnionAlimentari promuovere contratti quadro che coinvolgano i soggetti della filiera, dall’agricoltore al produttore di pasta, economicamente vantaggiosi per tutti. A questo dovranno affiancarsi investimenti in ricerca e diversificazione".
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Fonte: UnionAlimentari-Confapi