Aumenta la produzione di mangimi ma cala il fatturato delle industrie mangimistiche.

L'incongruenza fra i due dati è solo apparente, come è stato illustrato in occasione dell'annuale Assemblea di Assalzoo, l'associazione che riunisce gran parte delle aziende del settore.

 

Reduce da un anno, il 2022, di forti turbolenze sui mercati delle materie prime e dell'energia, che avevano fatto schizzare verso l'alto costi di produzione e prezzi dei mangimi, il ritorno alla "normalità" nel 2023 ha consentito di ridurre i costi e calmierare i prezzi.

Ecco che a fronte di una produzione complessiva di 15,35 milioni di quintali (+2,6% rispetto al 2022), il fatturato si ferma a poco più di 10 miliardi di euro, con una contrazione del 14%.

 

L'aumento della produzione di mangimi, ha commentato il presidente di Assalzoo, Silvio Ferrari, evidenzia come "in un contesto generale, pur se estremamente sfidata, la nostra industria continui a mostrare una forte capacità di tenuta, confermando il ruolo decisivo nell'intera economia zootecnica".

Al contempo l'aver contenuto il prezzo dei mangimi ha consentito agli allevamenti di riprendere quota, anche se non in tutti i settori, come vedremo.

 

Vola l'avicoltura

Attraverso i dati sulla produzione e sul consumo di mangimi è possibile tratteggiare una fotografia dettagliata sulla situazione del comparto zootecnico italiano.

Si scopre così che è soprattutto il settore avicolo quello che gode di miglior salute.

Superate le fasi più difficili delle emergenze sanitarie da influenza aviaria, il settore ha assorbito oltre sei milioni di tonnellate di mangimi, con una crescita di 432mila tonnellate rispetto al 2022.

I maggiori consumi di mangime hanno riguardato i polli da carne (+4,9%), galline ovaiole (+4,8%) e, soprattutto, i tacchini che segnano crescite del 29,2%, riprendendo la corsa al rialzo interrotta bruscamente nel 2022.

 

Arretra la suinicoltura

In sofferenza al contrario il comparto suinicolo, alle prese con il diffondersi della peste suina africana nei cinghiali e il conseguente timore di un possibile coinvolgimento degli allevamenti.

Al danno diretto nelle aree interessate, si aggiungono poi i vincoli all'export di carni e prodotti trasformati.

 

La decrescita del settore, già iniziata nel 2022, è così proseguita anche durante lo scorso anno.

Si riduce il numero degli allevamenti e quello dei capi allevati, come anticipato da AgroNotizie®, e cala di conseguenza la richiesta e la produzione di mangimi.

I dati presentati da Assalzoo confermano un consumo di soli 3,96 milioni di tonnellate con una variazione in meno del 2,1% rispetto al 2022.

 

I bovini segnano il passo

Stabile il comparto bovino al quale è destinato un quarto della produzione totale di mangimi.

Il leggero aumento registrato nel 2023 (+0,7%) è merito del maggior consumo per le vacche da latte (+1,9%) e per i bufali (+5,1%).

 

Che si tratti di aumenti realizzati soprattutto nel comparto del latte, aggiungiamo, dimostra la ricerca da parte degli allevamenti di ottimizzare le produzioni.

Una necessità che riconosce molteplici motivazioni: economiche (ridurre i costi di produzione), qualitative (razioni più bilanciate) e anche ambientali, grazie alla maggiore efficienza produttiva.

 

Male i conigli

Note dolenti giungono però da altri comparti, conigli e acquacoltura in particolare.

Nel caso dei conigli c'è da registrare il continuo calo nel consumo di queste carni.

È una delle conseguenze, prevedibile, della crescente propensione a considerarli animali da compagnia.

E sono proprio gli animali da compagnia, cani e gatti in particolare, che stanno offrendo spazi di crescita alle produzioni mangimistiche.

Una crescita che non si è mai interrotta e che anche nel 2023 ha portato la produzione italiana a 551mila tonnellate, con un incremento del 2% rispetto all'anno precedente.