Sempre più persone rincorrono infatti alternative alimentari diverse rispetto a quelle convenzionali, come frumento, riso, orzo o segale, andando così a vagliare opportunità d’acquisto che meno sono note più pare siano affascinanti. È il caso appunto del fonio, attualmente coltivato in alcuni Paesi africani come Senegal e Ciad, ove prevale il cosiddetto “fonio bianco”, e in Nigeria, Togo, Benin, nei quali predomina il “fonio nero”. Perfino la mitologia ha dedicato al Fonio un capitolo: presso l’etnia Dogon, nel Mali, si narra ci come Amma, il Creatore, abbia generato l’Universo facendo esplodere un chicco di fonio, situato dentro "l'uovo del mondo".
Spacciato da taluni come bandiera della biodiversità in Africa, il fonio risulta abbastanza resistente alle patologie e agli stress idrici, riuscendo a crescere anche in terreni difficili. Produce meno di dieci quintali per ettaro, cioè meno di un quarto di una varietà moderna di frumento, ma gode di un ciclo molto breve dato che matura in circa tre mesi.
Come spesso accade, però, le piante che crescono in modo “stenterello” producono magari poco in quantità, ma concentrano gli elementi nutritivi, risultando quindi interessanti dal punto di vista alimentare. Il fonio avrebbe apprezzabili livelli di calcio, magnesio e zinco, presentando anche aminoacidi solforati preziosi come metionina e cistina, reputati essenziali perché l’Uomo non è in grado di sintetizzarli. Ricco in carboidrati, presenta però contenuti più bassi rispetto ad altri cereali in termini di proteine e grassi. Sicuramente, l’assenza di glutine ne rende attraente l’uso per intolleranti e celiaci. Interessata alle sue qualità, nel 2006 perfino la Comunita` europea avrebbe stanziato fondi per questa coltura.
Tutto bello e tutto buono quindi. Ma siamo davvero sicuri che “antico” e “raro” siano sinonimi di qualita` e salubrita`? Mica tanto. Al di là degli sbandieramenti di proprieta` nutrizionali quasi miracolistiche, la Digitaria exilis, contiene anche alti tassi di apigenina e luteolina, flavonoidi che si sarebbe scoperto(1) influiscono negativamente sull’enzima perossidasi della tiroide e sull’enzima fosfodiesterasi dell’Amp-ciclico, anch’esso coinvolto nei bilanci ormonali della ghiandola. Non a caso nelle regioni subsahariane dove più si consuma fonio appare endemica la patologia nota come “Gozzo”, modo comune per definire il sintomo più vistoso dell’ipotiroidismo.
Quindi, prima di esultare per una nuova opportunità alimentare, sarebbe cosa saggia conoscerne meglio tutti i risvolti, anche quelli meno aulici, romantici e nostalgici. Perché andare a farsi del male, magari spendendo per giunta una fortuna in qualche negozietto “trendy”, non pare cosa molto furba, fatto salvo ovviamente che ognuno è libero di spendere i propri soldi come meglio crede. Magari ricordando però che chi di soldi non ne ha deve invece mangiare quello che trova, come appunto fanno le popolazioni africane, le quali forse sarebbero ben felici di poter mangiare cereali diversi dal fonio.
Un’ultima considerazione appare infine doverosa: se quanto emerso sulle interazioni “fonio-tiroide” fosse stato scoperto in un Ogm, solo il Cielo sa quanti e quali strali sarebbero stati lanciati dalle usuali lobby anti-biotech.
A chi ha autonomia di ragionamento, l’ardua sentenza.
(1) Sartelet H. et Al (1996): “Flavonoids extracted from fonio millet (Digitaria exilis) reveal potent antithyroid properties”. Nutrition. 1996 Feb;12(2):100-6.
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Fonte: Agronotizie