Quando una pianta infestante sopravvive alla dose di un erbicida che fino a quel momento l'ha sempre controllata, ci troviamo di fronte al fenomeno della resistenza agli erbicidi. Un problema per l'agricoltura che può causare danni sia economici che ambientali, obbligando spesso gli agricoltori a effettuare diserbi più frequenti.
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Il fenomeno della resistenza agli erbicidi è diventato sempre più significativo a partire dalla fine degli anni '70. Oggi interessa ben oltre 250 specie di piante infestanti in tutto il mondo, mentre in Italia si concentra su 21 specie su una estensione di più di 700mila ettari tra riso, frumento, mais, vite e fruttiferi.
Lo sviluppo e la diffusione di infestanti resistenti sono favoriti dall'uso ripetuto e costante di una gamma ristretta di erbicidi con il medesimo meccanismo d'azione a seguito dei vincoli imposti dalla normativa europea (Regolamento Eu 1107/2009) che ha limitato la disponibilità di sostanze attive autorizzate sul mercato. Anche la monosuccessione favorisce la selezione di popolazioni resistenti.
Nelle risaie italiane il fenomeno è particolarmente problematico. Le infestanti del riso sono per lo più resistenti agli erbicidi inibitori dell'Als e dell'Accasi. In entrambi i casi troviamo i giavoni bianchi e rossi (Echinochloa spp.), ma possono essere resistenti agli erbicidi inibitori all'enzima Als anche altre specie quali Schoenoplectus mucronatus, Cyperus difformis, Cyperus esculentus, Alisma plantago aquatica, Oryza sativa, Ammannia coccinea.
Le resistenze agli erbicidi vengono distinte in target site (Tsr), causate da mutazioni del Dna che impediscono il legame con gli erbicidi nel sito di azione, e non target site (Ntsr), dovute a modificazioni genetiche (mutazioni regolatorie) responsabili di modificazioni dell'espressione di geni della resistenza.
A queste si aggiungono le resistenze influenzate da modificazioni epigenetiche ossia da cambiamenti potenzialmente ereditabili nell'espressione genica in risposta a fattori di stress, ma non causati da mutazioni. I meccanismi epigenetici agiscono inibendo o attivando un gene, regolandone l'espressione e possono essere influenzati dai fattori ambientali. I meccanismi epigenetici che regolano le resistenze rappresentano la risposta della pianta all'erbicida come fattore di stress. È pertanto importante considerare le interazioni genetico ambientali per prevedere e monitorare correttamente l'evoluzione della resistenza agli erbicidi.
Il progetto Epiresistenze, finanziato da Regione Lombardia sul bando per il finanziamento di progetti di ricerca in campo agricolo e forestale, è nato proprio per studiare le resistenze regolate da meccanismi epigenetici. Il progetto ha visto coinvolti l'Università degli Studi di Pavia come capofila, Agricola 2000, la Società Agraria di Lombardia, l'Accademia dei Georgofili e il Distretto Agricolo delle Risaie Lomelline come partner e Corteva Agriscience come cofinanziatore esterno. Il progetto si è inoltre avvalso del supporto tecnico di Innova-Tech e della consulenza agronomica dello Studio Associato Agri.Bio di Pavia.
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Il 21 marzo 2023 si è tenuto in modalità mista, presso l'Accademia dei Georgofili a Firenze, il convegno finale del progetto Epiresistenze, durante il quale sono stati illustrati i risultati ottenuti durante i 3 anni di ricerca.
I lavori sono stati aperti da Marco Mancini che ha portato il saluto dell'Accademia a nome del presidente Massimo Vincenzini. A seguire il saluto istituzionale di Andrea Azzoni dirigente del Servizio Fitosanitario della Dg Agricoltura di Regione Lombardia.
La prima parte dell'evento, moderata da Riccardo Russu, dell'Accademia dei Georgofili, ha visto il susseguirsi delle relazioni che hanno inquadrato il problema delle resistenze in Italia e i risultati ottenuti dal progetto. Nella seconda parte, Ivano Valmori, direttore responsabile di AgroNotizie®, ha moderato una tavola rotonda di approfondimento sulle potenziali ricadute del progetto sul piano operativo alla luce dei risultati ottenuti.
Aldo Ferrero, del Disafa dell'Università di Torino, ha aperto la sessione delle relazioni analizzando nel dettaglio il fenomeno delle resistenze, le differenti tipologie e le principali cause che ne hanno favorito lo sviluppo. In particolare, per il riso, l'impiego delle solfoniluree che inibiscono l'acetolattato sintetasi (Als) e dei graminicidi inibitori dell'acetil-coenzima A carbossilasi (Accasi) hanno favorito dalla metà degli anni '90 la manifestazione di preoccupanti fenomeni di resistenza. La relazione ha inoltre focalizzato l'attenzione sulle buone pratiche agricole da mettere in atto per contenere le resistenze, quali la rotazione degli erbicidi e dei diversi meccanismi d'azione, l'applicazione degli erbicidi alle dosi di impiego di etichetta, l'impiego di miscele di erbicidi, l'uso di sementi certificate e ove possibile l'avvicendamento delle colture.
Il progetto Epiresistenze
Il progetto Epiresistenze ha analizzato la problematica delle resistenze agli erbicidi nei giavoni di risaia utilizzando una metodologia multidisciplinare e innovativa.
Maura Brusoni, del Dsta dell'Università di Pavia e responsabile scientifico del progetto, ha evidenziato nel suo intervento quali siano stati il contesto e le problematiche concrete che hanno suggerito l'idea progettuale di Epiresistenze e ha illustrato gli obiettivi e l'approccio metodologico innovativo e multidisciplinare che ha permesso di valutare la variabilità delle tipologie di resistenze nei giavoni di risaia, di identificare i meccanismi epigenetici che ne regolano la manifestazione e di valutare i fattori ecologici che li influenzano.
Il primo passo è stato quello di effettuare uno screening delle resistenze dei giavoni nelle risaie lombarde per poi identificare, tra queste, quelle regolate da meccanismi epigenetici. In questa prima fase è stato somministrato un questionario agli agricoltori per avere informazioni sulla modalità di gestione negli ultimi 5 anni nelle loro aziende, per poi individuare le aziende dove fare i campionamenti e avere una percezione degli agricoltori su questa problematica.
La multidisciplinarietà del progetto si è sviluppata prendendo in considerazione determinati fattori ecologici e ambientali per valutare la loro influenza su questo tipo di resistenza. In particolare sono stati presi in considerazione i fattori edafici (relativi al suolo) sia biotici che abiotici, come la struttura chimico fisica del suolo e la comunità microbica del terreno, prendendo in considerazione funghi e batteri.
Con questi dati il progetto ha quantificato l'incidenza delle resistenze regolate da meccanismi epigenetici e ne ha verificato la distribuzione geografica in Lombardia. Infine, sono state valutate le strategie agronomiche in grado di ridurre l'incidenza delle resistenze.
Marta Guarise, di Agricola 2000, ha dettagliato l'attività svolta presso il centro di saggio. Sono state eseguite delle prove di efficacia ai trattamenti erbicidi in ambiente controllato. La sperimentazione ha previsto la germinazione in vaso dei semi prelevati in campo dai giavoni sfuggiti al controllo chimico (in particolare, le specie Echinochloa crus-galli e Echinochloa oryzicola.
Le piante sono state sottoposte a trattamenti di differente dosaggio (non trattato, 0,25x, 0,5x 1x, 2x e 4x della dose di etichetta) con 4 formulati erbicidi a base dei principi attivi responsabili dei diversi casi di resistenza già accertati (inibitori degli enzimi Als e Accasi). I risultati ottenuti sono stati utilizzati per la realizzazione di curve dose risposta in modo da determinare il grado di resistenza.
I risultati del progetto Epiresistenze
Tutti gli obiettivi che il progetto si era prefissato sono stati raggiunti e le ricadute dei risultati sul piano operativo sono molteplici.
Carlo Maria Cusaro, del Dsta dell'Università di Pavia, ha illustrato i risultati ottenuti che dimostrano come la maggior parte delle resistenze nei giavoni di risaia non sia dovuta a mutazioni genetiche, ma rappresenti una risposta metabolica dell'infestante nei confronti dell'erbicida che, come fattore di stress, può agire con 2 differenti modalità: innescando una risposta epigenetica, come la metilazione del Dna e/o la stimolazione dei microRna, che, silenziando l'espressione dei geni responsabili delle resistenze, sensibilizza l'infestante o al contrario, non innescando tali modificazioni e permettendo la sovra espressione dei medesimi geni, consentendo alla pianta di detossificare le molecole erbicide e di sopravvivere al trattamento chimico.
Il progetto ha inoltre evidenziato come, tra i fattori ecologici che possono influenzare i meccanismi epigenetici, la diversità microbica del suolo abbia un ruolo importante.
In particolare è stata rilevata una maggiore frequenza di resistenze regolate da meccanismi epigenetici in risaie caratterizzate da bassa biodiversità del suolo.
Questo risultato suggerisce che conservare e migliorare la biodiversità del suolo, attraverso una migliore gestione agronomica che preveda una lavorazione minima del terreno, la concimazione organica, la realizzazione di cover crops e l'applicazione di fertilizzanti biostimolanti, può essere utile per controllare l'insorgenza delle resistenze in modo più sostenibile, utilizzando meno erbicidi e avendo un minore impatto sull'ambiente.
"Epiresistenze ha rappresentato un progetto ambizioso che ha permesso di integrare la ricerca alle pratiche di campo", ha concluso Flavio Barozzi, presidente della Società Agraria di Lombardia. "Il nostro ruolo è quello di luoghi di incontro, di dialogo e di libero dibattito e diffusione della conoscenza all'interno nei confronti della filiera, e all'esterno nei confronti dell'opinione pubblica. Perché le sfide che dobbiamo affrontare potranno essere vinte con la intensificazione sostenibile. Ciò significa aumentare le conoscenze per usare gli input agricoli ottimizzandone l'efficienza”.
(Fonte foto: Agricola 2000)
Cosa si può trasferire in pratica ai risicoltori?
La tavola rotonda ha permesso di dare particolare rilievo alla possibile fruibilità dei risultati sul piano operativo, con l'obiettivo di aiutare gli agricoltori nella pratica e di sviluppare strategie agronomiche di controllo delle infestanti più mirate, efficienti e sostenibili dal punto di vista ambientale.
Maura Brusoni ha sottolineato come il messaggio più importante da trasferire agli agricoltori è il considerare che il contesto ecologico può avere un ruolo importante nella manifestazione delle resistenze. In particolare tecniche di gestione agricola meno impattanti e più conservative della biodiversità del suolo possono contribuire a un controllo più efficace delle resistenze.
Marco Baino di Corteva Agriscience ha evidenziato come da subito la multinazionale abbia creduto nel progetto per gli aspetti innovativi che proponeva. La ricerca è un tassello fondamentale per poi tradurre le nuove conoscenze acquisite nell'operatività di campo. Gli aspetti indagati dal progetto rappresentano una nuova chiave di lettura della problematica delle resistenze che anche le multinazionali come Corteva Agriscience potranno approfondire per trovare nuove soluzioni e garantire trattamenti efficaci agli agricoltori, affiancando alle nuove conoscenze anche innovazione per quanto riguarda il materiale di moltiplicazione selezionato per meglio sopportare gli stress che i cambiamenti climatici impongono.
Daniele Rattini, dello Studio Associato Agri Bio, ha sottolineato come, nel suo ruolo di traduttore e di collegamento tra la ricerca e il mondo produttivo, i risultati del progetto inducano a valutare nuovi approcci di gestione agronomica della risaia. È necessario introdurre, con la modernità delle tecniche attuali, principi e saggezza del passato nell'ottica di accrescere la biodiversità del suolo, interrompendo tecniche di gestione esasperate che ne hanno determinato un costante impoverimento.
Aldo Ferrero ha valutato come, alla luce dei risultati del progetto, il fenomeno delle resistenze sia complesso e non semplicemente categorizzabile con schemi semplici. Proprio la complessità dei fenomeni alla base delle resistenze necessitano di un impegno di tutti gli attori che concorrono al processo produttivo agricolo.
La ricerca rappresenta un tassello fondamentale per dare risposte che si traducono in competenza tecnica e operatività di campo. Anche il legislatore però deve essere razionale nelle scelte di indirizzo. A tal proposito risulta difficile accettare una programmazione comunitaria come quella rappresentata dal Green Deal e Farm to Fork che, basata più sull'ideologia che su valutazioni oggettive, probabilmente condizionerà fortemente nel futuro prossimo la possibilità da parte degli agricoltori di adottare strategie di efficacie protezione delle colture.
In tale contesto è necessario che gli agricoltori siano meno timidi e con forza rivendichino il ruolo economico e di presidio del territorio che le aziende agricole rappresentano.
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Fonte: AgroNotizie