Secondo gli esperti era solo una questione di tempo. La peste suina africana, diffusa dalla Germania fino al Sud Est Asiatico, è arrivata (o meglio dire, ritornata) anche in Italia. Sono almeno trenta i cinghiali ritrovati morti nei boschi tra il Piemonte e la Liguria, in una stretta lingua di terra racchiusa dalle due autostrade che collegano Milano a Genova (A7 ed E25).

Si tratta di una notizia estremamente negativa per la zootecnia italiana, in quanto la peste suina africana è in grado di contagiare il maiale domestico e ha una mortalità elevatissima, vicina al 90%. Gli animali colpiti perdono l'appetito, sono febbricitanti ed è facile notare emorragie sottocutanee. Nell'arco di dieci giorni dall'insorgenza dei sintomi l'animale muore.

Se dunque il contagio si espanderà tra i cinghiali, cresciuti in numero notevole negli ultimi anni, è probabile che arriverà anche agli allevamenti di maiali con ripercussioni economiche importanti.


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Per contrastare il diffondersi della Psa (peste suina africana), malattia causata da un virus endemico in Africa, regioni e ministeri hanno messo in campo una task force che ha l'obiettivo di valutare l'entità del problema e definire una strategia di contenimento ed eradicazione, anche se già oggi sono stati adottati dei provvedimenti per circoscrivere il focolaio. La strategia in fase di definizione probabilmente vedrà anche il coinvolgimento delle popolazioni locali e dei cacciatori per creare una zona cuscinetto attorno all'area del contagio.

Per fare il punto della situazione abbiamo intervistato Vittorio Guberti, ricercatore dell'Ispra, l'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, e membro della task force che si sta proprio occupando dell'emergenza Psa.

Vittorio Guberti, qual è oggi la situazione relativa alla diffusione della peste suina africana?
"Sono circa trenta gli esemplari di cinghiale ritrovati morti a causa del virus agente patogeno della peste suina africana. Sono tutti localizzati in un'area circoscritta tra Piemonte e Liguria, all'interno di valli piuttosto profonde che potrebbero ostacolare la diffusione del virus".

Ci può dire di più di questa malattia?
"La peste suina africana è causata da un virus in grado di replicarsi all'interno dei cinghiali come dei maiali domestici. È molto virulento ed estremamente letale. All'interno di una popolazione di soggetti suscettibili arriva ad ucciderne l'80%. Inoltre è estremamente resistente e contagioso, può essere trasmesso attraverso prodotti alimentari ottenuti dalla lavorazione di animali infetti, oppure si può trasmettere attraverso fluidi corporei che hanno contaminato l'acqua o il terreno".

La Psa è pericolosa per l'uomo?
"No, non contagia l'uomo".

Com'è arrivata in Italia?
"Nessuno lo sa con precisione. In Europa il Paese più vicino all'Italia in cui è presente la Psa è la Germania, ma la relativa lontananza e gli elevati standard di controllo degli animali infetti all'interno dell'Unione Europea mi fanno ritenere che non sia quella la fonte del contagio. Visto che la zona interessata è vicino a Genova, importante porto commerciale, possiamo anche ipotizzare che il virus sia arrivato grazie al commercio marittimo. Ma si tratta solo di supposizioni".

Per ora il contagio è circoscritto ad un'area ben precisa. Ma cosa accadrà nei prossimi mesi vista anche l'estrema contagiosità del virus?
"Ci sono due macro scenari. Nel primo caso riusciamo a contenere il contagio tra le due autostrade e successivamente ad eradicare la malattia. Nel caso peggiore invece il virus si diffonde alle popolazioni di cinghiali contigue diffondendosi in vaste aree geografiche".

Partiamo dallo scenario peggiore, che cosa comporta una diffusione del virus?
"Se la Psa si diffonde liberamente all'interno della popolazione selvatica di cinghiali avremo vaste aree del territorio colpite. Questo porterà ad un crollo della popolazione di cinghiali ma avrà ripercussioni enormi sulla suinicoltura".

Di che genere?
"Gli allevamenti situati all'interno delle aree colpite dal virus nel cinghiale saranno soggetti a regole estremamente restrittive per abbassare il rischio di contagio e questo renderà economicamente non profittevole l'allevamento di suini. L'impatto economico su tutta la filiera sarà enorme. Non importa che gli allevamenti siano infetti, basta siano localizzati in un'area in cui il virus è presente nel cinghiale per far scattare le restrizioni".

C'è qualche agricoltore che spera nel diffondersi della peste suina come strumento di controllo dei cinghiali selvatici, che tanti danni causano all'agricoltura…
"Se la Psa si diffonderà tra i cinghiali avremo un crollo della popolazione di circa l'80%. Dopo questa fase di contrazione ce ne sarà un'altra di espansione che però sarà sempre controllata dal virus, che tornerà a colpire i cinghiali ad ondate, un po' come accade con il coronavirus per l'uomo. Questo manterrà le popolazioni relativamente basse. Ma i danni economici per tutta la filiera del suino sarebbero incalcolabili, molto più pesanti rispetto ai vantaggi supposti. È uno scenario assolutamente da evitare".

E veniamo dunque al vostro ruolo: come si sconfigge questo virus?
"Ci troviamo adesso in una fase di ricognizione. Stiamo battendo il territorio per capire la diffusione del virus e individuare precisamente l'area interessata. Successivamente si dovrà stabilire una strategia di contenimento e di eradicazione".

Quale potrebbe essere la strategia da adottare?
"In altri Paesi, come la Repubblica Ceca o in Belgio, hanno recintato fisicamente l'area interessata e hanno lasciato che il focolaio si estinguesse da solo. Una volta morti i cinghiali all'interno dell'area, il virus, non avendo più ospiti, scompare. Questo ovviamente è possibile se il territorio interessato è circoscritto".

E se invece non lo è?
"Si possono utilizzare sia barriere fisiche, come le recinzioni, sia strumenti come la caccia. Squadre ben organizzate di cacciatori potrebbero avere il compito di ridurre la popolazione di cinghiali al di fuori dell'area infetta, in modo da creare una zona cuscinetto per il virus, impedendogli di espandersi ulteriormente".

Online si legge invece che ai cacciatori sarà vietato uccidere i cinghiali. Ci può spiegare?
"Sarà assolutamente vietato andare a caccia all'interno dell'area interessata dal contagio, questo per due motivi. Primo, per evitare che il cacciatore diventi il veicolo di diffusione della peste. Il virus è estremamente contagioso e basta davvero poco per allargare il contagio. Basta calpestare il terreno entrato in contatto con fluidi corporei del cinghiale, come la bava o il sangue, per poi diffonderlo nell'ambiente in aree in cui il virus non è presente".

E il secondo?
"Cacciare all'interno dell'area infetta porterebbe i cinghiali a fuggire, diffondendo il virus più velocemente. La caccia potrebbe invece essere uno strumento per controllare la popolazione al di fuori dell'area del contagio. Un po' come fanno i Vigili del Fuoco quando per spegnere un incendio tagliano gli alberi ed eliminano le sterpaglie intorno al fuoco".

Quali sono le tempistiche?
"Indicativamente se le misure di contenimento che verranno adottate avranno successo, nei prossimi mesi non dovremmo registrare casi di animali contagiati al di fuori della zona identificata come infetta. Se per un anno dall'ultimo caso non troveremo altri animali uccisi dal virus l'emergenza potrà dirsi risolta. Se invece il virus uscirà da queste valli, sarà molto più difficile fermarlo e in poco tempo potrebbe interessare tutto il Nord Ovest dell'Italia. Aree in cui la suinicoltura è molto diffusa".

Che tipo di restrizioni interessano le aree di contagio?
"Viene fatto divieto a chiunque di camminare nei boschi e di entrare in contatto con gli animali selvatici. Niente caccia quindi, ma neppure passeggiate. Gli allevatori devono tenere i suini all'interno degli allevamenti, senza possibilità di uscire all'aperto. Vengono fatti i controlli rigidissimi sullo stato di salute e su tutte le attrezzature o i mangimi che entrano ed escono dall'azienda. Questo significa un aggravio dei costi che rende più difficile l'attività zootecnica, ma sono misure necessarie e che, si spera, saranno presto ridotte se la situazione sanitaria sarà sotto controllo".

L'Italia ha già visto in passato focolai di peste suina africana, ma siamo riusciti ad eradicarla. La situazione di oggi è diversa da quella del passato?
"Direi proprio di . Il contagio questa volta non interessa gli allevamenti, che sono facilmente controllabili. Si sta diffondendo invece tra la popolazione selvatica di cinghiali, che negli ultimi anni è cresciuta a ritmi elevati ed è diffusa praticamente senza soluzione di continuità per tutto il territorio italiano. Ovviamente gli animali selvatici sono molto più difficili da controllare".

Nel gestire la pandemia covid-19 un ruolo centrale lo hanno avuto i vaccini. Non si può sperimentare qualcosa di simile anche nel caso della Psa?
"Sono anni che i ricercatori stanno lavorando allo sviluppo di un vaccino, ma non c'è ancora nulla di concreto. Gli investimenti però sono enormi e in Paesi come gli Stati Uniti, l'Ue e la Cina c'è un impegno ai massimi livelli per trovare un vaccino. In ogni caso questa è una soluzione sul medio periodo, mentre noi abbiamo bisogno di soluzioni concrete in tempi stretti".


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