"Gli allevatori dovrebbero essere al centro dei progetti di sviluppo che coinvolgono Malga Montasio - sottolinea Zbogar -, per conservare la tipicità del territorio e valorizzare un patrimonio di storia, cultura e tradizioni della montagna, a partire da una gestione moderna dell'alpeggio che risponda a criteri di economicità ed efficienza".
L'associazione gestisce la Malga da diversi decenni: solo quest'anno sono stati 300 i capi bovini all'alpeggio, di cui oltre un centinaio si tratta di vacche per la produzione di latte destinato alla trasformazione in formaggio, ricotta, burro e altri prodotti caseari. "Una gestione moderna - osserva il direttore dell'associazione Nicola Galluà - passa anche attraverso le analisi sistematiche del latte, condotte con metodi scientifici e tecnologie all'avanguardia, una organizzazione razionale delle stalle e una costante attenzione ai pascoli con sfalci accurati".
L'incontro di venerdì sarà un'occasione per esaminere la situazione zootecnica montana e le sue opportunità, illustrando il nuovo "Progetto di intervento per lo sviluppo della produzione di manze, ad alto valore genetico, da destinarsi alla rimonta aziendale". La discussione affronterà l'abitudine, diffusa in area montana, d'incrociare le bovine da latte con tori di razze da carne, con il risultato di ridurre fortemente la disponibilità di manze di razza pura per le aziende. La scelta, seppure giustificata dalla ricerca dell'allevatore d'integrare lo scarso reddito derivante dal latte attraverso la vendita di un vitello incrociato da carne e quindi più conformato, rende l'acquisto di manze sul mercato normalmente oneroso, non privo d'incognite sotto il profilo sanitario e difficilmente in grado di assicurare un apporto genetico elevato.
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