Latte e sottoprodotti animali possono finire in mangiatoia. Il via libera è arrivato da Bruxelles nel febbraio di quest'anno con il regolamento Ue 142/2011, un documento “mostro” nel quale ci si occupa di tutto, dai fertilizzanti ai campioni diagnostici, ai sottoprodotti di origine animale. Un regolamento che grida vendetta alla mancata sburocratizzazione delle norme comunitarie per quanto è ricco di vincoli, moduli da compilare, certificati da validare. Ma che alla fine dà la possibilità di impiegare nell'alimentazione del bestiame alcuni sottoprodotti di origine animale. Un'opportunità che solo ora diventa operativa con l'emanazione, avvenuta in questi giorni, da parte del ministero della Salute, della nota applicativa (resa disponibile on-line dall'Associazione dei suinicoltori, Anas) che detta le regole per poter utilizzare questi sottoprodotti di alto valore nutritivo e destinati altrimenti a costose eliminazioni negli impianti di smaltimento.

 

Cosa si può usare

I sottoprodotti di origine animale che potranno essere utilizzati nell'alimentazione del bestiame sono quelli che residuano dalla produzione di alimenti per l'uomo o gli stessi prodotti non più idonei ad essere immessi in commercio. Inutile sottolineare che la norma prevede che gli stessi sottoprodotti non devono in alcun modo presentare rischi per la salute né degli uomini, né degli stessi animali. Altra categoria di sottoprodotti è quella del latte e derivati, purché sottoposti a trattamenti termici di sanificazione (sterilizzazione e pastorizzazione).

 

Norme severe

I vincoli da rispettare per l'impiego di questi sottoprodotti sono molteplici e riguardano sia gli impianti di produzione sia gli allevatori ai quali sono destinati. Gli stabilimenti di origine devono anzitutto essere riconosciuti e comunicare alla Asl di competenza le caratteristiche del prodotto e gli allevamenti cui sono destinati. La tracciabilità deve essere garantita da una serie di moduli e registri da compilare seguendo specifici piani di autocontrollo. Non meno severe le procedure che riguardano gli allevamenti, che a loro volta dovranno richiedere il nulla osta alla propria Asl. E per ottenere la necessaria autorizzazione dovranno dimostrare il possesso di diversi requisiti, fra i quali l'essere iscritti all'anagrafe nazionale degli allevamenti. Inoltre potranno utilizzare solo i sottoprodotti provenienti da impianti di produzione situati nella stessa provincia ove ha ssede l'allevamento o in quella confinante. Si vuole evitare, giustamente, che partite di sottoprodotti si mettano a correre su e giù per lo Stivale.

 

Caseifici con allevamento

Anas, nel commentare la nota del ministero della Salute, sottolinea che gli allevamenti che utilizzano latte e derivati provenienti dalla stessa azienda di allevamento possano avvalersi di procedure semplificate. E' il caso ad esempio degli allevamenti di suini che fanno parte integrante dei caseifici. Oggi meno numerosi che in passato, ma da sempre esempio di un virtuoso ciclo di valorizzazione dei sottoprodotti animali. Il siero di latte ottenuto dopo la caseificazione è infatti un'ottima base alimentare per la produzione di quei suini pesanti che hanno fatto grande la nostra tradizione salumiera.